Robot e macchine intelligenti al posto di lavoratori e operai

In tutti gli ambiti professionali il lavoro dell'uomo può essere svolto da computer capaci di ragionare. Ecco alcuni esempi

Il futuro è vicino, si trova a Lodrino. Una ditta piemontese poco tempo fa ha ottenuto una licenza di costruzione per uno stabilimento dove si produrrà rubinetteria. Nei 10.000 metri cubi del capannone lavoreranno sei persone: tre amministrativi e tre operai che controlleranno le 16 linee robotizzate. Ma la vera novità è che le nuove tecnologie rimpiazzano non solo il lavoro manuale, ma anche quello intellettuale. Che ne sarà delle persone, del lavoro, dello Stato sociale come oggi lo conosciamo? Sono interrogativi urgenti che affrontiamo in questo articolo.

 

A Lodrino il gruppo Nobili investirà 1,8 milioni di franchi per costruire uno stabilimento lungo 70 metri per 25, per un totale di 10.000 metri cubi distribuiti su due livelli. I nuovi posti di lavoro creati saranno sei, di cui tre operai e tre amministrativi. La produzione la faranno 16 macchine robotizzate. 100.00 i franchi di imposte annuali previsti. Elevata automazione dunque, dove la presenza umana è notevolmente ridotta. Il Gruppo Nobili vanta una lunga storia in quest’ottica. Nel suo stabilimento principale a Suno (Novara), 252 dipendenti producono ogni anno 2,6 milioni di pezzi finiti, un volume che mediamente richiede il lavoro di 500/600 addetti. Il doppio. «Ora abbiamo un centinaio di robot antropomorfi che svolgono il lavoro di venti persone ciascuno» ha spiegato al quotidiano Il Sole 24 Ore il titolare Alberto Nobili. Si potrebbe pensare che alla fabbrica novarese l’entrata dei robot abbia ridotto il personale umano. Invece no. La ditta si vanta di non aver licenziato negli anni più difficili, come la crisi globale del 2008. Fonti sindacali italiane interpellate da area, lo confermano. Alla crisi il Gruppo Nobili ha risposto con investimenti nell’automazione.


Questo è un piccolo esempio. C’è chi lo fa su larga scala. La provincia di Guangdong, epicentro manifatturiero cinese, ha stanziato finanziamenti per 152 miliardi di dollari in 2.000 fabbriche. L’obiettivo è avere otto fabbriche su 10 totalmente automatizzate entro 2020.
Il futuro è tracciato. Per comprimere i costi della forza lavoro, delocalizzare o importare la manodopera sottopagata è roba superata. Oggi si punta all’automazione di ultima generazione.
Il risultato sarà un mondo del lavoro radicalmente trasformato in tempi brevi. Lo attestano tutti gli studi sulla materia. Limitiamoci a citarne due. Nell’ultima edizione, il World Economic Forum ha presentato l’analisi “Future Jobs”. I risultati dicono che da qui al 2020 nel mondo si perderanno 7,1 milioni di posti di lavoro, a cui farà da contrappeso la nascita di altri 2,1 milioni di posti di lavoro più specializzati. 5 i milioni di impieghi persi in quattro anni.

 

Secondo studio: «Il futuro della forza lavoro» finanziato da Ubs. Esso prevede che entro il 2025 (meno di nove anni dunque) il 47% delle professioni odierne – quasi un lavoro su due – scomparirà a causa del progresso tecnologico. La metà dei lavoratori rimanenti diventeranno quasi tutti dei freelance,
lavoratori indipendenti o pseudo tali. Se freelance potrebbe suonare carino, val la pena ricordare che anche i proprietari di auto e pseudo tassisti Uber li considera indipendenti per pagarli una cicca mentre loro incassano miliardi senza sborsare un soldo per coperture sociali.
È indubbio che l’impatto della rivoluzione tecnologica sarà devastante.

Non solo per le persone, le modalità di lavoro e le sue condizioni, ma per l’intera società. Lo Stato si fonda sul lavoro. Le pensioni, l’assicurazione invalidità e la disoccupazione si finanziano con i prelievi sui salari versati da dipendenti e aziende. Se il lavoro dipendente calasse vertiginosamente perché sostituito dall’intelligenza artificiale e da un’esplosione di freelance, lo Stato sociale come lo conosciamo oggi in Svizzera sparirebbe. Basti dire che la legge attuale impedisce a un lavoratore indipendente di versare i contributi dell’assicurazione disoccupazione, e dunque di averne diritto nel caso di necessità.


Il problema è reale. In Europa il numero di freelance è cresciuto tra il 2004 e il 2013 del 45%, passando da 6 a 9 milioni. Buona parte di questi lavoratori indipendenti sopravvivono con molteplici lavoretti precari e malpagati che li occupano tutto il tempo. Senza contare che non hanno alcuna copertura in caso di ferie, malattia, invalidità e difficilmente riusciranno a garantirsi una pensione.
Non si tratta di fare del catastrofismo, ma di guardare in faccia la realtà prima che questa ci investa come un treno in corsa.

 

 

Nessuna professione si salva: avvocati, medici, bancari, giornalisti, autisti, analisti finanziari

 

A rubarci il lavoro non sarà la delocalizzazione o l’importazione di forza lavoro immigrata a basso costo. Sarà l’intelligenza artificiale. Quest’ultima non va confusa con l’automazione, cioè la semplice ripetizione meccanica di un gesto, tipico dei robot da catena di montaggio per intenderci. Intelligenza artificiale intesa come computer in grado di acquisire un’enormità di dati e, grazie a un algoritmo, ragionare autonomamente producendo una soluzione. Sono dei computer che imparano, anche dagli errori, e migliorano col tempo diventando sempre più affidabili.


La quarta rivoluzione tecnologica non farà prigionieri. Dai lavori più semplici a quelli elaborati, non si salva nessuno. I pony express saranno sostituti da droni per le consegne. Già oggi la Posta svizzera li sta testando per le consegne domenicali o nelle zone periferiche. La stessa Posta sta testando in Vallese da qualche anno gli autopostali senza conducente. Nel medesimo campo, la Daimler ha ottenuto lo scorso anno la prima licenza per circolare sulle autostrade del Nevada di un camion guidato da un software, il Freightliner Inspiration. Nell’ultimo censimento degli Stati Uniti, l’autista di Truck era la professione più alta in 29 stati su 50. Ben si capisce il timore causato da questa novità.


Gli operatori dei call center lasceranno invece il posto ad Amelia, il software talmente sofisticato da interagire con gli umani senza che questi si accorgano di parlare con un computer. Negli ospedali americani, Tug, un robot, porta i pasti, le lenzuola e le medicine. El Camino Hospital di Mountain View, la stessa città sede di Google, possiede 19 Tug. Il risparmio netto dell’ospedale è di 350.000 dollari di spesa iniziale contro un milione di personale umano l’anno.


Ma la vera novità è che le nuove tecnologie rimpiazzano non solo il lavoro manuale, ma anche quello intellettuale. E la rivoluzione tecnologica viaggia talmente veloce che i posti di lavoro soppressi saranno notevolmente di più dei nuovi creati. Disoccupazione tecnologica, l’aveva definita con largo anticipo l’economista John Maynard Keynes negli anni ’30. Non è fantascienza. Prendiamo l’esempio della professione di chi qui scrive. La rivista Forbes è famosa per le sue classifiche dei più ricchi al mondo. Tutte le sue notizie online trimestrali sulle principali aziende americane le scrive il software Narrative Science. Anche il Los Angeles Times ha un software che confeziona articoli su terremoti, incendi e omicidi attingendo a fonti certe. Pure le cronache sportive minori sono scritte da computer. Il software non fa inchieste o approfondimenti, ma Narrative Science può persino calibrare la prosa, attingendo a articoli di grandi giornalisti di un tempo. Il lettore sarà estasiato, senza accorgersi che è stata scritta da una macchina.


Anche le professioni mediche possono essere in parte sostituite. Enlitic è un software che legge meglio dei radiologi le radiografie. È stato dimostrato che le analisi umane delle colonscopie erano sbagliate nel 6% dei casi rispetto a quelle di Enlitic. La malattia c’era, contrariamente a quanto diagnosticato dal radiologo umano. Enlitic legge meglio, più in fretta e costa meno, molto meno, di un radiologo. Sedasys invece è un computer utilizzato in quattro ospedali statunitensi che ha preso il posto dell’anestesista nel sedare i pazienti per analisi invasive. Economicamente un bel risparmio, vista la tariffa oraria di un anestesista. C’è perfino il dottor Watson, un computer dell’Ibm in grado di fagocitare in pochi minuti i resoconti medici del mondo intero su una malattia specifica che circolano nel web, elaborare una diagnosi, prescrivere medicine e preparare la farmacia per il paziente. Per ora solo un test, ma presto sarà una realtà. Gli avvocati non pensino di essere al sicuro. Il software capace di elaborare pareri giuridici sulla scorta della giurisprudenza e dottrina in tempo reale già esiste. Alcuni studi legali americani già li utilizzano.


Anche gli analisti finanziari hanno poco da sorridere. Il programma Warren già oggi sta sostituendo gli analisti junior, cioè quelli all’inizio della loro esperienza. D’altronde, buona parte dei giochi in borsa sono determinati da algoritmi. «Le tecnologie finanziarie provocheranno una riduzione del personale delle banche» ha dichiarato Sergio Ermotti, amministratore delegato di UBS, al Salone internazionale dei servizi finanziari di Ginevra lo scorso mese, concludendo: «Senza intelligenza artificiale sarà impossibile stare al passo».


Economicamente, non c’è storia nel conflitto uomini contro software. Lavorano 24 ore su 24, non vanno in vacanza, non si ammalano, non rivendicano aumenti di paga né migliori condizioni di lavoro. Il capitalismo, che per sua natura ha l’obiettivo del massimo margine di profitto, non può che rimanere affascinato. Ma senza reddito da lavoro, i consumi crolleranno. E questo è un altro nodo importante da sciogliere.

Pubblicato il

23.11.2016 21:10
Francesco Bonsaver

Christian Marazzi: «Le nuove modalità di lavoro impongono la nascita di una coalizione sociale»

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