Sono reduce da un’estate trascorsa in Toscana dove nei media e di riflesso nelle famiglie e nei bar non si faceva altro che (s)parlare − grazie al tamtam quotidiano dei media e dei social − della “invasione” dell’Italia da parte degli africani (definiti neri e anche con la “g” nel mezzo, stupratori, rapinatori, mendicanti e fannulloni mantenuti a spese dello Stato), nonché del pericolo paventato dalla Destra italiana per una vera e propria “sostituzione etnica” della razza italica (sic!) con quella nera e conseguente abdicazione della religione cattolica a beneficio di quella islamica. Rientrato in Svizzera al nord delle Alpi, anche qui, parlando dell’Italia con amici e conoscenti italiani, i discorsi vertono subito sullo stesso argomento manifestando le identiche considerazioni e paure verso gli invasori africani. Tuttavia sia gli uni che gli altri non hanno, naturalmente, alcuna soluzione da proporre che possa por fine a questa “invasione” dell’Italia, anche perché l’unica che − fino a qualche mese fa − dava loro qualche speranza era confidare nella promessa preelettorale della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, di organizzare davanti alle coste magrebine un “blocco navale” per impedire la partenza dei natanti carichi di invasori. Solo che − come recita quel famoso vecchio adagio − “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” e mai come in questo caso c’è davvero il “mare”. Infatti la Giorgia (donna, madre e cristiana), non più all’opposizione ma alla guida del governo italiano di destra-centro, si è subito dimenticata del suo promesso blocco navale visto l’impossibilità di realizzarlo mettendo ovviamente in grande imbarazzo e difficoltà coloro che le avevano creduto e votata. Confesso che ascoltare in Italia queste considerazioni e truculenze verbali, sull’invasione degli africani − da persone appartenenti a un popolo che in milioni, dalla fine dell’Ottocento fino ad oggi, è emigrato e continua a emigrare nelle due Americhe, in Australia e nei Paesi europei (nel 2021 gli italiani residenti all’estero, iscritti all’Aire, erano 5.806.068) − mi dava molto fastidio. Tuttavia è veramente insopportabile ascoltare le stesse considerazioni da ex lavoratori italiani emigrati in Svizzera − oggi pensionati − e anche dai loro figli, nati negli anni 60 e 70 del secolo scorso, che in quei decenni hanno provato sulla loro pelle cosa significa essere immigrati in un paese straniero e subire le angherie degli svizzeri più xenofobi che, all’epoca, intendevano addirittura rispedirli in Italia attraverso ripetute iniziative referendarie contro l’inforestierimento della Confederazione. Referendum per fortuna sempre bocciati dall’elettorato elvetico e senza che, poi, la Svizzera abbia subito il paventato inforestierimento italico né, tantomeno, una sostituzione etnica degli elvetici: anzi, negli anni, vi è stata una positiva integrazione della comunità italiana e un arricchimento culturale del paese. Ed è proprio grazie all’intelligenza della maggior parte della popolazione svizzera se, oggi, quegli stessi emigrati italiani con i loro discendenti − così dichiaratamente e vergognosamente insofferenti verso coloro che in Africa vedono nell’Italia e nell’Europa il loro eldorado − vivono in questo “loro” eldorado elvetico e non furono costretti, a quel tempo, a rimpatriare oppure a emigrare altrove! |