I dati parlano chiaro. La percentuale d’invalidi è direttamente proporzionale al tipo di mestiere svolto. Più si fa un lavoro in cui lo stress fisico è maggiore più si ha la probabilità di rimanere invalidi o ammalarsi a causa, appunto, del lavoro svolto. Il 40 per cento (dati di marzo 2000) degli invalidi appartiene a questo importante settore dell’economia svizzera: l’edilizia. E guarda caso è il numero più elevato in assoluto. A titolo di paragone si può confrontare con il dato riguardante gli architetti e ingegneri che ammonta al 3,9 per cento. Come ci dice Dario Mordasini, del Sindacato edilizia e industria (Sei) di Zurigo che si occupa di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, è anche vero che «la sensibilità, negli ultimi 15-20 anni, nei confronti degli infortuni sul lavoro e la protezione della salute è aumentata. Questo ha fatto sì che gli infortuni sui cantieri negli ultimi 20 anni siano diminuiti». Ma ciò non basta. Come sempre i dati bisogna leggerli attentamente perché è tra le pieghe delle cifre che si nasconde la verità. La diminuzione degli infortuni è, in realtà, fittizia; come ci racconta lo stesso Mordasini «il tasso di infortunio, se lo si esprime in numero d’infortuni l’anno per mille lavoratori, è rimasto stabile. E il numero di addetti è nettamente diminuito in questi ultimi 10 anni. Nonostante ciò il numero di lavoratori che ogni anno subisce un incidente più o meno grave rimane alto. Circa 250 ogni 1.000 addetti. Quindi il 25 per cento». Questo per quanto riguarda la questione prettamente legata all’infortunistica. Ma c’è un altro aspetto che è direttamente correlato al prolungamento della permanenza sui cantieri. È quello riconducibile allo stato di salute in generale. Quello sui cantieri è un lavoro logorante e usurante. Farlo per lunghi anni porta a conseguenze fisiche disastrose. Non per niente si dice che gli ex lavoratori dell’edilizia, una volta in pensione (a 65 anni) siano i migliori pazienti dei medici. Però in Svizzera, a causa della legislazione vigente, è impossibile dare dati precisi su quanti si ammalano a causa del lavoro. Come ci dichiara Mordasini è possibile fare solo stime: «Quello che constatiamo come sindacato è che i problemi di salute dovuti al lavoro sono, probabilmente, aumentati negli ultimi 10 anni. Dico probabilmente perché in Svizzera, a differenza degli infortuni, le malattie legate al lavoro non sono riconosciute come malattie professionali e mancano statistiche a riguardo. Quante persone abbiano veramente problemi di salute non si riesce a quantificarlo fino in fondo. Una cosa che è aumentata sicuramente è la pressione psicologica per i tempi di esecuzione e consegna. Tutto ciò fa aumentare i ritmi di lavoro e la probabilità di ammalarsi o infortunarsi». Però la qualità di vita di un lavoratore non passa solo dal fatto che non deve farsi male ma anche attraverso condizioni di lavoro dignitose e soprattutto attraverso delle prospettive di benessere fisico e finanziario oltre la vita lavorativa. Da qui la richiesta legittima di poter andare in pensione a 60 anni. «Ciò è sicuramente nell’interesse del lavoratore – continua il sindacalista – ma anche di tutto il settore dell’edilizia. Avere delle condizioni di lavoro sane significa aumentare l’attrattività dei mestieri che si esercitano nell’edilizia. Sappiamo che l’età media dei lavoratori edili si sta alzando. È necessario quindi preservare la salute dei lavoratori anche attraverso il prepensionamento. Vediamo colleghi che ci dicono che dopo i 60 hanno difficoltà a seguire i ritmi di oggi. A suffragio di questo esiste un’inchiesta interna al sindacato. Si è chiesto come mai secondo loro molti colleghi fossero usciti, volontariamente, dal mondo del lavoro a 60 anni. La risposta è stata perché non ce la fanno a sostenere i ritmi di lavoro e non perché ritornano nei paesi d’origine. Di fatto ritornano nei paesi d’origine perché non ce la fanno più logorati nel fisico». Quindi una necessità, il pensionamento anticipato nell’edilizia, a tutela della salute di una fetta consistente della classe lavoratrice Svizzera. «In altri settori – conclude Mordasini – si è giunti a modelli di prepensionamento già da anni (terziario, chimica) dove esistono modelli con delle riduzioni minime a livello finanziario per l’interessato, i lavoratori dell’edilizia sono intenzionati ad andare fino in fondo per ottenerlo».

Pubblicato il 

15.03.02

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