Ritratto di Moritz presidente

Mercoledì 23 novembre, alla solita conferenza stampa che segue la seduta settimanale del governo, i consiglieri federali Christoph Blocher e Moritz Leuenberger dovrebbero parlare ciascuno di uno specifico tema di rispettiva competenza. Ma una domanda, in vista della conferenza di Montreal sul clima, li trascina a parlare dell’impegno della Svizzera a mantenere il suo obiettivo di riduzione delle emissioni di Co2. Leuenberger conferma che il Consiglio federale ne ha discusso, ma, aggiunge, il carattere segreto della riunione ed il principio di collegialità gli impediscono di rivelare i dettagli della discussione. Non finisce di parlare, che interviene Blocher, non richiesto, per dire che lui ha appoggiato pienamente la posizione del ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz contro la ristrutturazione in senso ecologico della tassa d’importazione delle auto. Ne nasce un battibecco in pubblico tra i due ministri. Quel teatrino, finora inedito così “in diretta”, tra due membri del Consiglio federale, ha ben mostrato ai giornalisti a quale livello sia arrivata la sfida tra questi due personaggi in seno al governo. È una sfida politica, beninteso, che ha a che vedere più con i rispettivi partiti e le rispettive strategie che con le caratteristiche personali dei due “campioni”. Eppure, proprio in queste fasi di maggiore tensione i personaggi politici mostrano di che pasta sono fatti, la loro tempra e le loro debolezze. E Leuenberger non fa eccezione, a dispetto, o con buona pace, di quanti gli avevano appioppato un cliché, una maschera, illudendosi di averlo capito e di averlo in qualche modo incasellato definitivamente nel posto che gli spetta. Sovente, invece, sembra non essere capito, né dai suoi detrattori di destra, né a sinistra tra i compagni del suo partito. Ma è proprio parlando ai socialisti, all’assemblea dei delegati del 26 novembre a Berna, che Moritz Leuenberger ha rivelato un profilo inedito della sua personalità. Un po’ a sorpresa, con un tono quasi di scusa («Non so se vi ricordate, ma proprio due anni fa era stato pianificato di discuterne in questa assemblea dei delegati»), ha introdotto il tema della partecipazione del Pss al governo, ribaltando con abilità a favore di questo argomento le due questioni all’ordine del giorno: la politica nei confronti dell’Europa e la politica dei trasporti. Ambedue «sono la risposta al dubbio di allora, se dobbiamo essere rappresentati nel Consiglio federale». È evidente che vuole dare sfogo alla sua frustrazione: praticamente tutta la sua politica è stata paralizzata, il trasferimento del trasporto merci dalla strada alla ferrovia è un progetto assediato da ogni lato, la tassa sul Co2 rischia di naufragare in parlamento. Le sue proposte per la sicurezza del traffico, messe a punto nel programma “Via Sicura”, vengono bagatellizzate da uno scatenato Blocher. Leuenberger parla ai delegati socialisti sapendo cose che loro non sanno, cose che dovranno ancora accadere. Come la questione Swisscom: una privatizzazione forzata, precipitata, imposta e pasticciata. Difficile, per chi sta fuori, immaginare la durezza di certi scontri. Come è difficile, per chi sta dentro, capire esattamente che l’avversario sta cercando di prendersi il tuo settore di competenza, di buttarti fuori dal governo, e dover contare solo sulle proprie forze per salvare la propria politica ed un’intera strategia sulla quale il partito e gran parte della popolazione fanno affidamento. Qui bisogna sfoderare gli artigli; e spiegare ai compagni che si può, anzi si deve restare in Consiglio federale per fare da baluardo alle richieste della sinistra e dei verdi, che altrimenti verrebbero spazzate via senza problemi. «Naturalmente vorremmo essere in primo luogo attivi, anziché difendere l’ovvio. Ma anche la difesa è un compito. Un compito che dobbiamo svolgere anche quando ci sono sconfitte da incassare o compromessi da accettare». Tuttavia, famoso com’è per la sua tagliente ironia, non ha potuto evitare di darne un saggio. Il Consiglio federale non approva la proposta di graduare la tassa d’importazione delle auto sul consumo di carburante dei vari modelli? «A volte ci vorrebbe il controllo del sangue», commenta il ministro socialista, suggerendo implicitamente che quando si tratta di politica dell’ambiente o dei trasporti i suoi colleghi agiscono come ubriachi. Blocher critica i nuovi valori di tolleranza nelle contravvenzioni ai limiti di velocità rilevate dai radar? Almeno ha imparato la parola tolleranza, ironizza Leuenberger. Certo, l’Udc l’attacca pesantemente. Ma è chiaro che l’obiettivo non è lui, ma il partito: la destra vuole estromettere i socialisti dal governo. Non può farlo con argomentazioni politiche, e allora cerca di colpire la persona. L’attacco a Moritz Leuenberger (ed a Micheline Calmy-Rey) non viene condotto certamente con l’uso dei guanti. Quel campione di sottigliezza intellettuale che è il democentrista zurighese Christoph Mörgeli esalta il suo capo: «Christoph Blocher non soffre sul lavoro come Moritz Leuenberger: lavora anche quando è stanco o non è in vena». Vengono in mente quei dittatori che lasciavano di notte la luce accesa in ufficio per far credere di essere sempre al lavoro. Ueli Maurer, presidente dell’Udc, va diritto al dunque: Leuenberger sarebbe «incapace di dirigere il suo dipartimento» e spesso non padroneggia nei dettagli i dossier di sua competenza. Persino il politologo Iwan Rickenbacher, di orientamento democristiano, giudica che «il suo problema è di mostrare in modo insufficiente dove e come interviene negli affari concreti». Appunto, non tiene accesa la luce di notte. Ma per fortuna anche in campo borghese ci sono politici che sanno parlare con chiarezza, come il presidente dei radicali Fulvio Pelli: «Blocher punta a distruggere il sistema di concordanza. Vuole un sistema bipolare». E meno male che a dirlo è il capo del partito che, con i suoi voti, ha permesso l’elezione di Blocher in Consiglio federale. Se allora è chiaro il disegno dell’Udc, dev’essere anche chiaro, secondo Leuenberger, che non si può assecondare tale disegno ritirandosi con la coda tra le gambe: «La partecipazione al governo è una risposta a coloro che vorrebbero liquidare lo stato per esercitare le loro personali libertà. Noi dobbiamo percorrere la nostra strada anche se incontriamo resistenze. Lo dobbiamo a tutti coloro, sempre più numerosi, che ripongono su di noi le loro speranze. E lo dobbiamo a noi stessi ed alla nostra coscienza politica». Un sessantottino intellettuale Sono forse pochi in Ticino a ricordare che nel 1991, quando venne eletto nel Consiglio di stato del canton Zurigo, Moritz Leuenberger conquistò quel seggio a scapito dell’Udc e battendo il candidato rivale Ueli Maurer. Questo spiega l’animosità attuale di Maurer e dell’Udc, che non hanno mai digerito la sua ironia e la sua propensione alla letteratura ed alla filosofia. In effetti Moritz Leuenberger è un intellettuale, non sempre capito e gradito neppure a sinistra. È nato nel 1946 nella famiglia di un professore di teologia dell’Università di Zurigo originario del canton Berna. S’è laureato in diritto ed ha aperto un suo studio d’avvocato, occupandosi del processo contro la multinazionale Nestlé (“Nestlé uccide i neonati”), del sostegno al governo delle Filippine nella ricerca dei fondi del dittatore Marcos in Svizzera, e della difesa dello scrittore Niklaus Meienberg nel contenzioso contro la famiglia Wille. Politicamente, è stato un sessantottino che aveva aderito alla “Sozialistische Hochschulgruppe”. Entrato nel 1969 nel Partito socialista svizzero, è stato membro del legislativo della città di Zurigo e, dal ’79 al ’91, membro del Consiglio nazionale, dove tra l’altro ha presieduto la commissione per la riforma delle società anonime, la commissione della gestione e la commissione parlamentare d’inchiesta Cpi-1 che, incaricata di far luce sulla violazione del segreto d’ufficio della ex-consigliera federale Elisabeth Kopp, portò alla luce lo scandalo delle schedature (900 mila dossier dettagliati su persone e organizzazioni di sinistra).

Pubblicato il

09.12.2005 02:00
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