Righetti: "Al Ticino il non conviene"

A sostegno del no alla Lmee in Ticino s’è costituito un comitato che fa capo all’Associazione per la difesa del servizio pubblico, comitato che s’è presentato la scorsa settimana ai media. Se le adesioni al comitato provengono in gran parte dalla sinistra, non mancano gli esponenti di altri schieramenti, come Romano Broggini, Franco Celio, Nello Croce, Jacques Ducry, Giovanni Jelmini, Franco Lazzarotto, Guido Marazzi, Sergio Salvioni, Diego Scacchi o Silvano Toppi. E a presiedere l’Associazione c’è l’ex consigliere di Stato del Plr Argante Righetti. Signor Righetti, la Lmee è un oggetto difficile da spiegare. E la campagna del fronte del sì, che si dice favorevole al servizio pubblico, confonde gli argomenti. Come rispondete? Dal punto di vista finanziario il gioco è impari. Il formidabile impegno finanziario per il sì è per noi la riprova degli enormi interessi che stanno dietro alla Lmee. Da un lato si muove l’Unione delle centrali elettriche, che mira al proprio tornaconto: noi temiamo che, se dovesse entrare in vigore la Lmee, verranno a formarsi dei grossi monopoli, con delle concentrazioni enormi di potere e la scomparsa delle centrali medie e piccole. D’altro canto si muove tutto il fronte dell’economia: se la Lmee dovesse passare, quel fronte lo considererebbe un segnale di via libera per ulteriori privatizzazioni. Il fronte del sì fa valere come argomento principale l’introduzione della concorrenza, ma tace il fatto che nella Lmee mancano completamente gli strumenti e gli organismi per garantire uno svolgimento corretto della concorrenza. Ma soprattutto viene cancellata l’idea di servizio pubblico: nella Lmee non ci sono norme che lo garantiscano. Si stravolge quindi la verità quando si dice che con la Lmee si consoliderà la proprietà pubblica. C’è un argomento in particolare che dovrebbe motivare i ticinesi a votare no alla Lmee? In Ticino la situazione attuale è tutto sommato buona. Siamo un Cantone che produce più di quanto consuma, e quindi dispone di energia relativamente a buon mercato. Per questo i ticinesi non hanno nessun interesse a stravolgere la situazione attuale. Ma poi è sicuro che chi in Ticino spinge per il sì alla Lmee mira anche all’obiettivo Azienda elettrica ticinese (Aet): la Commissione energia del Gran Consiglio ha congelato la riforma dell’Aet in attesa del voto sulla Lmee. Se dovesse passare il sì verrebbe immediatamente rilanciata la campagna per la trasformazione dell’Aet in società anonima. C’è però motivo per essere moderatamente ottimisti: in materia elettrica gli elettori svizzeri sono stati finora molto attenti. Sì, e noi speriamo che i cittadini si rendano conto anche dei disastri provocati dalle spinte di privatizzazione e di liberalizzazione degli ultimi anni. È vero che quasi tutti i tentativi per privatizzare o trasformare le aziende elettriche sono falliti: nel Cantone e nella Città di Zurigo, a Nidwaldo, a Bellinzona, a Sciaffusa e a Neuhausen. Con la Lmee il tema è più complesso: è una legge di carattere generale, che non pone solo un quesito chiaro come “privatizzazione sì o no”, ciò che permette ai fautori del sì di stravolgerne il contenuto. Come si sente Argante Righetti a porsi contro la stragrande maggioranza del suo partito, il Plr, su un tema economico così importante? Bene. Io sono sempre stato una voce critica all’interno del mio partito, sostenendo una chiara linea radicale di forte impegno sociale, di difesa del ruolo dello Stato e di laicità. Questo il Plr lo ha sempre riconosciuto e accettato. E in materia elettrica ho un ricordo molto vivo: quand’ero giovane ho vissuto la creazione dell’Aet, per la quale mi sono battuto in prima persona nei Giovani liberali con Sergio Salvioni. Del resto ci sono segnali curiosi anche dal Plr: nel Canton Vaud il partito s’è schierato a grande maggioranza per il no. Lei accenna a lotte passate. Intende dire che alle generazioni che oggi determinano la politica cantonale fa difetto la coscienza di queste lotte? Certamente. Si sta perdendo la memoria delle durissime battaglie combattute negli anni ’50 per far passare il riscatto della Biaschina: fu quella l’operazione che diede una svolta alla politica energetica cantonale, portando poi alla nascita dell’Aet. Ma si tenta anche di stravolgerla questa memoria. Quando, all’uscita del Messaggio governativo, ho sentito i sostenitori della riforma dell’Aet proclamare «siamo noi gli eredi della Biaschina» m’è corso un brivido lungo la schiena: se passa la loro tesi, l’operazione degli anni ’50 è di fatto annullata.

Pubblicato il

06.09.2002 02:00
Gianfranco Helbling