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Ratna, speziale, Kathmandu
di
Virginia Pietrogiovanna
Mi chiamo Ratna Shakya e ho quarantacinque anni, da una decina d’anni ho aperto a Jyatha, un quartiere di Kathmandu, un piccolo negozio dove vendo spezie. Passo tutta la mia giornata seduto fra sacchi e cassetti profumati. Non ho molto spazio, ma da me si trova di tutto: zenzero, coriandolo, curry, pepe, tè nepalese e naturalmente vendo anche “betel”, foglie ripiene di spezie e pezzi di noce di areca da tenere in bocca e masticare a lungo, per la digestione e per il semplice piacere di masticare. Da qualche anno ho anche zafferano, me lo porta un tale che lo fa arrivare direttamente dal Cashmir. Per via del prezzo lo zafferano lo acquistano solo i turisti. La gente di Kathmandu, soprattutto in questo periodo, fra Marg e Phalgun, quando fa più freddo, compera per lo più le erbe medicinali raccolte sugli altipiani, che io ricevo da un dolpa, e la polvere rossa che si usa per il giorno della “tika” e nei “puja” mattutini assieme al riso e ai petali di fiori profumati. Mata-ji, per esempio è venuta anche oggi, come quasi tutti i giorni, a prenderne un sacchettino per la cura e le offerte alle divinità. Fra tutta la mia merce la più venduta è sicuramente la polvere del buon augurio, perché le offerte, qui in Nepal, vengono fatte sia ai tempi induisti che agli altarini buddisti. Se mi chiedessero se sono induista o buddista, risponderei entrambe le cose, qui le due religioni coesistono e formano un insieme di culti mescolati. Come gli abitanti di questo paese. In Nepal vivono una decina di gruppi etnici, ciascuno con la propria lingua e cultura e accanto a me (che sono un newar) possono sfilare thakali, gurkha o sherpa. Senza contare la gente che viene da fuori che si riversa nelle nostre strade, soprattutto qui a Kathmandu. Negli ultimi dieci anni i turisti hanno preso d’assalto il mio paese, tanto che spesso con Naga, un anziano signore di origini indiane, parliamo delle piogge monsoniche e del turismo come di due benedizioni malefiche. Il periodo monsonico disseta la terra e la rende fertile, ma finché dura trasforma il nostro paese in una valle umida e fangosa, i turisti portano molte occasioni di ricchezza, ma al tempo stesso hanno degradato questo paese a una sorta di bancarella dove tutto si compera coi dollari. Proprio oggi si sono fermati davanti a me due giovani in vacanza. Mi hanno chiesto se potevano farmi una fotografia, proprio qui, nella mia bottega. Non che la cosa mi piacesse, ma ho accettato, sperando che facessero presto e se ne andassero. Poi, solo per essermi lasciato fotografare, mi hanno offerto del denaro, che ho rifiutato e infine hanno voluto comprare qualcosa, per fare forse una buona azione nei confronti del povero speziale nepalese. Dopo un rapido sguardo ai miei sacchi mi hanno chiesto una noce di polvere rossa quando non hanno templi né dei da onorare. Due dollari mi hanno offerto per quello che per loro è solamente un pizzico di polvere colorata “molto caratteristica”. Ho rifiutato di nuovo: volevano comperarsi anche la nostra devozione? E proprio oggi, che se non erro festeggiano una sorta di Tihar o di Buddha Jayanti, cioè la nascita del loro dio?
Pubblicato il
20.12.02
Edizione cartacea
Anno V numero 39
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