L'edizione 2006 del campionato del mondo di calcio ha già una settimana di partite sul groppone e le sensazioni predominanti, per il momento, sono la noia e il "déjà vu". Le sorprese, fino a qui, sono state molto scarse, se si eccettuano due pareggi: quello degli allegri dilettanti di Trinidad & Tobago contro la favorita Svezia e lo 0 a 0 tra la Svizzera e i "bleus" di Francia, che va stretto soprattutto ai ragazzi di Köbi Kuhn.
Anche la cerimonia inaugurale, a base di tradizione bavarese e non meglio precisate danze e musiche esotiche che ha preceduto l'incontro tra i padroni di casa e la Costarica, non è un evento destinato a passare alla storia.
Di più, se mai, rimarrà nella memoria dei presenti la fine di un antico pregiudizio: quello relativo alla perfetta organizzazione dei tedeschi. A giudicare dall'avvio, infatti, la gioiosa macchina del mondiale allestita da Franz Beckenbauer e soci si è inceppata in modo clamoroso. Guardiani dello stadio che davano indicazioni contraddittorie in un pessimo inglese, fotografi accreditati da mesi per cui non erano stati riservati i necessari spazi a bordo campo, tribuna stampa raggiungibile solo a patto di non perdersi nel labirinto dei sotterranei del nuovissimo impianto: questi e tanti altri inconvenienti hanno fatto da contorno alla prima del mondiale.
Il flop organizzativo è riassunto tutto nella tragica figura di Ralf B., autista di uno degli autobus destinati al trasporto dei giornalisti accreditati dal centro stampa allo stadio di Monaco. Un percorso di appena dieci chilometri che Ralf B. è riuscito a rendere avventuroso, sbagliando per ben due volte l'uscita dell'autostrada, perdendosi quindi nella campagna bavarese e consegnando, infine, a pochi minuti dal fischio d'inizio, il suo carico di giornalisti furibondi nel settore diametralmente opposto alle postazioni stampa.
Questo mondiale, oltre che dalle gesta dei campioni della pedata, dal quotidiano bollettino medico sullo stato di salute delle loro gambe milionarie e dal rincorrersi delle voci che trapelano dagli spogliatoi delle 32 squadre approdate a questa fase finale, è caratterizzato, infatti, anche dalle storie di decine di migliaia di persone che lavorano nell'anonimato alla riuscita dell'evento. Magari con risultati non proprio soddisfacenti, come nel caso del povero Rolf B.  
Una storia particolare, ad esempio, è quella di Sabrina Boess, ventiquattrenne studentessa di economia con la passione per il calcio. Sabrina è uno delle centinaia di addetti alla sicurezza degli impianti. Il suo compito è quello di impedire a tifosi inviperiti ed esibizionisti vari (come quello che s'è intrufolato in Brasile – Croazia) di invadere il campo durante le partite. Per tutta la durata dei novanta minuti Sabrina dà le spalle al rettangolo di gioco e il suo sguardo è rivolto alle gradinate stracolme di pubblico per individuare i potenziali elementi a rischio. Seguire la partita solo attraverso i cori, gli insulti e le esplosioni degli spettatori in occasione dei goal è una vera tortura, specie per una patita di calcio come lei. È un po' come ascoltare una radiocronaca con il radiocronista in sciopero. Non è nemmeno la prospettiva di un buon guadagno a imporre a Sabrina un simile supplizio: il suo salario è di appena 6 euro l'ora, poco anche per una studentessa senza troppe pretese. No, la verità è che Sabrina preferisce essere vicina ai suoi beniamini, pur non vedendoli, piuttosto che seguirne le gesta attraverso la freddezza catodica di un televisore. Questione di gusti, si dirà, ma del resto è anche vero che Sabrina, e con lei altre migliaia di persone, tra addetti alla sicurezza e volontari vari, non avevano alcuna possibilità di acquistare un biglietto per la partita inaugurale, o per qualsiasi altro incontro in programma, visti i prezzi imposti dalla Fifa e le difficoltà della procedura d'acquisto.
Nonostante la palese assurdità della sua situazione, Sabrina è contenta: un giorno, infatti, potrà raccontare ai suoi nipoti che a Germania 2006 lei c'era.

Pubblicato il 

16.06.06

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