Quel Joseph che non è più saggio

Con le sue dimissioni, Joseph Deiss ha sorpreso in egual misura tutti i partiti, anche lo stesso Ppd. Ma le loro reazioni sono state ovviamente diversificate. Popolari democratici e radicali hanno lodato l’impegno del ministro e la sua capacità di dialogo. A sinistra, il presidente del Pss, Hans-Jürg Fehr, ha riconosciuto al consigliere federale democristiano «indipendenza», una posizione «di centro» e l’attitudine al rispetto di «concordanza e collegialità». Tutte qualità che, secondo Fehr, «sono condizioni di base anche per la sua successione». Per i verdi, Deiss non si è mai veramente profilato, né come ministro degli esteri, né come ministro dell’economia: ha semplicemente seguito la linea propugnata dal Segretariato di stato dell’economia. Caustico il giudizio dell’Udc, che accusa Deiss di essere stato un ministro incolore e di non aver fatto granché. In effetti, la figura dell’esponente democristiano friburghese non ha mai entusiasmato, neppure nel suo partito, benché nessuno possa muovergli grandi rimproveri. Si dice che abbia deciso di andarsene dopo aver visto i suoi colleghi borghesi in governo trattar male il socialista Leuenberger. Sarà. Ma una cosa è certa: le dimissioni di Deiss rispondono a motivi tattici, visto che manca poco più di un anno alle elezioni federali. In altre parole, levando le tende ha fatto un piacere al suo partito, che in quest’anno preelettorale può profilarsi meglio con una personalità più vivace di lui in governo. L’operato di un consigliere federale non si può tuttavia liquidare con un’alzata di spalle. Bene o male anche Deiss ha lasciato il segno. Ed allora occorre guardare più da vicino i suoi sette anni in governo. Nel periodo trascorso alla testa del Dipartimento federale degli esteri (1999-2003), il maggior successo che può vantare Joseph Deiss è l’adesione della Svizzera all’Onu nel 2002. Altro momento culminante è stata l’approvazione in votazione popolare nel maggio 2000 del primo pacchetto di accordi bilaterali con Bruxelles. Nel 2004, Deiss è stato anche presidente della Confederazione. La sua elezione a questa carica è avvenuta in circostanze particolari perché ha coinciso con la mancata riconferma della sua collega democristiana in governo Ruth Metzler. L’Assemblea federale ha preferito rompere la formula magica che reggeva dal 1959 e sostituire la Metzler con Christoph Blocher in governo. Se fosse toccato a Deiss farsi da parte, sarebbe stata proprio la Metzler ad accedere alla presidenza della Confederazione. Durante il suo anno presidenziale, Deiss ha comunque dovuto richiamare più volte i suoi colleghi di governo al rispetto della collegialità. Succeduto a Pascal Couchepin nel 2003 quale ministro dell’economia, Deiss ha ottenuto nel settembre scorso il sì popolare all’estensione della libera circolazione delle persone ai nuovi dieci stati membri dell’Ue. Ha inoltre riorganizzato il suo dipartimento, in particolare il Segretariato di stato dell’economia, da lui giudicato troppo poco agile. Rispetto allo stile del suo predecessore, il consigliere federale friburghese ha adottato nei confronti del mondo agricolo un tono più conciliante, senza però rinunciare alle idee di fondo. Quale ministro dell’economia, Deiss si è impegnato per il rilancio della congiuntura, per il rafforzamento della concorrenza e per migliori condizioni quadro. A causa della sua reticenza a lanciare programmi di impulso e della sua lentezza nella lotta alla disoccupazione, soprattutto quella giovanile, si è attirato le critiche della sinistra e dei sindacati. “Ci aspettavamo più impegno” «Il suo atteggiamento di fondo – è il giudizio del copresidente del sindacato Unia e vicepresidente dell’Uss, Vasco Pedrina, da noi sollecitato – dal punto di vista politico-economico era molto neoliberale. Quindi, era più orientato verso gli interessi del padronato che del mondo del lavoro. Però va detto, d’altra parte, che era consapevole del fatto che un ministro dell’economia debba assumere anche un ruolo di mediazione tra i partner sociali. Così, su dossier che per noi sono stati importanti, come le misure d’accompagnamento contro il dumping salariale, o Reconvilier, magari ci ha messo un po’ di più di quanto avremmo sperato, proprio per il suo fondo ideologico liberale, ma per finire ha assunto questo ruolo di mediatore». Sia l’Uss (che pure avrebbe sostenuto di aver lavorato piuttosto bene con Deiss) sia il Partito socialista svizzero, hanno rimproverato a Deiss di non aver preso misure concrete a favore dei giovani che si affacciano sul mercato del lavoro. «È vero, ci saremmo aspettati un impegno molto più grande da parte sua», conferma Pedrina. «Però qui la responsabilità bisogna darla anche, almeno in parte, a tutto il Consiglio federale, perché ci sono state situazioni nelle quali Deiss ha proposto alcune misure dopo averle concordate con noi, ma poi s’è fatto sconfessare dal Consiglio federale». Cosa si salverebbe, allora, dal punto di vista sindacale, del quadriennio di Deiss all’economia? «Soprattutto le misure d’accompagnamento contro il dumping salariale», ribadisce Pedrina, che continua: «C’è stato poi uno sforzo di riforma nel settore dell’agricoltura, ma non sono in grado di valutare in che misura sarebbe stato possibile fare di più o meglio». Sta di fatto che i contadini hanno apprezzato l’attenzione mostrata da Deiss nei confronti dei loro problemi. Anche qui, però, si afferma che avrebbe potuto mostrarsi più combattivo nel sostenere le famiglie di contadini. L’Unione svizzera dei contadini riconosce tuttavia che il ministro dell’economia ha subìto forti pressioni a causa delle misure di risparmio e dei negoziati con l’Organizzazione mondiale del commercio. Chiunque succederà a Deiss, ci potrà tuttavia essere un rimpasto nel Consiglio federale. Se Leuenberger non molla i trasporti, che fanno gola a Blocher, questi potrebbe ripiegare sull’economia. Pedrina: «Diciamo che non è il nostro candidato ideale. Noi ci auguriamo che il ministro dell’economia sia un mediatore, un ministro del lavoro, più vicino alle istanze del mondo del lavoro».

Pubblicato il

05.05.2006 01:30
Silvano De Pietro