Un progetto “antisociale e antidemocratico”, che comporterebbe sensibili riduzioni salariali per migliaia di lavoratrici e lavoratori che già operano in rami professionali a basso reddito. Questo è la modifica di legge in discussione in Parlamento (“figlia” di una mozione del senatore Erich Ettlin) che prende di mira le legislazioni cantonali e comunali in materia di salari minimi, denuncia l’Unione sindacale svizzera (USS), intenzionata a combatterla “con tutte le forze”. Si tratta di una modifica della Legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro (LOCCL), con cui si attribuisce primato assoluto ai salari minimi iscritti nei CCL dichiarati di obbligatorietà generale, anche quando sono inferiori ai salari minimi legali. In pratica, si sdogana la possibilità di derogare alle leggi cantonali in vigore. “Fissare salari minimi cantonali che prevalgano sui salari minimi previsti nei CCL dichiarati di obbligatorietà generale è un intervento unilaterale che mette a repentaglio la tradizione del partenariato sociale”, argomenta la maggioranza della Commissione dell’economia e dei tributi (CET) del Consiglio nazionale suggerendo l’approvazione del progetto al plenum, che ne discuterà il 17 giugno Una misura che funziona Proprio in vista di questo dibattito i vertici dell’USS hanno convocato oggi i media a una conferenza stampa, in cui è parlato di “attacco frontale e senza precedenti ai bassi salari e alla volontà popolare”. «Per la prima volta nella storia della Svizzera, il Parlamento, sotto la regia delle organizzazioni padronali, sta accarezzando l'idea di ridurre i salari di migliaia di lavoratori già in difficoltà economiche con una legge federale e di peggiorare la protezione dei salari», ha riassunto il capo economista dell’USS Daniel Lampart, sottolineando come i salari minimi rappresentino «una misura che funziona: nel cantone Ginevra (dove la legge è in vigore dal 2020, ndr) il 6,2% dei salariati ha beneficiato di aumenti, mentre a Neuchâtel un po’ più del 2,5%».
Un’eventuale adozione della modifica di legge da parte delle Camere federali avrebbe un impatto diretto proprio nei cantoni di Ginevra e Neuchâtel, così come nelle città di Zurigo e Winterthur (anche se l’entrata in vigore dei salari minimi tarda a causa dei ricorsi delle organizzazioni economiche) e in quella di Lucerna (dove il principio entrerà in vigore il 1° gennaio prossimo). Cioè ovunque sono stati adottati salari minimi legali di forza obbligatoria. Sarebbe invece ininfluente nei cantoni dove le leggi già prevedono possibilità di deroga con modalità simili a quelle in discussione a Berna e cioè: Giura, Basilea Città e Ticino, anche se qui la situazione potrebbe cambiare visto che è pendente un’iniziativa popolare che mira tra l’altro a cancellare questa deroga. Lo ha ricordato durante l’odierna conferenza stampa il presidente di syndicom Matteo Antonini, parlando del «modello Ettlin +» in vigore nel nostro cantone, dove per eludere il salario minimo legale «non è nemmeno necessario che il CCL sia dichiarato di forza obbligatoria», ha ricordato il ticinese evocando lo scandalo Ti-Sin, il “sindacato” farlocco creato ad hoc immediatamente dopo l’entrata in vigore della legge nel 2021 che aveva sottoscritto un CCL-truffa con la sedicente associazione padronale Ticino Manufacturing in cui si prevedevano salari di 16 franchi all’ora. Un’intesa poi bocciata dall’Ispettorato cantonale del lavoro, il quale ha intimato alle aziende che vi avevano aderito di conformarsi ai salari minimi legali e di fatto decretato anche la fine di TiSin. Una vicenda che ha però lasciato il segno e indotto il fronte sindacale e di sinistra a correre ai ripari per evitare che si possa ripetere. In particolare con il lancio della citata iniziativa popolare, su cui si dovrebbe votare ancora nel corso di quest’anno. Vania Alleva: contraddittorio e disonesto A quantificare i danni della legge in discussione a livello federale è stata la presidente di Unia e vicepresidente dell’USS Vania Alleva: «A Ginevra una parrucchiera diplomata con 3 o più anni di esperienza professionale potrebbe perdere fino a 250 franchi al mese. E un’impiegata semi-qualificata di una lavanderia addirittura più di 350 franchi, mentre un capo-squadra dovrebbe fare i conti con 200 franchi in meno. La situazione non è migliore nella ristorazione: più di 200 franchi per un’addetta con diploma federale e addirittura più di 300 per un’apprendista». «Queste persone svolgono un duro lavoro e meritano rispetto. E un salario che consenta loro di vivere», ha aggiunto la presidente di Unia, attirando l’attenzione anche sul fatto che alla fine tocca intervenire alla collettività, perché «chi non ce la fa a tirare la fine del mese deve ricorrere alle prestazioni sociali. E questo significa che è la popolazione a sovvenzionare indirettamente delle imprese che si sottraggono alla loro responsabilità». «È una sfacciataggine - ha commentato Vania Alleva- Particolarmente irritante è che gli stessi datori di lavoro che nelle trattative sui CCL si oppongono sempre ad aumenti delle retribuzioni minime con l’argomento che si possano regolamentare a livello cantonale adesso vanno all’attacco dei salari minimi legali. Non è solo contraddittorio ma semplicemente disonesto». Un attacco alla democrazia diretta Il progetto, lo ricordiamo, è “figlio” di una mozione del Consigliere agli Stati del Centro Erich Ettlin, che era stata approvata di misura dal Parlamento. Il che ha poi costretto il Consiglio federale (contrario alla misura) a presentare un progetto di legge (con la chiara raccomandazione di respingerlo), che nella procedura di consultazione avviata nel gennaio 2024 è poi stato silurato dai sindacati, dai partiti della sinistra, ma anche da tutti i Cantoni (salvo Obvaldo, di cui è originario Ettlin) che si sentono attaccati nella loro autonomia. Anche questo è motivo della condanna da parte dell’USS, che parla di “attacco contro la democrazia diretta: le decisioni popolari vengono aggirate a posteriori, il che crea un pericolo precedente”. Ha affermato il presidente USS Pierre-Yves Maillard: «Il federalismo significa lasciare che le decisioni vengano prese al livello più prossimo ai cittadini. Questa legge calpesterebbe la nostra Costituzione e i suoi principi fondamentali. E per far cosa? Per ridurre i salari delle parrucchiere e degli impiegati della ristorazione», ha commentato invitando la politica a non commettere un simile atto di «disprezzo nei confronti di gente si alza presto ogni mattina per lavorare duramente».
Una prima risposta l’avremo il 17 giugno, quando il Consiglio nazionale ne dibatterà. |