Quando i poveri finanziano la socialità

Togliere ai poveri per distribuire una tantum a pioggia pare essere la nuova politica familiare cantonale. Da un lato, la drastica riduzione degli assegni integrativi e di prima infanzia che, taglio dopo taglio, sono stati ridotti all’osso dal Dipartimento sanità e socialità diretto da Paolo Beltraminelli. Assegni integrativi e di prima infanzia che costituivano l’ossatura del modello di politica familiare invidiata nel resto del Paese, il cui montante complessivo è diminuito dai 49 milioni di franchi del 2015 ai 32 milioni dello scorso anno. Una riduzione tanto drastica che sui 23,5 milioni di assegni integrativi versati lo scorso anno, il Cantone vi ha contribuito con “soli” 1,5 milioni di franchi perché i restanti 22 milioni arrivavano dai prelievi sulla massa salariale. Solo due anni fa, il contributo cantonale era di 11 milioni su 31 versati.


Dopo aver fatto sparire quei milioni destinati alle famiglie in difficoltà economiche oggettive, il consigliere di Stato Paolo Beltraminelli propone ora di introdurre il bonus da 3mila franchi dato alla nascita del figlio, cioè una delle misure “sociali” condizionate, secondo il governo, all’accettazione popolare degli sgravi fiscali a facoltosi e grandi imprese.


«L’assegno integrativo corregge completamente le differenze economiche con riferimento al costo del figlio, mentre quello di prima infanzia con riferimento all’intera famiglia: si tratta di interventi mirati, selettivi ed efficaci per combattere il fenomeno della povertà delle famiglie» scriveva il Consiglio di Stato nel 2009, rispondendo negativamente a una mozione che mirava a introdurre il bonus bebè di mille franchi.
L’attuale governo invece ha deciso l’esatto contrario. Con una parte dei soldi “recuperati” grazie allo smantellamento della politica familiare fondata su criteri oggettivi, vorrebbe finanziare la misura di una tantum da 3mila franchi a nascita destinati a famiglie con redditi fino a 110mila franchi e 400mila di sostanza. Costo previsto del “bonus bebè”, 4,5 milioni l’anno. Meno della metà di quanto tagliato con gli assegni integrativi e di prima infanzia.


Il sindacato sostiene che la cinquantina di milioni di sgravi a ricchi e grandi aziende in votazione il prossimo 29 aprile, sarebbero frutto di tagli alla socialità già effettuati in precedenza (si veda l’intervista a Enrico Borelli in pagina). Il caso della politica familiare pare corroborare, almeno in parte, la tesi.
Anche nel campo dei sussidi alle casse malati, i beneficiari sono passati dai 104mila del 2014 agli 82mila del 2016 (-22mila persone) con un risparmio netto di spesa di 16 milioni dal 2014 al 2017.
Per non annoiare con troppi numeri i lettori, vale la pena rilevare che complessivamente il disavanzo della spesa corrente del Dss è aumentato di 18 milioni dal 2014-2017. Può apparire tanto, ma se si tiene conto che si sta parlando del dipartimento più importante del bilancio statale con una cifra d’affari annua sui 2 miliardi, l’aumento è molto contenuto.


Di sicuro si è risparmiato in diversi settori. D’altronde, visti due anni consecutivi di piano di rientro da 180 milioni l’uno, impossibile non diminuire le prestazioni. E ora che i conti sono attivo, si vorrebbe sgravare i ricchi e imprese. Quel che si dice un circolo vizioso.

Pubblicato il

01.01.2018 15:51
Francesco Bonsaver