Il Comitato che si oppone alla legge che introduce il divieto di fumare negli esercizi pubblici si è autodefinito “Comitato basta divieti e più libertà”, sostenendo che la battaglia che conduce è «una battaglia positiva combattuta in favore delle libertà individuali…». Anche se in quel Comitato sono rappresentati tutti i partiti dell’arco parlamentare è indubbio che lo zoccolo duro sia leghista e che da molti il concetto di libertà della Lega dei ticinesi, come quello della sua sorella maggiore padana, sia ritenuto molto particolare. Basti pensare che anche la nostra Lega ha sostenuto che l’ultima provocazione di Calderoli sarebbe una manifestazione di libertà e non un’irresponsabile strumentalizzazione politica dell’odio, tanto più grave in quanto fatta da un ministro in carica. La libertà individuale è la facoltà di una persona di fare una determinata cosa. Questa libertà può essere limitata dai doveri, dalle proibizioni definite dal diritto, ma anche dalla pressione sociale quando stigmatizza determinati comportamenti in particolare nei confronti delle classi subalterne. Inoltre il suo esercizio può essere limitato dall’ignoranza o dalla mancanza di mezzi, mentre può essere amplificato persino oltre le limitazioni giuridiche a favore di chi possiede grandi mezzi e informazioni. Basta pensare alla possibilità per una persona, che dispone dei mezzi e delle informazioni necessarie, di fare altrove quello che, ad esempio, gli è proibito fare nel proprio paese. La libertà per essere un valore comune deve quindi essere uguale e questo aspetto è alla base di molte lotte per la libertà combattute dalle forze progressiste a partire dagli anni sessanta. Ma vi è un altro aspetto da tenere in considerazione. «Mentre è vero nella maggior parte dei casi che una più grande libertà risulta preferibile ciò vale soprattutto per il sistema delle libertà nel suo complesso e non per ciascuna delle singole libertà perché evidentemente se le libertà sono lasciate prive di limitazioni entrano in collisione reciproca» (Rawls, “Una teoria della giustizia”). Così ad esempio Rawls cita le limitazioni alla libertà di parola stabilite per permettere a un dibattito di svolgersi con ordine senza di che la libertà di parola perderebbe il suo valore. I divieti possono quindi servire per rendere le libertà compatibili, per dare loro un senso compiuto. È opinione diffusa e da me condivisa che le libertà individuali siano oggi più estese e più uguali di quanto non lo fossero nella prima metà del secolo scorso e che il livello di tolleranza, che deve accompagnare l’esercizio delle libertà, sia più elevato. Questo malgrado esistano certamente molti più divieti del passato perché l’aumento della popolazione, l’aumento dei consumi e lo sviluppo tecnologico hanno posto in collisione libertà e diritti diversi. Così ad esempio quando ero un ragazzo le fognature di Lugano entravano nel lago, ogni terreno era potenzialmente edificabile e non esistevano limitazioni di velocità per le automobili. Per quanto riguarda la libertà di fumare sessanta anni fa a nessuno sarebbe passato per la testa di introdurre dei limiti non solo per il tabacco, ma neppure per la canapa. Solo più tardi infatti venne creata una distinzione ipocrita tra droghe legali (alcool e tabacco) e droghe illegali tra le quali la canapa. Non solo, ma contro il fumo non esisteva nessuna influenza coercitiva proveniente dall’opinione pubblica. Anzi fumare era ritenuto un comportamento emancipato e/o raffinato che comportava al massimo raucedine, tosse e dita gialle, ma non morti premature. Oggi la ricerca scientifica ha dimostrato che il tabacco è una droga a pieno titolo dalla quale può derivare piacere, ma anche dipendenza e che il 50 per cento dei fumatori muore prematuramente a causa del tabacco. La conseguenza di queste nuove conoscenze a mio parere non deve portare a proibire di fumare perché ritengo che individui sufficientemente informati possano scegliere di mettere a rischio la propria vita se ritengono questo rischio un prezzo ragionevole da pagare in cambio del piacere che ne ricavano. Questo dovrebbe valere per il tabacco come per altre attività a rischio. Ma quello che non deve essere fatto è di mettere in pericolo la vita altrui. Da questo punto di vista le informazioni di cui oggi disponiamo hanno messo in collisione il diritto di fumare in un ristorante e il diritto alla salute degli altri clienti e, soprattutto, del personale che lavora in quel ristorante. La battaglia contro il fumo nei locali pubblici è quindi una battaglia per libertà uguali. Pretendere il contrario ha più a che fare con la prepotenza che con la difesa della libertà. I referendisti, quando avranno perso la votazione, sembra intendano ricorrere al Tribunale federale per anticostituzionalità del decreto. Sarebbe una gran bella cosa perché il giudizio del Tribunale federale, se affronterà il tema del concetto di libertà, potrebbe essere di interesse generale.

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24.02.06

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