Nicoletta De Carli, Francesca Fumagalli e Patrizia Mattei Iniziamo dalla fine Nausea da registrazioni televisive riguardate in continuazione, video amatoriali, letture di analisi giornalistiche interminabili, documenti fotografici e fotografie private usa e getta, testimonianze personali da ripetere ininterrottamente, e ancora nausea… Immagini nitide, sature di colori e di fumo, che appaiono di notte e difficilmente svaniranno nei prossimi giorni d’inquietudine autunnale… Ma quali immagini? Le nostre o gli spezzoni abilmente filtrati dai media centro-europei, quasi a criminalizzare i manifestanti? Lunedì 16 luglio 2001 Dogana di Chiasso: tre lacrimogeni sparati su una trentina di giovani ciclisti pacifici tedeschi diretti a Genova e diversi curiosi. Sospesi gli accordi di Schengen: l’idea di partecipare alla grande manifestazione anti-globalizzazione da desiderio astratto diventa necessità. Sondiamo la Rete in cerca di conferme. Venerdì 20 luglio 2001 Casello autostradale Genova-Est, pomeriggio, alle nostre richieste d’indicazioni sulla «viabilità» un giovane casellante ci parla di due morti e ci consiglia l’uscita seguente salutandoci con un «Hasta siempre». Proseguiamo senza eccessive difficoltà casualmente proprio verso l’ormai noto Stadio Carlini, immergendoci immediatamente in quello che a noi, inesperte, sembra essere un clima da guerriglia, sudamericana o balcanica, a scelta. Allibite osserviamo automobili incendiate, cassettoni di spazzatura divelti, numerosi gruppi vaganti di persone dal volto più o meno coperto, sporchi di sangue, che avanzano tra vetri rotti sparsi ovunque, fumo e un continuo frastuono da elicotteri sovrastanti. Infilandoci in strette viuzze raggiungiamo il quartiere Albaro e ci dirigiamo a piedi verso il lungomare e Piazzale Kennedy, luogo di coordinamento, incrociando gruppi di spagnoli, inglesi, greci e altro a cui chiediamo informazioni, che ci sembrano subito molto confuse. Nella Piazza un grande palco sul quale si alternano membri del Genoa Social Forum e testimoni dei fatti del pomeriggio: si parla sempre di due morti, decine di feriti, scontri in corso e si tenta un programma per le ore successive. L’atmosfera è intensa e disorientata. Fumo all’orizzonte, sempre elicotteri. Piazzale Kennedy, sera, forse 70.000 persone, più di 1000 associazioni con bancarelle, donne afghane e palestinesi, contadini latinoamericani, kurdi e corsi, associazioni di studenti; una moltitudine di persone, videocamere, bandiere, discussioni e canzoni. Acqua e panini gratis: non uno spintone nelle code, non un commento aggressivo, nessun impedimento nel filmare o fotografare. Torinesi forniscono bevande in cambio di una qualsivoglia offerta. Sembra di essere dove non siamo state mai. Tentativo di Gad Lerner di fare una diretta per «La 7», con il sindaco di Genova, Agnoletto e alcuni membri del Gsf, si parla ora di un solo morto. L’ambiente è teso, il dibattito degenera, volano bottiglie e la diretta viene interrotta: avvertiamo la prima sensazione di essere schiacciate dalla marea umana. Pressione altissima, sempre frastuono di elicotteri, fari abbaglianti, buio impone. Zona gialla, esterno notte, vetrine rotte, rottami di automobili, detriti, braci fumanti, scarse figure vaganti, vetri, vetri, vetri per chilometri percorsi in macchina, fino allo Stadio Carlini, dove la paura sembra materializzarsi in sguardi vigili e corpi stravolti. Due giovani ragazzi francesi che si trovavano in Piazza Alimonda al momento dell’uccisione di C.G.ci implorano un passaggio in automobile, dopo una notte piena di tensione già trascorsa allo Stadio, malgrado abbiano notevole esperienza di proteste anti-mondializzazione. La discussione spazia dalla necessità di partecipare alla manifestazione dell’indomani al degrado della comunicazione intesa come messa in comune culturale. In Piazzale Kennedy migliaia di sacchi a pelo e bandiere a terra. Sabato 21 luglio 2001, manifestazione A piedi verso Piazza Sturla incrociamo decine e decine di blindati e poliziotti in tenuta di assalto. Assistiamo al formarsi della testa del corteo e scegliamo di unirci a «Lega Ambiente», situati nel primo terzo. Manifestazione immensa e coloratissima, striscioni infiniti , musica e canzoni, «Effetto serra ucciderà la terra» alternato a «Berlusconi assassino» e «One solution revolution», sterminata massa pacifica da non riuscire ad abbracciarne con uno sguardo o un obiettivo l’inizio o la fine: 200.000, 300.000, emozioni forti, attenzione vigile, caldissimo. Soste interminabili, scarsità di informazioni, penuria d’acqua promessa e pure di polizia. Elicotteri. All’altezza di Piazzale Kennedy un gruppo infiltrato passa in testa al corteo, la polizia attacca, sparano lacrimogeni, l’immenso cordone umano si spezza e ci ritroviamo trascinate di corsa verso l’ inizio della manifestazione ricomposta frettolosamente direzione stazione di Brignole. Disincanto passeggero, smarrimento temporaneo: ci lasciamo riassorbire da danze, canti, slogan, innaffiati da una popolazione genovese solidale, che regala mele ed appende mutande sui davanzali. In Piazza Ferraris termine ufficiale, discorsi frettolosi, affluenza di manifestanti con maschere anti-gas dal fondo del corteo frantumato, confermano gli scontri. Mancanza totale di indicazioni da parte del Gsf; i gruppi più organizzati fuggono verso i pullmann. Unico contatto con l’esterno: via Sms. La sola direzione priva di scontri sembra essere quella verso cui ci respingono, il carcere di Marassi, periferia Nord, a ridosso delle montagne. Piazzale Marassi, più tardi, impressione di essere topi in trappola: migliaia di persone vaganti, bloccate tutte le vie per lasciare la città o tornare verso il centro, i pullmann non partono, ogni tentativo di movimento viene ricacciato dalla polizia, colonne di fumo ovunque, odore di gas. Incredule, ci chiediamo com’è possibile che si carichino manifestanti pacifici e stanchi che tentano di andarsene, ma riusciamo ad infilarci su un’interminabile scalinata, mentre alle nostre spalle la polizia strappa dai pullmann manifestanti in partenza e picchia tutti. Ore 21.00 circa, finalmente giungiamo a Piazzale Kennedy in autostop: un giornalista e la sua compagna, sconvolti e quasi senza parole, malmenati duramente con altri manifestanti disarmati al momento del primo attacco alla manifestazione, raccontano. Ascoltiamo decine di testimonianze e ricostruiamo cos’è accaduto al resto del corteo massacrato. Piazzale Kennedy; stralunate in un paesaggio devastato, in un’atmosfera irreale, piena di fumo e di luce metallica, vaghiamo sul lungomare. L’orizzonte del possibile, meta finale di una manifestazione ideale ci invade, immagine di una solidarietà planetaria negata da una minoranza blindata. Sobbalziamo ad ogni passaggio di elicotteri.

Pubblicato il 

31.08.01

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato