La riduzione dell’orario di lavoro è un tema che contraddistingue il movimento sindacale. Unia se ne occupa da sempre, ancor di più dopo lo sciopero delle donne del 2019, di cui riecheggia ancora oggi lo slogan “Per più tempo, denaro e rispetto”. «È un tema fondamentale perché tocca diverse sfide, tra cui quella per una migliore conciliabilità tra lavoro e vita privata, per la salute dei lavoratori, per una più equa distribuzione del lavoro retribuito e non retribuito e per l'ecologia», con queste parole la presidente di Unia Vania Alleva ha inaugurato il convegno tenutosi lo scorso 28 ottobre a Berna alla prsenza di un centinaio di persone. «Durante il nostro ultimo Congresso la riduzione dell’orario di lavoro è stata oggetto di intense discussioni, e si è così deciso di tematizzarla sia sotto forma di campagna sia durante le trattative nei vari settori». La riduzione dell’orario di lavoro è una questione di ampio respiro: può riguardare l’orario giornaliero (ossia, per esempio, le pause retribuite o i tempi di trasferta), l’orario settimanale (con la settimana lavorativa di 4 giorni o di 30 ore), l’orario annuale (più vacanze) e l’età pensionabile. «Abbiamo ottenuto alcune vittorie importanti come il pensionamento anticipato a 60 anni nell’edilizia, per il quale abbiamo lottato duramente e che è però ancora minacciato», ha affermato Vania Alleva, «ma negli ultimi anni abbiamo anche dovuto fronteggiare gli attacchi dei datori di lavoro e dei partiti borghesi, volti a deregolamentare e a introdurre un’eccessiva flessibilità con il pretesto del Covid-19, del franco forte e della crisi finanziaria. Siamo riusciti a bloccare decine di tentativi nell’ambito dell’apertura domenicale dei negozi e inerenti all’introduzione della settimana lavorativa di 70 ore. È importante non solo difendere i nostri interessi, ma anche operare in modo offensivo. Ci rifiutiamo di lavorare fino alla tomba, vogliamo più tempo per vivere!». La riduzione dell’orario di lavoro – che è una questione sociale cruciale – non piace però molto ai datori. «È una questione che suscita molta più opposizione di quella per l’aumento dei salari, anche nell’attuale contesto di carenza di manodopera», conclude la presidente di Unia. «Abbiamo quindi bisogno di strumenti per fare progressi in questo campo». Un massiccio ricorso al lavoro a tempo parziale Come si lavora oggi in Svizzera? Sebbene il tempo trascorso al lavoro sia diminuito dalla fine del XX secolo (da 45 ore nel 1973 a 41,7 nel 2023) non sorprende che, a livello europeo, i lavoratori svizzeri siano quelli che lavorano più ore, con una settimana, a tempo pieno, in media di 42 ore e 33 minuti. «Se si tiene conto del lavoro a tempo parziale, il tempo di lavoro medio scende a circa 35 ore», sottolinea Christine Michel del Dipartimento politica di Unia. «Ciò significa che la riduzione dell’orario di lavoro è già una realtà in Svizzera, ma avviene su base individuale con un impatto sulla retribuzione, in particolare per le donne». I dati mostrano anche che il 26,5% lavora regolarmente il sabato e il 16% la domenica, il 16% lavora spesso di sera, 1 lavoratore su 20 di notte e l’8% lavora su chiamata. Le donne sono le più colpite, così come le professioni sanitarie e quelle alberghiere e della ristorazione. Con quale impatto? «Studi recenti hanno dimostrato che un terzo della popolazione attiva soffre di disturbi del sonno legati alla salute fisica e mentale. Al contempo, tra il 18% e il 23% dei lavoratori dichiara di essere sempre più stressato sul lavoro, specie nei settori della sanità e dell’assistenza sociale (29%), con un rischio maggiore di burn-out». La causa: mansioni che si sono intensificate e maggiore pressione. «Infine, un altro studio ha dimostrato che le persone che lavorano al 100% hanno un rischio maggiore di sviluppare il cancro», continua Christine Michel. «Ecco perché è urgente ridurre l’orario di lavoro: per una migliore salute, per avere più tempo per riposare e per evitare errori e incidenti». L’ultimo argomento è quello della produttività, aumentata di oltre il 9% tra il 2016 e il 2023, mentre i salari reali sono... diminuiti. «Ridurre l’orario di lavoro è possibile, ma non accadrà senza una volontà politica», prosegue Christine Michel. «La gestione di questo aspetto è sempre stata motivo di controversie, tra datori di lavoro che vogliono più flessibilità e dipendenti che vogliono più tempo libero. Ma come abbiamo visto, per evidenti ragioni di salute, uguaglianza e clima, un orario di lavoro più breve è necessario». Unia ha ancora molto lavoro da fare: «È un compito a lungo termine, e quindi lavoreremo su una strategia a lungo termine: nelle filiali, sul campo e anche rispetto all’opinione pubblica», conclude Vania Alleva. |
LE Testimonianze UNA NECESSITÀ MOLTO SENTITA DAI lavoratori Alcuni lavoratori hanno voluto raccontare le loro storie, sottolineando i benefici che comporterterebbe sulla società una reale riduzione dell’orario di lavoro. Pierre-Yves, che lavora nel commercio al dettaglio, spiega che l’ultimo aumento di stipendio è stato accompagnato da una riduzione della forza lavoro e da un’intensificazione dei compiti. «Il carico di lavoro è intenso, il che significa che le assenze per malattia salgono alle stelle, così come i costi sanitari: nessuno ci guadagna. Per non parlare della qualità del servizio, che si sta abbassando. È spaventoso vedere che nel 2024 le condizioni di lavoro peggiorano e che le nuove tecnologie non sono al servizio dei dipendenti». Questi lavoratori chiedono una riduzione della settimana lavorativa da 41 a 39 ore, in modo da essere più soddisfatti sul lavoro e in modo da ammalarsi di meno. Virginie, attiva nell’industria orologiera dove ha lavorato per 30 anni in ambito amministrativo, ha visto susseguirsi numerosi cambiamenti. «I progressi sono stati notevoli: riusciamo a produrre di più con meno personale, ma non si fanno regali ai dipendenti. Dovremmo poter ridurre il ritmo e la pressione, per produrre sì meno, ma meglio e in condizioni più umane. Eccellenza ed etica sono valori di cui devono beneficiare anche i dipendenti, anziché costituire solo una buona immagine per il marketing». Lana, giovane militante di Unia, ha raccontato del burn-out di cui ha sofferto mentre era apprendista parrucchiera. «Mi sono ritrovata in un circolo infernale in cui le uniche cose che facevo erano recarmi al lavoro, lavorare e dormire. Ero esausta e ansiosa, ho perso molti chili». Lana, poi, è stata licenziata, e questa è stata per lei una liberazione. «Abbiamo bisogno di maggiore equilibrio tra la nostra vita professionale e quella personale. Per il lavoro non si deve sacrificare il nostro benessere!». Grazia, presidente del Gruppo Donne di Unia, ha infine citato le ragioni per ridurre l’orario di lavoro da un punto di vista femminista. «Il lavoro gratuito svolto per ¾ dalle donne è essenziale per il buon funzionamento della nostra società, ma è causa di povertà sia durante la vita lavorativa che durante la pensione. Non ci sarà uguaglianza se i salari non sono equi e l’orario di lavoro non è distribuito in modo uniforme». |