Quella mia collega in carcere

La mia collega Idil Eser è in carcere dall’inizio dell’estate. Il suo crimine? Nessuno. È la direttrice di Amnesty International in Turchia. Dirige la sezione della nostra organizzazione nel suo paese, esattamente come faccio io in Svizzera. Qui però io posso lavorare senza rischiare di finire dietro le sbarre. In Turchia invece, da oltre un anno ormai, le persone che difendono i diritti umani sono considerate come pericolosi terroristi.
Idil non è l’unica ad essere in prigione. Per la prima volta in tutta la storia della nostra organizzazione, oltre 50 anni, sia il presidente sia la direttrice di una sezione sono detenuti contemporaneamente. E questo primato non è da attribuire a una dittatura tristemente nota per una lunga lista di prigionieri politici. Stiamo parlando di un paese il cui presidente, democraticamente eletto, è stato a sua volta un prigioniero di coscienza adottato da Amnesty!


Ho incontrato Idil un anno fa, quando era fresca di nomina. Questa donna di 53 anni, con lunghi capelli grigi e un sorriso contagioso, è piena di energia ed entusiasmo. Immaginarla marcire in carcere mi spezza il cuore. Ha perso i genitori quando era molto giovane e non ha figli, quindi ha solo diritto alle visite da parte del suo avvocato. Vorrei almeno avere la certezza che riceva le mie cartoline, ma nulla mi garantisce che non finiscano direttamente nella spazzatura dell’ufficio del direttore del carcere.


La mia collega è stata arrestata insieme con altre dieci persone responsabili di associazioni attive in Turchia. Tutte persone che si mobilitano per la difesa dei diritti fondamentali. Partecipavano a un seminario di due giorni sulla sicurezza informatica con due formatori, un tedesco e uno svedese, anche loro in carcere da quasi due mesi. Una formazione di routine che però è un delitto agli occhi delle autorità turche. Trattenere queste persone in carcere è un grottesco abuso di potere.


Tra le assurde accuse nei confronti di Idil figura il tentativo di collegare tre organizzazioni terroristiche non associate e rivali… O ancora il fatto di fare riferimento a due nostre campagne internazionali, nessuna delle quali ideata da Amnesty Turchia, tra le quali una che risale a prima che Idil incominciasse a lavorare per la nostra organizzazione.


Questi arresti non fanno altro che confermare la deriva attualmente in corso in Turchia: le attività legittime dei difensori dei diritti umani sono diventate dei crimini. Si tratta di una persecuzione a carattere politico. Le autorità turche devono liberare Idil e tutte le persone ingiustamente detenute.

Pubblicato il

31.08.2017 14:17
Sarah Rusconi