Le testimonianze pubblicate da Work dell’ex dirigente Liechti e di Sebastian Widmer*, ex direttore di un deposito merci, sgretolano il muro di gomma aziendale eretto contro la denuncia sindacale di tre anni fa, quando Unia pubblicò il documento “Il sistema DPD”. Un documento redatto grazie alle testimonianze di duecento corrieri, dove si evidenziavano le sistematiche violazioni alla legge sul lavoro subite dagli autisti targati DPD ma in realtà tutti dipendenti di aziende subappaltatrici. Il subappalto è l’impalcatura su cui si regge il sistema DPD. Senza di esso, le condizioni di lavoro pessime e illegali non sarebbero possibili, ha confermato l’ex dirigente Liechti a Work. «Era chiaro a tutti: i subappaltatori servivano a trasferire la responsabilità» ha rincarato Widmer*, l’ex direttore di uno dei depositi merci di DPD dislocati nel paese. Le ultime due testimonianze si aggiungono a recenti inchieste giornalistiche andate in onda sulla televisione pubblica svizzerotedesca (SRF). Per mesi la squadra di SRF Investigativ (la cellula di giornalisti investigativi) si è intrattenuta con autisti che lavorano o hanno lavorato per DPD Svizzera ed ex titolari d’imprese subappaltatrici. «Corrieri che lavorano fino ad ammalarsi, subappaltatori non sufficientemente retribuiti per il loro lavoro e esternalizzazione dei rischi da parte dei dirigenti di DPD. È il modello di business di DPD Svizzera in atto da anni» è il riassunto dell’inchiesta, che qui potete visionare. Nel servizio è stato intervistato anche Alexander Ott, capo della polizia bernese dell’immigrazione, unità che sul finire del 2023 ha svolto un controllo importante presso il deposito DPD di Berna. Dal controllo sono emerse numerose irregolarità nelle condizioni di lavoro degli autisti, segnati da giornate lavorative lunghe fino a dodici ore. Alla domanda dei giornalisti su come descriverebbe il modello DPD, Ott ha risposto: «Ich sage auf Berndeutsch: es ist eine Sauerei (Glielo dico in dialetto bernese: è una porcheria, ndr)». Interpellata dai giornalisti, DPD insiste nel ripetere la versione ufficiale adottata fin dall’inizio delle critiche: non è vero niente. Eppure, sottotraccia qualcosa si sta muovendo. «Quando tre anni fa siamo usciti col documento “Sistema DPD”, dei novecento corrieri neanche uno era alle dipendenze dell’azienda di distribuzione. Erano tutti in subappalto. Oggi invece, duecento corrieri sono direttamente alle dipendenze dell’azienda. Quasi un quinto dei corrieri totali» racconta Roman Künzler, responsabile di settore del sindacato. L’ex dirigente Liechti conferma: «La sede principale di Parigi era assolutamente contraria all’assunzione diretta dei corrieri. Senza la pressione di Unia non l’avremmo mai fatta. O almeno, non così velocemente». Una parte importante di responsabilità dell’illegalità prolungata negli anni è da attribuire alle autorità svizzere, denuncia il sindacalista Künzler. «Da tre anni documentiamo le sistematiche violazioni della legge di DPD, senza che l’azienda sia mai stata seriamente monitorata dalle autorità competenti. Solo nel Canton Berna, alla vigilia di Natale 2023, le autorità hanno effettuato un’ispezione accurata. Dai controlli è emerso che alcuni autisti avevano lavorato fino ad ottanta ore settimanali. Sei dipendenti su quaranta erano sprovvisti di permesso di lavoro o di soggiorno» spiega il sindacalista, riferendosi al medesimo controllo citato nel servizio giornalistico SRF. Il lassismo delle autorità permise all’azienda di attuare delle rappresaglie contro i corrieri che si erano organizzati sindacalmente nel rivendicare i loro diritti nel 2021. In Ticino, qualche settimana fa si è tenuta la prima udienza relativa alla denuncia di licenziamenti antisindacali di quattro ex corrieri, tutti membri del collettivo operaio DPD di Giubiasco, che furono lasciati a casa tre anni fa. I legali dell’azienda hanno chiesto il trasferimento della causa nel Canton Zurigo, sede principale di DPD Svizzera. A tre anni dai licenziamenti, la giustizia ticinese prosegue nel suo lento accertamento della verità. |