Spesso quel che capita in casa d’altri può essere una sorta di specchio ingrandito di quanto ci troviamo in casa. Delle recenti elezioni in Germania ci hanno ovviamente impressionati e fors’anche allarmati i successi della destra estrema in Sassonia e Turingia. È però anche emerso un fenomeno nuovo che può interrogarci in modo particolare: un’alleanza, che porta il nome della sua fondatrice (Sahra Wagenknecht o BSW, Bündnis Sahra Wagenknecht ), che partecipava per la prima volta alle elezioni, ha ottenuto quasi il 12 per cento (Sassonia) e il 16 per cento (Turingia) dei voti. Perché può interessarci? Basterebbe l’espressione con cui l’ha definito la sua fondatrice: “Conservatore di sinistra”. Un controsenso, se si intende la sinistra come dinamismo, progresso. In una intervista che aveva concesso a una rivista di sinistra (New Left Review), la fondatrice si spiegava in questi termini: “Noi siamo sulla sinistra, ma in termini socioculturali: noi vogliamo incontrare le genti dove sono”. Alcuni commentatori hanno riassunto questa posizione nella formula: di sinistra sull’economia, di destra sulla società. Com’è possibile?

 

Con l’occhio ancora sulla campagna elettorale e sul programma sostenuto, quel partito ha insistito sul suo conservatorismo “societale”; riprendendo tutte le ossessioni delle destre europee, comprese quelle svizzere, tipo UDC. Sull’immigrazione (basta con le “immigrazioni incontrollate”, promettendo però di agire “senza discriminazioni né razzismo”; urgenza di “regolare l’aumento della criminalità straniera con interventi preventivi alla frontiera”), sulla salvaguardia dell’identità nazionale (contro le “società parallele influenzate dagli islamisti”; con test obbligatori sulla conoscenza del tedesco per tutti i giovani a partire dai tre anni, con maggiore disciplina nelle scuole e contro la “cancel culture” opponendo la “libertà d’opinione”). Quasi su binario parallelo, si insiste sulla difesa della “giustizia sociale”, del potere d’acquisto, degli investimenti pubblici necessari nei servizi, in particolar modo nella salute, nell’educazione, nelle infrastrutture. “Uno Stato-provvidenza forte e vitale”, dice nell’intervista citata la Wagenknecht.

 

In una sorta di bilancio, il conservatorismo ha la meglio sulla “sinistra”; ciò che induce a interrogarsi sulla possibilità di conciliare i due concetti. È vero che ci si apparenta un poco a posizioni analoghe della democrazia cristiana (la CDU), criticata però, con l’epoca Merkel, per aver abbandonato le proprie radici sanamente conservatrici (cristiane?), scivolando nel liberalismo economico e societale governato dal mercato. E si capisce quindi perché si loda “la vecchia CDU, che era conservatrice e non neoliberale” o si critica il neoliberalismo che “sottomette semplicemente la società al servizio del capitalismo”. E sembra di ritrovare la vecchia distinzione tra conservatorismo e liberalismo che ha strutturato la vita politica europea (e anche quella ticinese!) del XIX secolo. E perché si arriva all’ambizione  e rivendicazione finale di “proteggere la società dal capitale” e di “addomesticare il capitalismo”.

 

Non è il caso di fare ora un gioco a specchi e di vedere quanto di tutto questo serpeggi anche nella politica svizzera. E non solo per convergenze con la destra e le sue ossessioni, ma anche per gli scivolamenti o analoghi spuri mescolamenti in cui si imbatte alle volte certa sinistra alla ricerca di voti. Per la quale ci può anche essere un conservatorismo, ma di altri valori, quelli che ne hanno fatto l’essenza e la storia.

Pubblicato il 

16.09.24
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