Quando l’individuo diventa un numero

Negli ultimi due numeri di area sono apparsi articoli interessanti su cui esprimere alcune riflessioni: uno in cui Veronica Galster discuteva e presentava quali sono i costi indiretti che sosteniamo a causa di problemi di salute fisici, ma soprattutto mentali causati dalle condizioni di lavoro. L'altro articolo di Anna Maria Merlo in cui si parla di France Telecom, dove i suicidi, a quanto mi è dato sapere sono finora attestati a venticinque persone.
Viene da chiedersi come il management dell'azienda non si sia chiesto prima quali fossero le reali ragioni che hanno spinto ben venticinque persone a togliersi la vita. In tutti i casi ricorrere al suicidio significa che il malessere che queste persone dovevano provare era ben radicato e profondo. Stiamo parlando di donne e uomini, con famiglie a carico, che hanno deciso di lasciare questo mondo, piuttosto che continuare a vivere e lavorare in condizioni disumane. La vita di una persona non ha prezzo e oggi se siamo giunti a questo punto, credo che abbiamo davvero toccato il fondo!!!
La tematica delle condizioni di lavoro ricorre oramai da diversi anni e viene sempre più spesso correlata ai malesseri che attanagliano la nostra società, legata allo stato psichico della persona. I cambiamenti avvenuti con l'aumento dei ritmi e della mole di lavoro e la conseguente diminuzione del personale per ottenere una maggiore (?) produttività non lasciano scampo al lavoratore e alla lavoratrice. Si è costretti a svolgere il doppio o il triplo dei compiti, avendo sempre meno tempo a disposizione per farlo. Il tempo è denaro, sembra essere lo slogan del management che dirigono le imprese.
L'individuo in quanto tale viene considerato alla stregua di un numero, come una macchina-robot, che deve eseguire unicamente i compiti che gli sono affidati, senza la possibilità di potersi esprimere. Queste condizioni non permettono più al lavoratore di sentirsi utile e apprezzato, di conseguenza l'autostima viene fatta a brandelli.
L'autostima è un elemento importantissimo per le persone e soprattutto il riconoscimento del lavoro svolto. Purtroppo oggi sono sempre più rari i casi di direzioni aziendali che elogiano i propri lavoratori.
D'altra parte i lavoratori per tenersi stretto il proprio posto di lavoro allacciano sempre meno relazioni di fiducia tra colleghi, la solidarietà fra colleghi va scemando e quindi ognuno vive nel proprio spazio, rintanato nei propri problemi e non ci si accorge più del vicino. La solidarietà fra lavoratori va preservata e non solo quella. In questo caso il detto "l'unione fa la forza" è veritiero per combattere certe situazioni. Siamo proprio sicuri di voler continuare in questa direzione? È questo il mondo del lavoro che vogliamo? 

Pubblicato il

06.11.2009 12:30
Tatiana Lurati Grassi
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