Regime minorile alla stampa

“Stampa e minori, tutto esaurito”. Così titolava un mese fa il Corriere del Ticino. La notizia, pensiamo, è passata inosservata ai più. In ogni caso non ha suscitato nessuna reazione pubblica fra i politici nostrani. Una cappa di rassegnato silenzio è scesa ormai da qualche mese sulla sorte dei detenuti minorenni in attesa di giudizio. I clamori suscitati dal caso di Anthony – il giovane nigeriano impiccatosi a inizio settembre in una cella delle Pretoriali di Bellinzona – sono lontani. Da allora i minorenni in detenzione preventiva non finiscono più alle malfamate Pretoriali, ma in un apposito reparto ricavato al penitenziario della Stampa. Così molti – nella fiduciosa attesa del carcere giudiziario dove i minori avranno una sezione tutta per loro – si sono messi il cuore in pace. Non importa se in ognuna delle tre celle della Stampa si è arrivati a stipare tre ragazzi. Al limite della legalità, se non illegale, la soluzione escogitata dal Dipartimento istituzioni e dalla Magistratura dei minorenni può essere considerata come l’inevitabile, provvisorio male minore soltanto a una condizione: che ci si limiti a chiedersi come siano detenuti questi ragazzi, senza interrogarci sul fatto stesso che in uno stabilimento di pena per adulti siano rinchiusi – a volte per settimane o mesi – degli adolescenti nei confronti dei quali una decisione di carcerazione preventiva dovrebbe essere presa solo in ultima ratio. area si è posta sia la prima che la seconda domanda. Questa settimana illustra alcuni problemi logistici e istituzionali sorti dopo l’apertura del comparto minorenni alla Stampa. La prossima affronterà il nocciolo della questione, ovvero le implicazioni del ricorso sempre più frequente alla carcerazione preventiva di adolescenti, in particolare da parte del Magistrato dei minorenni in Ticino. Celle poco arieggiate, poco illuminate, a tratti sovrappiene, zuffe, contatti visivi con reclusi adulti, agenti di custodia della Polizia penitenziaria messi a dura prova. Non saranno le Pretoriali, ma non sono un granché meglio le tre celle (due di tre posti, una di due) del comparto minorenni aperto a fine settembre al pianterreno del blocco B della Stampa. I giovani fra i 15 e 18 anni che vi soggiornano in attesa di giudizio possono usufruire della palestra, della biblioteca, di spazi (per altro poco usati) dove eseguire dei lavoretti manuali. Passano ore e ore davanti al televisore, a volte guardando le videocassette prese in prestito nella biblioteca. Possono anche fare qualche passo in più di quelli che facevano durante l’ora d’aria nel “gabbione” delle Pretoriali di Bellinzona. Ma il bello finisce qui. Dalla sua apertura, il comparto minorenni del penitenziario cantonale fa segnare un tasso di occupazione sempre (o quasi) superiore al 50 per cento. A metà dicembre c’erano otto adolescenti. In ottobre dieci ragazzi hanno condiviso per qualche giorno le tre celle. Ora sono cinque, tutti sospettati di aver commesso reati gravi: dal tentato omicidio allo spaccio di cocaina, alle ripetute aggressioni a scopo di rapina. Il carcere preventivo, in alcuni casi, si protrae per settimane o mesi. Una delle conseguenze del temporaneo sovraffollamento, della scarsa intimità e di una virtuale inattività, sono i frequenti litigi. «Il comparto è stato messo in piedi dalla sera al mattino. I posti sono pochi e perciò ci sono stati problemi di convivenza, soprattutto nel periodo di “punta” da metà novembre a metà dicembre», riconosce il Magistrato dei minorenni Silvia Torricelli. Ma ancor più grave dei litigi è l’impossibilità di evitare del tutto i contatti fra i detenuti adulti e i minorenni. In un’occasione, nei pressi dell’infermeria, un adulto è arrivato a minacciare un ragazzo. E nell’atrio adibito ai colloqui, detenuti maggiorenni e giovani in carcere preventivo incrociano tranquillamente lo sguardo gli uni con gli altri. L’incarcerazione di numerosi giovani allo stesso tempo, infine, favorisce il confronto, e quindi la competizione. «Si innesca una dinamica perversa: chi ha compiuto più misfatti acquisisce maggiore autorità. In questo senso, il carcere tende a trasformarsi in una scuola del crimine», afferma un operatore che conosce il settore. «Le Pretoriali non erano il posto adatto, ma nemmeno la Stampa lo è. Qui i giovani non fanno altro che accumulare altra cattiveria», dice Vincenzo Ossola, da 35 anni cappellano del penitenziario. La situazione non piace più di tanto neppure al capo del Dipartimento istituzioni Luigi Pedrazzini (si veda l’intervista sotto), a cui padre Callisto Caldelari – presidente della Commissione permanente di coordinamento per l’aiuto alle vittime di reati – ha già manifestato la preoccupazione sua e dei suoi colleghi: «È inammissibile. Questo tipo di carcerazione può lasciare segni indelebili nella vita dei giovani. Non vale la ragione che in Ticino non ci siano delle strutture per gli adolescenti che hanno infranto la legge», reclama Caldelari. Avviato a fine settembre dopo il suicidio di un adolescente nigeriano alle Pretoriali di Bellinzona (si veda il box), il progetto “comparto minorenni” al penitenziario cantonale della Stampa sta creando qualche tensione istituzionale. Il carcere dipende dalla Sezione esecuzione pene e misure (Sepem) del Dipartimento istituzioni, ma il reparto ricavato nel suo blocco B è posto sotto la responsabilità del Magistrato dei minorenni Silvia Torricelli. Le discussioni sull’estensione e i limiti delle rispettive competenze sono frequenti. Negli ultimi mesi sono volate parole grosse fra il direttore del penitenziario Armando Ardia e Silvia Torricelli. Anche l’operato della Commissione di sorveglianza delle condizioni di detenzione – un organo del Gran consiglio composto di 7 membri – sta dando luogo a non pochi malintesi e malumori. Torricelli ha scritto lo scorso 12 dicembre al presidente del Gran consiglio Oviedo Marzorini chiedendo un incontro sia per chiarire cosa possono e cosa non possono fare i suoi membri all’interno del comparto minorenni, sia per richiamare la Commissione parlamentare a maggior circospezione e al rispetto della separazione dei poteri. «Non mi sottraggo alla vigilanza, anzi la auspico», afferma Silvia Torricelli. Alcuni membri della commissione di sorveglianza si erano recati alla Stampa quando per il comparto non esisteva ancora un regolamento definitivo, «pretendendo e ottenendo una copia di quello provvisorio», documento interno per il quale «bisognava chiedere l’autorizzazione»: «Non l’hanno fatto e ciò mi ha dato fastidio. Poi ho saputo che hanno chiesto informazioni sulle inchieste ai detenuti, cosa che non possono fare», dice Torricelli. Intanto, il consulente giuridico del Gran consiglio Michele Albertini sta preparando un parere sulla questione. Ne riferirà entro breve all’Ufficio presidenziale, che poi dovrebbe incontrare sia Torricelli sia i membri della Commissione. Da un punto di vista giuridico pare comunque fuori discussione il principio secondo cui a quest’ultima compete la sorveglianza sulle condizioni di detenzione di tutte le persone private di libertà, compresi i minorenni. La lettera di Silvia Torricelli ha però fatto arrabbiare il deputato Ps Giuseppe “Bill” Arigoni, fino allo scorso maggio coordinatore della Commissione nei confronti della quale si dichiara ora in “obiezione di coscienza”. Il regolamento interno gli impedirebbe di parlare, ma lui lo fa lo stesso: «Innanzi tutto non è vero che abbiamo chiesto dettagli sulle inchieste. Noi non entriamo mai nell’ambito delle inchieste in corso», precisa. «Ci sono situazioni – prosegue Arigoni – che toccano in profondità la coscienza e che ci obbligano a violare i regolamenti. Il fatto che a metà dicembre fossero reclusi 8 minorenni alla Stampa e che durante le vacanze natalizie fossero ancora 5 o 6 è sconcertante, e rende ancor più grave la situazione». Bill Arigoni considera infine «un ricatto ignobile» il fatto che non appena si parla dei problemi sorti nel comparto minori alla Stampa ci si rifugi dietro una presunta “mancanza di alternative” e si minacci di tornare a far ricorso alle Pretoriali. Pedrazzini: non abbiamo alternative Luigi Pedrazzini,* come valuta sin qui il progetto “comparto minorenni” alla Stampa? Sono note le circostanze che ci hanno imposto di trovare una soluzione presso il Penitenziario cantonale della Stampa (Pct) per l’incarcerazione preventiva dei minori. Si tratta di una soluzione transitoria non ideale, che non può piacere più di tanto al capo del dipartimento. A breve termine non abbiamo però alternative. Abbiamo comunque cercato di disciplinare la presenza dei minori all'interno del Pct in modo da ridurre al minimo possibile i problemi, fermo restando che la conduzione di questo reparto avviene in stretto coordinamento con la Magistrata dei minorenni. Nelle tre celle a disposizione a metà dicembre c’erano 8 minorenni. A un certo punto si è arrivati a un massimo di dieci. Quotidianamente scoppiano litigi e risse. A suo avviso è sostenibile a medio termine (fino all’apertura del carcere giudiziario) un tale tasso di occupazione per le persone direttamente coinvolte, adolescenti incarcerati e agenti di custodia? Abbiamo effettivamente avuto, prima di Natale, per alcuni giorni, una situazione difficile che ora appare superata. Se il numero dei giovani detenuti dovesse ritornare durevolmente a questi alti livelli, la situazione diventerebbe oggettivamente non gestibile presso il Pct. Mi risulta comunque che dal 16 dicembre in avanti il numero è rimasto invariato a 5 unità. Avete già individuato eventuali alternative? L’unica alternativa oggi disponibile è l’utilizzazione, compatibilmente alle esigenze dell’inchiesta, di strutture adeguate fuori cantone. Allo scopo il dipartimento ha intensificato i rapporti di collaborazione con gli altri cantoni (in particolare del concordato romando) che dispongono di strutture idonee (e in effetti ciò ha permesso in tempi recenti il trasferimento di due minorenni). Segnalo che la collocazione fuori cantone vale in particolare per l’espiazione della pena da parte di un minorenne. Se il numero delle incarcerazioni dovesse giustificarlo, e non potessimo fare capo alla collaborazione con gli altri cantoni, valuteremo quali altre possibilità di soluzione. La nostra priorità è però oggi quella di fare in modo che il nuovo carcere giudiziario possa essere aperto nei tempi previsti. In una recente interrogazione, il deputato Ps Mario Ferrari scrive che «la Magistratura [dei minorenni] ricorre con grande facilità all’incarcerazione e sembra perfino amplificare in modo sospetto i dati sulla delinquenza minorile». A lei risulta tale prassi? A me risulta che le incarcerazioni ordinate dalla Magistrata dei minorenni sono state confermate dal Giudice dell’istruzione e dell’arresto, così come mi risulta (sulla base di uno studio commissionato dal Dipartimento attualmente in fase di aggiornamento) che assistiamo effettivamente a un aumento della delinquenza minorile. * intervista realizzata via e-mail

Pubblicato il

14.01.2005 03:00
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