Quando gli occhi di Paolin scrutano il tunnel

I fari del trenino fendono il buio della galleria aprendosi un varco di luce. Come il capitano di un vascello, nella sua minuscola cabina dei comandi, Paolin il locomotorista, segue sicuro la rotta tracciata dai binari. Il suo vero nome è Paolo Zanni, ha 44 anni, proviene da Macugnaga (località turistica della Valle Anzasca, ai piedi del Monte Rosa) ed ha cominciato a lavorare all’Alptransit nel 2003. Ma per tutti ora è Paolin. «Un nomignolo che mi sono dato da solo – ci racconta mentre sorseggia un caffè ad un tavolo della Cantina – perché quell’ “in” finale, nel frastuono della galleria, era meglio percepibile con le ricetrasmittenti». Il suo mondo per dieci ore quotidiane di otto giorni consecutivi (a cui ne seguono 6 di riposo) si snoda sempre e lungo i percorsi lineari delle due gallerie di Bodio, dalla stazione di partenza fino all’ultima fermata nel ventre della fresatrice 1), e viceversa. Centoventi chilometri quotidiani di questo andirivieni, in un’apparente monotonia in cui potrebbe annidarsi il rischio della distrazione. «Il nostro lavoro – ci dice Paolo – può sembrare poco faticoso ma ciò che a noi locomotoristi viene risparmiato come sforzo fisico lo riponiamo in attenzione e responsabilità. Ogni volta che guidi quel trenino devi essere cosciente che la sicurezza del viaggio è a tuo carico, devi avere i riflessi pronti, essere sempre vigile ed avere 6 occhi e 6 orecchi». È un lavoro molto stressante e molto impegnativo anche perché si tran- sita laddove gli altri lavorano. «Il mio timore costante è che, per quanto azioni i segnali d’allarme, al mio passaggio – dice – all’improvviso sbuchi fuori qualcuno e mi tagli la strada». Il momento più critico arriva, come per tutti i lavoratori del cantiere, alla fine del turno. Per Paolo alla sera: «Quando sono all’ultimo o al penultimo viaggio, mi sforzo di aumentare il mio livello di guardia per tenere a bada la stanchezza. Alla sera, quando stacco, sono “cotto”. E a quel punto non mi resta che recuperare riposando il più possibile per avere sempre i riflessi pronti. Se non lo facessi sarei un irresponsabile». E parlando di pericoli, Paolo ricorda con pudore l’incidente di fine gennaio, in cui perirono due giovani operai travolti da un trenino: fu lui il primo ad accorrere. «Ancora oggi – dice – transitando nel luogo della tragedia mi ritrovo a pensare alle vittime e al macchinista duramente provato e col quale, dopo l’accaduto, è nata una certa amicizia». Amicizie non sempre facili da coltivare perché in fondo quello di Paolo è un mestiere solitario. «In parte, lo è – racconta –. In cabina di manovra è vietato trasportare altri passeggeri e anche se si potesse, per la maggior parte del tragitto, il frastuono è talmente intenso che comunicare sarebbe una bella impresa. Ma i momenti per scambiare quattro chiacchiere con gli altri non mancano: alla partenza del treno, oppure alle varie fermate in galleria». Non ha dubbi Paolo riguardo al suo lavoro: «Mi piace e in questo mi ritengo fortunato. Sono saldatore e macchinista di formazione e fin da ragazzo ho sempre avuto la passione per la meccanica. Tra un viaggio e l’altro mi occupo delle pulizie dei vagoni e della manutenzione in genere del trenino. Come tutti i lavori anche il mio ha il suo lato buono e quello meno buono. L’aspetto positivo? Non ritrovarmi in avanzamento 2) a fare la dura vita che fanno i veri minatori: a loro, a mio parere, va sempre il merito maggiore. Altro aspetto positivo è che qui ho l’occasione di conoscere persone di diversi paesi e grazie al mio carattere abbastanza aperto riesco a legare con tutti. Anche se non parlo tedesco, riesco anche a scherzare con gli austriaci e i tedeschi: con qualche parola raggranellata qua e là e qualche gesto. L’importante per me è riuscire, fosse anche con una battuta, ad alleviare per un momento la pesantezza di una giornata di quei lavoratori». Così fino alla sera, quando Paolo, terminato il turno, riporta fuori dal tunnel il suo ultimo carico umano di stanchezza. 1) Fresatrice: la monumentale macchina a testa rotante e perforatrice, un vero e proprio cantiere mobile lungo circa 410 metri 2) Fronte di scavo.

Pubblicato il

08.07.2005 02:30
Maria Pirisi
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