Quella sera Thomas giocava a calcio

Il Muro stava crollando ma Thomas Hass non se ne accorse. La sera del 9 novembre 1989 era andato ad allenarsi con la squadra di calcio. Alle 18.53, quando il ministro della Propaganda della Repubblica democratica tedesca (Ddr) Günther Schabowski annunciò l'immediata apertura delle frontiere, lui rincorreva un pallone sul campo del suo paese, Birkenwerder, periferia nord di Berlino. Aveva 26 anni. Tornato a casa andò a dormire, il giorno dopo avrebbe dovuto alzarsi presto. Ma il mattino successivo, arrivato in ditta, il mondo non era più lo stesso. C'era aria di festa, molti colleghi non avevano chiuso occhio durante tutta la notte. Fu dato libero a tutti. E tutti andarono a Berlino Ovest.
Thomas aspettò la sua compagna, poi nel pomeriggio andarono insieme verso il centro città. 15 minuti di metropolitana, ci vorrà il visto o no? No, ogni controllo era saltato. Centinaia di migliaia di persone attraversarono quel giorno la frontiera. «C'era gioia pura, eravamo davvero un popolo unito, in quel momento», ricorda Thomas. Lui è elettricista. Oggi lavora al cantiere Alptransit di Faido. Prima della caduta del Muro non era mai stato in Occidente. Solo pochi mesi prima, nell'estate dell'89, aveva chiesto il visto per poter andare al battesimo di suo cugino a Leverkusen. Gli era stato negato. Quel 10 ottobre invece se ne stava in Kurfürstendamm con degli amici che erano riusciti ad emigrare a Berlino Ovest. «Facemmo festa fino a notte fonda. Era favoloso».
Lui di passare in Occidente non ci aveva mai veramente pensato. Certo ne parlava con gli amici, come in quell'estate dell'89 quando, in Ungheria, ritrovò un amico che due anni prima aveva ottenuto il permesso di stabilirsi a Berlino Ovest. «Ma in definitiva le cose non mi andavano male». Thomas all'epoca lavorava per l'unica impresa della Ddr che era in grado di realizzare case complete. «Guadagnavo 1'500 marchi orientali, il salario medio nella Ddr era di 800-900 marchi», ricorda. Inoltre, a differenza del resto del Paese, a Berlino c'era sempre tutto. «Ma sapevamo come stavano le cose nel resto del Paese. Vedevamo i canali tv della Germania Occidentale. Sapevamo che la Ddr prima o poi era destinata al fallimento». E del resto anche a Berlino «se non ti alzavi presto rischiavi di non trovare più nulla nei negozi».
La ditta per la quale lavorava Thomas nell'89 aveva 1'800 dipendenti. Quando chiuse, nel '92, ne erano rimasti 200. La Treuhand, l'agenzia governativa creata con la riunificazione per gestire il passaggio della Ddr all'economia di mercato, ci aveva messo un direttore che ne aveva amministrato il fallimento. Thomas trovò subito lavoro a Berlino, sui cantieri della ricostruzione della parte orientale. Chiusi quelli, nel '99 andò in Olanda, sul cantiere di una galleria: «in mezzo a tanti tedeschi dell'Ovest ero l'unico della ex Ddr. I colleghi continuavano a ripetermi quanto la Germania Occidentale era stata superiore, mi consideravano uno che rubava loro il lavoro. E questo dieci anni dopo la caduta del Muro», ricorda Thomas. Che nel 2003 trovò lavoro nel tunnel del Lötschberg prima di trasferirsi, due anni dopo, a Faido.
Ad essere decisamente cambiato, per gli ex cittadini della Ddr, è proprio il mondo del lavoro. «Nella Ddr non c'erano disoccupati e non c'erano licenziamenti. Questo creava dei rapporti interpersonali sui posti di lavoro più umani, molto diversi rispetto a quelli che si vivono oggi», osserva Thomas. «Oggi ognuno pensa solo a sé, non ci si interessa più degli altri». Thomas ha due figli, uno nato nell'88, l'altro nel '91: «un "Ossi" e un "Wessi"», cioè un orientale e un occidentale, dice lui ridendo. Ma poi torna serio: «un mestiere l'hanno imparato e ce l'hanno. Ma un lavoro sicuro quando l'avranno?». E se poi uno un lavoro ce l'ha, ma viene da un Land della ex Ddr, guadagna secondo l'Osttarif solo l'85 per cento di quel che guadagna un suo collega che viene dalla ex Germania Occidentale ed è pagato sulla base del Westtarif. «E questo vale anche a Berlino, perfino nell'amministrazione pubblica. E per il calcolo delle pensioni. Sapessi questo quanto ha complicato il mio divorzio», osserva Thomas.
Con i bambini piccoli Thomas e sua moglie poterono ancora approfittare della rete di infrastrutture messa in piedi nella Ddr per permettere ai genitori di lavorare. «Non smantellarono tutto da un giorno all'altro». Ma dovettero anche imparare a gestire in maniera del tutto nuova la loro vita. Non c'era più uno Stato che li sgravava di molte preoccupazioni, dalla previdenza professionale all'assicurazione malattia. «Ma eravamo giovani, potevamo ancora adattarci facilmente. Non fu uno choc, anzi, apparteniamo a quella generazione che è uscita vincente dalla riunificazione», dice Thomas. Che fra i perdenti mette la generazione dei suoi genitori. E forse quella dei suoi figli.
Eppoi c'era la Stasi, la polizia politica. Quando Thomas nell'87 era nell'esercito aveva infilato in una busta indirizzata ai genitori una lettera destinata ad un amico che viveva a Berlino Ovest. L'invio fu intercettato. Thomas passò due giorni agli arresti. «Ogni cittadino dell'Est ha storie simili da raccontare». Poco dopo la caduta del Muro l'allenatore della sua squadra di calcio radunò Thomas e i suoi compagni. «Confessò che era stato per tutti quegli anni nella Stasi, ma che lo aveva fatto per poter avere il suo lavoro. Ci chiese se lo accettavamo ancora come allenatore. Gli dicemmo che per noi non c'era alcun problema. La storia della Stasi è chiusa, non ci interessa più. Interessa solo ai media».
Thomas è felice che il Muro sia caduto. Così può viaggiare come, dove e quando vuole. Non è un nostalgico, ma si dice orgoglioso di essere un "Ossi", di aver vissuto nella Ddr e di aver visto la transizione: «dopo il saccheggio operato dai russi alla fine della guerra abbiamo pur sempre ricostruito un Paese moderno. E abbiamo dimostrato al mondo come si fa una rivoluzione pacifica». Una cosa per Thomas non è cambiata con la caduta del Muro: già prima infatti tifava per la nazionale di calcio della Germania occidentale. E ricorda con piacere due cose. La prima sono i Mondiali del 2006 in Germania, «quando abbiamo ancora saputo essere un popolo unito». L'altra sono i Mondiali del 1974, anche quelli in Germania. In quell'occasione ci fu l'unica partita ufficiale fra le nazionali delle due Germanie. Vinse quella dell'Est. «Ancora oggi sono fiero che li abbiamo battuti». Anche se poi quella Coppa del mondo se l'aggiudicò l'altra Germania.

Pubblicato il

06.11.2009 03:00
Gianfranco Helbling