In Ticino dal 1991 ad oggi sono stati persi circa 2500 posti federali (ciò che corrisponde ad un terzo di quelli che aveva). Il Governo cantonale se ne preoccupa? Non con la premura auspicata da alcuni granconsiglieri, tra cui Dario Ghisletta, che abbiamo sentito. Dopo innumerevoli interpellanze parlamentari su questo argomento, presentate nella notte dei tempi, finalmente il Consiglio di Stato è uscito dal torpore e settimana scorsa ha parlato per voce di Marina Masoni. Ma Dario Ghisletta, promotore di tante puntuali interpellanze non era per nulla soddisfatto della lunga risposta ottenuta: "sono molto scontento: il Consiglio di Stato si muove solo adesso, quando ormai i buoi sono fuori dalla stalla. A parte la mancanza di tempestività dimostrata, devo anche aggiungere che nella sostanza non ho trovato un minimo di forza che mi lasci sperare che il Cantone si adopererà nelle rivendicazioni per ottenere la salvaguardia dei posti federali attuali o il compenso per quelli ormai perduti". E settimana scorsa Ghisletta non era l’unico profondamente scontento per l’intervento della direttrice del Dfe. "No" conferma Ghisletta "persino Edo Bobbià che, oltre che parlamentare, è anche vicepresidente del Partito liberale radicale ticinese si è dichiarato insoddisfatto, della risposta ricevuta". È seguito un acceso battibecco e Bobbià, che aveva pure lui presentato un’interpellanza sui posti federali, ha rivolto parole dure alla presidente del Governo invitandola ad ammettere di non essersi affatto mossa. E Masoni s’è fatta schermo dicendo che aspettava il rapporto della Task Force che è stata istituita appositamente per studiare il problema. Ma rileva Ghisletta che "in tal caso spettava ancora al Consiglio di Stato sollecitare il prosieguo dei lavori". D’altro canto, continua Ghisletta, "a me la questione formale dell’inadempienza del Dfe nel rispondere entro i termini previsti dalla legge m’interessa marginalmente. Il guaio è che la questione formale finisce per ripercuotersi su quella sostanziale. Stupisce che alle volte ci si abbandoni a discussioni infinite sui colori della bandiera cantonale trascurando questioni più importanti". Infatti il tempo scorreva e le ristrutturazioni avanzavano nel totale immobilismo del Governo. Ma allora si può difendere la politica delle ristrutturazioni delle ex regie federali? Secondo Masoni le ristrutturazioni sarebbero volte al nobile obbiettivo di rendere queste aziende più competitive. E Ghisletta aggiunge: "Nessuno mette in dubbio che ci vogliono dei cambiamenti dei modi di lavorare nelle ex regie federali. Sarebbe ottusamente nostalgico lottare affinché venga mantenuta la figura del capostazione con le paletta bianca e verde che fa partire i treni, ad esempio". Una posizione difensiva non si giustifica visto che ci sono stati dei cambiamenti nel modo di lavorare dovuti allo sviluppo delle nuove tecnologie, eppure "il Ticino avrebbe dovuto rivendicare i compensi dei posti di lavoro che sono andati persi. E avrebbe dovuto cercare di conservare i posti di lavoro, per esempio nelle Officine delle Ffs. Questo per permettere la formazione del personale". La sintesi è questa, secondo Ghisletta: "il Governo dovrebbe adoperarsi per la difesa dei posti di lavoro federali in Ticino". Per questo l’atteggiamento del Dfe ci lascia dubbiosi: se non è il Governo ticinese ad avere a cuore le sorti del cantone, chi per esso? "Appunto — incalza Ghisletta — Masoni è interessata soprattutto al rilancio economico nel settore privato delle piccole e medie industrie. Insiste sul rilancio competitivo". Allora che ne è della politica regionale? Non si può fingere di non notare che nelle ristrutturazioni fatte a livello federale, il Ticino è risultato particolarmente penalizzato... "Sempre Masoni — spiega ancora Ghisletta — dice che bisogna abbandonare una politica improntata sui regionalismi. Mi spaventa il fatto che sostenga che la politica regionale non la si fa più difendendo i posti federali. Io ho ribadito che non si fa solo così, ma anche così. Mi pare che la situazione non le stia così a cuore tanto da indurla a qualche parola energica in merito. Di certo non la vedremo mai sbattere uno scarpino sul tavolo come Krushev per difendere i posti federali". Quale sarebbe dunque la politica regionale attuale? "Per Masoni si basa soprattutto sui posti competitivi nel settore privato. Secondo me è fatta anche di posti nel settore pubblico da mantenere". Il danno subito dal Ticino è chiaro. L’abbiamo già detto: 2500 posti di lavoro perduti che corrispondono ad una massa salariale stimabile a grossomodo 250 milioni di franchi. Guardando al futuro v’è modo di salvare qualcosa? "Sì. Ci sono dei progetti. Ad esempio c’è quello dei centri di telecomando del traffico. Ancora una volta si tratterebbe di muoversi per tempo per rivendicare uno di questi centri anche per il Ticino. Purtroppo non mi risulta che finora si sia mosso qualcuno in questa direzione".Tra le proposte, che troviamo in appendice allo stesso rapporto della Task Force, v’era quella di creare una Banca postale. Davvero sbalorditiva la reazione di Masoni, nota alle nostre latitudini come devota al culto incondizionato della libera concorrenza. Il Dfe, ripondendo ad un’interpellanza dello stesso Ghisletta sull’opportunità di creare la Banca postale, ha respinto il progetto perché questa "raccogliendo capitali in Ticino entrerebbe in competizione con la Banca dello Stato". Come si spiega questa svolta protezionista? Non si sa e intanto anche "i sindacati della posta si pronunciano in maniera molto critica nei confronti della decisione del Cds. L’idea è che la Banca postale potrebbe realizzare degli utili che servirebbero ad impedire lo smantellamento della rete postale in Ticino". Come legge Ghisletta il rapporto che è stato redatto dalla Task Force? "Lo leggo in positivo per quanto concerne la fotografia che è stata fatta della situazione attuale . Lo leggo in negativo per l’inconsistenza della proposta politica alla quale giunge. Per dare un giudizio aspetto però di vedere in concreto come verranno tradotte queste indicazioni di intervento. Dobbiamo tradurre questa fotografia in rivendicazioni per tentare il recupero di almeno una parte di quello che si è perso".
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