Francia

Dalla Francia giunge notizia di una storica vittoria giudiziaria delle vittime dell’amianto. In una sentenza dello scorso 5 aprile la Corte di cassazione ha infatti stabilito che tutti i lavoratori (non malati) che hanno subito un’esposizione possono domandare un indennizzo al datore di lavoro per il cosiddetto “danno da ansietà”. Un danno derivante dalla condizione di inquietudine permanente per il rischio della possibile comparsa in qualsiasi momento di una patologia legata all’amianto, che può manifestarsi anche a decenni di distanza.

 

Il riconoscimento della paura di ammalarsi come danno da indennizzare, nella giurisprudenza francese è una realtà già dal 2010, ma sin qui nei casi relativi all’amianto era limitato ai soli salariati degli stabilimenti considerati particolarmente a rischio e iscritti in speciali liste ministeriali.

 

Sostanzialmente a lavoratori addetti alla trasformazione dell’amianto, impiegati dei cantieri navali e edili. Ora, la Cassazione riconosce che qualunque salariato «esposto all’amianto e dunque al rischio elevato di sviluppare una patologia grave, può agire contro il suo datore di lavoro per essere venuto meno all’obbligo di garantire la sicurezza». Questi «anche se lo stabilimento non è contenuto nelle liste dei siti a rischio». Il lavoratore che chiede l’indennizzo dovrà però «dimostrare» l’avvenuta esposizione e il datore di lavoro avrà la possibilità di essere esentato se «dimostrerà» di aver adottato «tutte» le misure di sicurezza e di protezione della salute previste dalle leggi e dai regolamenti.


Con la nuova decisione adottata dall’assemblea plenaria della Corte di cassazione (la composizione più solenne), la Francia abbandona una giurisprudenza che i sindacati e le associazioni delle vittime hanno sempre bollato come «ingiusta, arbitraria e discriminatoria». Questo «ritorno all’equità», come è stato definito da più parti, è figlio di una decisione del 2018 della Corte d’appello di Parigi che aveva dato ragione a un ex lavoratore di una centrale termica che sollecitava un indennizzo per essere stato esposto alle fibre di amianto tra il 1973 e il 1988 nonostante il suo luogo di lavoro non figurasse nella famosa “lista”: i giudici gli accordarono 10.000 euro per il danno (con gli interessi) e lo stesso fecero per altri 108 suoi colleghi che si erano associati alla causa giudiziaria. Di qui l’occasione per la Cassazione di rivedere la propria giurisprudenza e «recuperare in termini di equità», perché finora «molti salariati» angosciati di sviluppare una malattia asbesto-correlata non potevano sin qui essere indennizzati nonostante «possano aver subito esposizione alle polveri di amianto in condizioni tali da compromettere gravemente la loro salute», conclude la Cassazione francese.

 

La situazione in Svizzera? «Siamo lontani anni luce»

In Svizzera sarebbe pensabile avanzare delle pretese di indennizzo nei confronti del datore di lavoro per un danno da paura? Abbiamo girato la domanda all’avvocato zurighese Martin Hablützel, specialista nel campo del diritto sulla responsabilità civile con una grossa esperienza proprio con le vittime dell’amianto. «In Svizzera – spiega – siamo indietro anni luce rispetto a questo tipo di indennizzi. Quello di “danno da paura” è un concetto estraneo alla nostra giurisprudenza».


Sarebbe impensabile intentare un processo?
Non lo escludo, ma le condizioni di partenza sono proibitive. È immaginabile l’ipotesi di avviare un “processo pilota”, ma in Svizzera presupporrebbe sicuramente la presenza per esempio di una malattia psichica dovuta alla paura di ammalarsi. La sola paura sicuramente non basta. In più bisognerebbe provare che l’esposizione sia stata causata dal datore di lavoro contro cui si intenta la causa e che questi ha omesso di adottare le necessarie misure di sicurezza e di protezione della salute. E infine andrebbe dimostrato il nesso di causalità tra la paura e la patologia psichica, che è in sé facilmente contestabile. Una controparte potrebbe per esempio sostenere che sia dovuta ad altri fattori privati, come un divorzio, un lutto o altro.


Sarebbe auspicabile un’evoluzione della giurisprudenza nella direzione di quella francese?
Certamente, perché è evidente che anche la sola paura lede l’integrità della persona. Nella mia esperienza vedo per esempio l’angoscia che vivono molti esposti all’amianto cui vengono diagnosticate placche pleuriche, che in sé non uccidono ma sono il segnale che l’amianto qualcosa ha causato. E la paura che possa subentrare il mesotelioma o altri tumori è in loro ben presente.


La giurisprudenza elvetica è influenzata dagli sviluppi che avvengono in altri paesi?
Fondamentalmente no, purtroppo. Nel campo della responsabilità civile solo in rarissimi casi succede che si faccia riferimento alla giurisprudenza tedesca.

Pubblicato il 

17.04.19

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