Requiem per Leonardo e i suoi compagni di sventura

Si sono svolti venerdì della scorsa settimana a Giubiasco i funerali di Leonardo Padron Castro, il diciassettenne venezuelano trovato morto in una discarica abusiva sopra Claro il 25 aprile. La sua uccisione, avvenuta probabilmente ad opera di due suoi coetanei (l’inchiesta della Magistratura dei minorenni è ancora in corso, perciò il condizionale è d’obbligo), ha suscitato reazioni di sconcerto e preoccupazione nell’opinione pubblica. Non poteva essere diversamente. A motivo della sua efferatezza, dei suoi moventi ipotizzati e delle sue possibili circostanze, il delitto è stato posto al centro dell’attenzione dei mezzi di comunicazione. Tuttavia, l’enfasi mediatica sulla triste vicenda, anche in questo caso, mi è parsa una nota stonata. L’emotività è un cavallo sbrigliato, in apparenza è facile da cavalcare, in realtà può condurre laddove non si vorrebbe mai andare. Nella fattispecie, può diventare causa di ulteriore disorientamento per giovani e no, oppure può condurre a coltivare sentimenti insani (anche se assai umani) di rivalsa, vendetta o giustizia spicciola. La violenza giovanile è un fenomeno noto alle nostre latitudini. Non ci si può più limitare a registrarlo: mi sembra giunto il momento d’interrogarsi in maniera seria sulle sue vere radici e sulle soluzioni auspicabili. Una nuova forma di dialogo sociale, che coinvolga tutti gli agenti in questione, risulta inderogabile. Domandato fuori dai denti: Signori Governanti, a quando una politica giovanile degna di tale nome? E quale compito specifico possono e devono assumervi le comunità religiose (non solo le chiese cristiane, bensì pure le associazioni musulmane, buddiste, indù o sikh presenti in Ticino)? Nelle nostre zone, giungere ad ammazzare un ragazzo per questioni di droga, soldi o altro è un evento fortunatamente raro. È però della settimana passata la notizia dell’omicidio di una quattordicenne in Turgovia, in una struttura socio-sanitaria, il cui autore presunto è un ospite della stessa età. Nessuna meraviglia che avvenimenti del genere suscitino apprensione nell’intera collettività; dovrebbero quindi suonare come un monito per tutti noi. La tentazione di fare d’ogni erba un fascio è grande, ma dev’essere evitata con cura: nelle loro sempre più complesse problematiche esistenziali, i giovani non vanno però né condannati, né assolti in blocco. Né tanto meno risolve le loro incertezze l’accusare d’inadempienza genitori e nuclei familiari, scuola e gruppi d’interesse, autorità pubbliche o altri. In situazioni di disagio, è sin troppo facile voler individuare – a tutti i costi – un capro espiatorio, addossandogli le responsabilità che i singoli attori sociali e la collettività nel suo insieme non vogliono assumersi. Per contro, penso che il "requiem" più opportuno per Leonardo e i suoi compagni di sventura sia un sincero "mea culpa" sull’indifferenza e il qualunquismo, che stanno avvelenando sempre di più i nostri rapporti interpersonali. È necessario un contratto collettivo generale!

Pubblicato il

13.05.2005 12:30
Martino Dotta