“Salvo vite umane, non voglio fare il becchino”

Incontro con il dottor Pietro Bartolo, direttore dell’ospedale di Lampedusa (aprile 2015).
«Ho visto ogni singolo migrante e rifugiato arrivato a Lampedusa», esordisce il dottor Bartolo. Secondo i suoi calcoli, dovrebbero essere circa 250.000 persone negli ultimi 20 anni.
Ha trascorso migliaia di notti nel porto dell’isola, in attesa di barche stracolme di uomini, donne e bambini salvati in mare.


«Le persone sono fradice, hanno freddo e tremano. Preferiamo trasferirle velocemente nel centro dove possono avere vestiti asciutti» – dice.


Questo per quanto riguarda i vivi. I morti arrivano a centinaia nei sacchi neri.
Il dottor Bartolo ricorda quella volta che arrivò in porto un peschereccio che aveva preso a bordo 20 persone. Quattro corpi erano già stati infilati nei sacchi neri. Ma una donna era ancora viva:
«L’abbiamo tolta dal sacco nero e l’abbiamo portata di corsa all’ospedale. Ci abbiamo messo 30 minuti a rianimarla, aveva i polmoni pieni di acqua e gasolio. Dopo mezz’ora, il suo cuore ha ripreso a battere». La donna “resuscitata” dal dottor Bartolo ora vive in Svezia. «Anche se è stato un caso isolato, è fondamentale. Altrimenti il mio compito sarebbe solo quello del becchino».


Nel suo lavoro, le “storie di dolore” sono enormemente di più delle “storie di successo”.
Il dottor Bartolo racconta commosso la storia della donna incinta che morì, col suo piccolo in grembo, durante una traversata del 2013. «Li trovarono ancora uniti dal cordone ombelicale. Decisi di non tagliarlo, li misi nella stessa bara. Queste sono le cose che mi sconvolgono. La gente ti dice “sei abituato”, ma non è vero, non riesci mai ad abituarti».


Il futuro dei bambini soccorsi e salvati in mare preoccupa molto il dottor Bartolo. Molti figli di migranti e richiedenti asilo trascorrono tanto tempo in attesa che i loro genitori si riprendano dalle terapie, quindi il personale dell’ospedale e la comunità locale hanno creato una ludoteca tutta per loro.
Le pareti sono adornate di disegni colorati di animali, scene del mondo naturale e lettere dell’alfabeto. Disposti su quattro tavoli, fino a 20 bambini possono sedersi a giocare. Ovunque, i giocattoli donati alla ludoteca. Ogni bambino può portarne con sé uno quando parte.


Il dottor Bartolo però nutre poco ottimismo per il futuro.
Dopo il naufragio del 3 ottobre 2013, quando morirono in mare 366 persone al largo di Lampedusa, il mondo chiese che cambiassero le cose.


«Quasi due anni dopo, non è cambiato niente. Continuano ad arrivare, continuano a morire. Che cosa è stato fatto? Niente! Noi qui facciamo quello che si può, perché è giusto così. Vogliamo salvare più vite umane che possiamo, ma alla fine è il sistema che non funziona».


Molte altre persone continueranno a morire (3.500 nel 2014, quando era in funzione l’operazione Mare Nostrum, che salvò decine di migliaia di vite umane) e ci sarà sempre bisogno del dottor Bartolo.
Almeno fino a quando l’Europa continuerà a erigere fortezze contro chi fugge dalla miseria e dalla guerra. Fino a quando non verranno messi a disposizione percorsi legali e sicuri per i migranti e i rifugiati in modo che evitino il rischio di arrivare dentro un sacco nero.

Pubblicato il

02.07.2015 11:16
Sarah Rusconi