S'abbatte la scure sulla Romandia

Dalla fine dell'estate, le notizie di licenziamenti collettivi nell'industria romanda si susseguono spaventosamente. Il punto della situazione tra ditte in difficoltà e utili da record.

L'autunno 2011 per l'industria romanda è stato a dir poco nefasto. Quasi un migliaio gli impieghi soppressi nel solo arco lemanico, con il canton Vaud particolarmente colpito: Novartis a fine ottobre, seguita da Kudelski e da Bobst, per un totale di almeno 830 posti di lavoro cancellati o a rischio cancellazione. E nel resto della romandia le cose non vanno molto meglio, ma procediamo con ordine.
A fine estate è iniziata la paura con Swissmetal sull'orlo del fallimento e 470 persone che rischiavano di perdere il lavoro nelle due sedi svizzere della ditta, quella di Dornach (nel canton Soletta) e quella di Reconvilier (nel Giura bernese). Grazie alla mobilitazione degli operai e del sindacato, dopo le ultime trattative d'inizio autunno i licenziamenti sono scesi a 182 (tutti nella sede solettese), con l'introduzione dell'orario ridotto anche a Reconvilier a partire da gennaio 2012. I giochi restano quindi aperti, visto che i negoziati per la vendita di Swissmetal sono tutt'ora in corso.
Siamo solo all'inizio: in settembre infatti Huntsman, multinazionale americana che a Basilea e Monthey (Vallese) produce coloranti tessili, annuncia l'intenzione di sopprimere 110 impieghi in Svizzera, oltre a voler chiudere la divisione "textil effects" di Basilea, licenziando o pensionando anticipatamente (entro la fine del 2013) 530 impiegati. Questo nonostante il 2011 sia stato un anno da record per il gruppo, come confermato in novembre da Peter Huntsman, amministratore delegato del gruppo. La decisione di tagliare in svizzera è giustificata da Huntsman con una non meglio specificata «debolezza finanziaria» della divisione tessile, con lo spostamento dei mercati verso l'Asia e con la forza del franco. Al termine delle ultime trattative con i sindacati, i tagli di personale previsti dal gruppo sono scesi da 110 a 80.
A fine ottobre poi, come un fulmine a ciel sereno, poco dopo aver annunciato ottimi profitti, Novartis dichiara di voler sopprimere 760 impieghi a Basilea e chiudere la sede di Prangins (vicino a Nyon, nel canton Vaud). La chiusura del sito vodese significherebbe la cancellazione di molti impieghi, non solo dei 320 direttamente legati al gruppo farmaceutico (vedi area n.17 e n.18). La sorprendente e massiccia mobilitazione dei lavoratori, della popolazione e dei politici vodesi ha per ora permesso di mettere in discussione la chiusura di Prangins e rinviare la decisione.
Dopo il terremoto Novartis, è il turno di Bobst, ditta che si occupa di macchine d'imballaggio, con sede nel canton Vaud. Bobst intende sopprimere 420 impieghi (l'8 per cento del totale), ma senza licenziare. La riduzione degli effettivi dovrebbe avvenire entro il secondo trimestre del 2013 con la soppressione dei contratti temporanei, i pensionamenti anticipati e le partenze naturali. Anche qui, le ragioni invocate dalla direzione sono il calo della domanda a livello mondiale e il franco forte, che hanno portato  la ditta nelle cifre rosse. Con questa manovra, Bobst conta di risparmiare 60 milioni di franchi, oltre ai 77 milioni previsti da un precedente programma di riduzione dei costi nel 2011, tornando così redditizia nel 2012.
A distanza di pochi giorni, anche la ditta vodese Kudelski, che si occupa di sistemi di sicurezza elettronici e informatici (con sedi in tutto il mondo) annuncia tagli al personale: 90 impieghi soppressi nella sede svizzera. Motivo? Ancora una volta è la forza del franco ad esser presa in causa da André Kudelski, patron del gruppo. Secondo quanto ha dichiarato al giornale romando L'Hebdo, quello che sta succedendo nelle ultime settimane in romandia non sarebbe che l'inizio: «i paesi emergenti stanno recuperando quelli sviluppati, il che implica dei nuovi modi di pensare. La Svizzera non si è però ancora svegliata, pensiamo ancora che la crisi non ci toccherà, ma dobbiamo prepararci a un periodo più difficile». Lui si prepara licenziando.
D'ampiezza un po' più limitata, ma pur sempre con numeri importanti, i 35 licenziamenti annunciati da Ismeca Semicon-
ductor Sa (industria microtecnica) a La Chaux-de Fonds (canton Neuchâtel), poi rinegoziati a 20. Sempre a  La Chaux-de-Fonds, Weka lascerà a casa altrettante persone in seguito alla chiusura della sede neocastellana, mentre a Moutier la Tornos intende licenziare 20 dipendenti.
A queste soppressioni d'impieghi e licenziamenti collettivi, si aggiungono quelle ditte che hanno operato tagli senza che ne giungesse notizia alcuna, ad esempio lasciando a casa poche persone per volta (il che crea meno scalpore dei licenziamenti di massa). Inoltre, i gruppi industriali fanno sempre più ricorso a lavoratori interinali invece di assumere personale fisso, questo permette loro di licenziare più velocemente, e senza far troppo rumore, non appena la redditività diminuisce.
Con il pretesto del franco forte poi, ci sono anche quelle industrie che hanno deciso di aumentare le ore di lavoro settimanali ai propri dipendenti, senza però retribuirle. Nel canton Vaud è successo, ad esempio, alla Te-
sa Sa, che grazie all'intervento sindacale ha però deciso di ritirare la domanda di aumento delle ore (licenziando però, abusivamente, due membri della commissione del personale, vedi area n. 18).
«Principalmente per quanto riguarda l'industria delle macchine,  negli ultimi mesi ci sono stati diversi tentativi di aumentare le ore di lavoro, soprattutto da parte di quelle ditte che non hanno firmato la convenzione», spiega Fabienne Kühn, membro del comitato direttore di Unia. Le ditte invocano come motivazione principale quella di trovarsi in difficoltà economiche a causa del franco forte, e diversi settori dell'industria svizzera si trovano effettivamente in difficoltà, come spiega Kühn: «il sindacato e la commissione del personale devono quindi verificare e valutare se si tratta di difficoltà economiche che giustificano questo tipo di misure o no», compito non sempre facile.
Ci sono ditte che si trovavano già in difficoltà prima del 2011, per ragioni sia strutturali che congiunturali «questo tipo d'industrie, quando si trovano tra due crisi, come quella del 2008 e questa del 2011, fanno fatica a rimanere in piedi». Per quanto riguarda la svizzera romanda, a parte i grossi gruppi come Novartis o Huntsman, secondo Kühn è difficile stabilire se stiano facendo un discorso troppo pessimista per giustificare i tagli di personale e le ristrutturazioni: «io diffido sia del discorso catastrofista che di quello troppo ottimista», conclude.
Altre ditte romande, invece, hanno pensato bene di sopperire alla forza del franco versando salari in euro ai dipendenti frontalieri, com'è successo a Sycrilor (ditta orologera) nel canton Giura e come ha annunciato di voler fare Von Roll a partire da gennaio 2012. Contro la decisione di quest'ultima, Unia si è rivolta al Tribunale arbitrale in quanto ritiene che non si tratti di una pratica legittima.

Pubblicato il

09.12.2011 02:30
Veronica Galster
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