Rispettare i lavoratori che con coraggio denunciano

Il lavoratore che ha il coraggio di denunciare soprusi e reati commessi dal suo datore di lavoro non è una “spia del sindacato” ed ha il diritto a non essere identificato, così come alla protezione della sua sfera privata. Sono considerazioni importanti quelle contenute nella recente decisione del Consiglio svizzero della stampa, che bacchetta pesantemente il Corriere del Ticino per aver pubblicato nell’ottobre 2017 nomi e dettagli attinenti alla vita privata dei due dipendenti della tristemente nota società di sicurezza Argo 1 che avevano reso testimonianza davanti alla giustizia, accusandoli per questo di aver agito come “infiltrati” di Unia. Una falsità! «Mancato rispetto della verità», conferma l’organo di vigilanza sull’etica dei mass media, secondo cui il quotidiano ticinese è anche venuto meno al dovere di ascolto in caso di addebiti gravi delle persone coinvolte ed ha violato la direttiva sulla menzione dei nomi.


Un aspetto fondamentale questo, che era al centro del reclamo presentato da Unia e accolto (con altri) dal Consiglio svizzero della stampa. Al di là delle “colpe” del Corriere e delle ragioni di quella violenza mediatica dal sapore anti-sindacale che lo ha portato a sbattere in prima pagina nomi, cognomi e fatti privati di due coraggiosi testimoni di giustizia, si tratta di una decisione che in parte “ripara” al danno che un giornalismo di questo tipo arreca alla già di per sé difficile azione di lotta alla criminalità d’impresa. Una lotta che necessita innanzitutto della collaborazione dei lavoratori, ai quali vanno però garantiti rispetto e tutela della privacy, anche da parte dei media.


Qualunque persona di buon senso può immaginare quanto sia difficile per un lavoratore dipendente testimoniare davanti a un magistrato sulle malefatte di colui che a fine mese gli paga lo stipendio e che da un giorno all’altro lo può lasciare a casa. Se poi uno deve fare i conti con una pubblica messa sotto accusa come successo nel caso di Argo 1, immaginiamoci quanta paura e quanta reticenza possa subentrare nella vittima!
La ferma presa di posizione del Consiglio svizzero della stampa ha dunque anche un valore che va al di là di un semplice giudizio sullo scivolone del Corriere, perché rende giustizia e onore a chi ha avuto il coraggio di denunciare. E a chi lo avrà.

Pubblicato il

12.09.2018 11:31
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