Quanto fumo sulle polveri

Sos Mendrisiotto Ambiente è sul piede di guerra contro il Dipartimento del territorio (Dt). L’accusa: aver mancato volutamente di trasparenza riguardo la reale portata della gravità del tasso d’inquinamento atmosferico del Sottoceneri e sulle sue dirette conseguenze sulla salute degli abitanti della regione. Un mese fa il Dt ha presentato alla stampa una sintesi del voluminoso rapporto “Strategie di lotta allo smog invernale al sud delle Alpi” fra i cui capitoli sono contenuti i dati caldi (si veda riquadro sotto) in questione che – secondo Sos Ambiente – sono stati fatti passare all’acqua bassa. Per quale motivo alla stampa è stato consegnato un riassunto del rapporto e non tutta la documentazione completa? È questo l’interrogativo di fondo che Sos Mendrisiotto Ambiente ha espresso in una lettera spedita ai giornali. Una lettera di fuoco che esprime un sentimento di «frustrazione mista a rabbia» nel constatare che il Dipartimento del territorio, nonostante sia cosciente del grave pericolo che la popolazione del Mendrisiotto sta correndo, non reagisca, non faccia «nulla subito» e si chiede se in questo non intervenire non sia ipotizzabile il reato di omissione di soccorso o di omicidio colposo. «Secondo noi – afferma Patrizia Bertanza di Sos Mendrisiotto Ambiente – hanno deliberatamente omesso di pubblicizzare quei dati. Da tempo li aspettavamo, per un riconoscimento ufficiale della gravità della situazione in cui vivono gli abitanti del Sottoceneri e ora che sono stati pubblicati, si è cercato di farli passare inosservati. Si nicchia.» «Quei dati – risponde Marco Borradori, direttore del Dipartimento del territorio – sono sempre stati a disposizione di tutti e ci tengo a precisare che alla fine della conferenza stampa ho informato i giornalisti presenti che gli interessati avrebbero potuto fare richiesta al Dipartimento dei 3 rapporti dello studio. Respingo perciò con fermezza l’accusa di aver voluto nascondere qualcosa, tantomeno di aver taciuto sulla situazione riguardante l’inquinamento ambientale del Sottoceneri. Nel rapporto finale, a pag. 10, si dice fra l'altro chiaramente, con dati alla mano, che “i residenti in Ticino sopportano un carico di polveri fini superiore a quello di tutto il resto della popolazione elvetica.» Non abbiamo censurato una parte del rapporto, ma per semplicità abbiamo presentato la sintesi preparata dall'Ufficio della protezione dell’aria. Una sintesi frutto di una valutazione tecnica e corrispondente ai contenuti, di certo non frutto di una scelta politica – come s’insinua nella lettera della signora Bertanza – operata da me.» Ma il dubbio permane: perché uno studio così importante e atteso non è stato consegnato subito nella sua interezza? E l’altra motivazione addotta, ossia evitare di produrre una montagna di fotocopie che potevano interessare solo a una minima parte dei presenti alla conferenza stampa, non convince. Altra questione: l’allarmismo (si veda intervista al dottor Pons). D’accordo che è importante leggere e contestualizzare i dati ma di certo il rapporto non lascia spazio ad equivoci quando riporta che «si può affermare con buona attendibilità che la popolazione del Sottoceneri subisce mediamente un carico di Pm10 nell’ordine del 50 per cento superiore a quello subìto dalla popolazione Svizzera.» E sale qualche brivido nel constatare che nel periodo tra il 3 febbraio e il 9 febbraio a Chiasso il limite giornaliero ammesso (50 microgrammi per metro quadro) è stato stato superato 6 giorni su 7 con una punta, il mercoledì 9, che arrivava quasi a 150 microgrammi (per due giorni arrivava a quasi a 125 e un giorno superava i 75 microgrammi). Brividi che si moltiplicano nell’apprendere gli effetti che l’inquinamento produrrebbe sulla salute degli abitanti coinvolti in una situazione come quella descritta dalla proiezione. Effetti che si tradurrebbero anche in un’impennata di costi per la salute dei sottocenerini che, si ritroverebbero a pagare annualmente l’80 per cento in più rispetto al resto degli abitanti della Svizzera . Di fronte ad una situazione così allarmante, secondo Sos Mendrisiotto Ambiente, il Dt pecca d’inerzia. Dai dati del rapporto emerge che le sorgenti maggiormente inquinanti (produttrici di polveri fini, Pm10) nel Sottoceneri sono costituite dai veicoli leggeri (33 per cento) e dai veicoli pesanti (17 per cento), seguiti dall’attività edile (21 per cento) e con un 7 per cento da riscaldamenti a legna delle case (camini). Per arginare a lungo termine l’inquinamento, il Dt ha deciso di adottare tre ambiti d’intervento come suggerito dal rapporto: filtri per gli impianti con combustione a legna, filtri per gli autoveicoli (a diesel, sempre più numerosi), riduzione delle emissioni di polveri nel settore della costruzione (cantieri). «Stupisce quanto detto nello studio riguardo i provvedimenti – afferma Bertanza – e cioè che le misure d’emergenza a corto termine (targhe alterne, domeniche senz’auto, riduzione della velocità, divieto generalizzato della combustione a legna) avrebbero un’incidenza temporanea e modesta nel miglioramento della qualità dell’aria. Sappiamo tutti che limitarsi a questo non basta. Noi chiediamo che misure d’emergenza vengano associate a quelle a lungo e medio termine proposte dal Dt.» Sulle misure d’emergenza, Angelo Bernasconi, ex capo dell’Ufficio protezione dell’aria e oggi responsabile del Laboratorio energia ecologia economia della Supsi, esprime le sue perplessità. «Personalmente non credo – afferma – alla reale efficacia delle misure d’urgenza del tipo “sale la lancetta, fermiamo il traffico”. Sono innanzitutto difficili da realizzare, richiedono tanti sforzi e risorse che sarebbe meglio utilizzare per pianificare stabilmente il traffico dei centri cittadini. Le “giornate senz’auto”? Sono favorevole, se intese come momenti importanti di sensibilizzazione della popolazione e a patto che vengano promosse a prescindere dai valori delle polveri fini. Sono invece persuaso che le misure durature (o a lungo termine) siano le più idonee per combattere l’inquinamento da polveri fini, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche.» E cosa dovrebbero fare gli abitanti del Sottoceneri che per lunghi periodi invernali si ritrovano a respirare alte percentuali di polveri fini? «Le misure stagionali – risponde Bernasconi – di principio contribuirebbero ad equilibrare la situazione. Ciò significherebbe imporre nei periodi più critici provvedimenti, quali la riduzione del limite di velocità, nell’area interessata dal forte inquinamento. I rapporti recentemente pubblicati dal Dipartimento del Territorio rappresentano una valida base tecnica per un dibattito oggettivo sull’opportunità di introdurre simili misure.» Possibile però che le emissioni di Pm10 generate dalla combustione a legna debbano essere considerate per pericolosità alla stregua di quelle generate dai veicoli motorizzati? «Confesso che mi ha stupito – afferma Bernasconi – leggere che questa misura sia indicata tra quelle prioritarie. Ciò è da ricondurre alle emissioni calcolate per gli impianti a legna, che nel caso delle polveri fini risultano una percentuale non trascurabile delle emissioni totali. Si deve comunque tener conto che ca. il 50 per cento delle polveri fini respirate dagli svizzeri si formano a partire dalla trasformazione di sostanze gassose quali gli ossidi d’azoto, che sono emessi principalmente dal traffico motorizzato. Infine è importante ricordare la natura delle polveri emesse dai diversi processi inquinanti. Esse si differenziano sia per composizione che per dimensione. Ad esempio quelle emesse dagli impianti a legna sono più grosse di quelle emesse da un veicolo pesante, nei cui gas di scarico si trovano polveri molto fini, che hanno una massa inferiore a quelle emesse da un impianto a legna ma che sono molto numerose e più insidiose per la salute in quanto la piccola dimensione consente loro di penetrare più in profondità nelle vie respiratorie. Si tratta di un aspetto che con ogni probabilità emergerà nel futuro dibattito in merito all’introduzione di un limite d’immissione per le polveri ultrafini (le cosiddette Pm2.5).» Considerazioni queste che aprono ancora preoccupanti interrogativi. S’invita alla prudenza, ma, per quanto si tenti di gettare acqua sulle polveri fini, quei dati ufficiali – relativizzati quanto si vuole – restano lì a testimoniare una realtà inquietante. E resta quell’aria, sempre più avvelenata, che i sottocenerini continuano a sorbirsi, giorno dopo giorno. Proiezione o realtà? Dallo studio* risulta che la popolazione del Sottoceneri è esposta a concentrazioni medie annuali di circa 30 microgrammi per metro cubo di Pm10, contro i circa 20 microgrammi – limite massimo ammesso – per la Svizzera. Alla luce di questi dati, lo studio – pur precisando che la proiezione non ha “alcuna pretesa scientifica” – stima che «ad una riduzione di 10 microgrammi della concentrazione media annuale di Pm10 possano corrispondere diminuzioni teoriche nel Sottoceneri pari a (per un anno): • circa 60 casi di morte prematura dovuta all’inquinamento, • circa 800 casi di bronchite nei bambini, • circa 1’500 casi di asma (bambini e adulti), • circa 50’000 giorni di inattività.» *Fonte: Ufficio della protezione aria, Dipartimento del territorio , rapporto “Strategie di lotta allo smog invernale al sud delle Alpi”

Pubblicato il

18.02.2005 03:00
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