L’affermazione di Jean-Marie Le Pen in Francia ci fa paura. Paura per i valori di razzismo e di odio che il leader del Fronte nazionale non solo rappresenta, ma persegue come obiettivi politici. Anche se ha ridimensionato, nella forma, i suoi discorsi, la sostanza, quella, è rimasta la stessa. Che dire di quanto succede in Italia, dove la maggioranza di destra attacca strumentalmente il lavoro della magistratura e dove il governo è prigioniero dei deliri di onnipotenza del suo presidente? Ma anche in Germania, se guardiamo alle recenti elezioni regionali, le cose si stanno mettendo male per il cancelliere Schroeder. Questi esempi stanno ad indicarci che l’«air du temps» sta cambiando e che sull’Europa si appresta a soffiare un vento di destra. Ma, al di là delle mere constatazioni, non dobbiamo dimenticarci che a contribuire a questi cambiamenti c’è anche la sinistra. Una sinistra europea sostanzialmente incapace di proporre e portare avanti un discorso che dicesse, per dirla con il regista italiano Nanni Moretti, «qualcosa di sinistra». Stanno però dicendo «qualcosa di sinistra» – e bisognerebbe imparare ad ascoltarli con maggiore attenzione – i movimenti sociali che lottano contro la globalizzazione, che credono davvero che un altro mondo sia possibile. È da questa realtà e da questa capacità di mobilitazione che la sinistra può e deve ripartire per rinascere dalle sue ceneri. Il rinnovato slancio mostrato recentemente dal sindacato in Italia si inserisce proprio in questa nuova dialettica. Anche in Svizzera qualcosa si sta muovendo; la manifestazione degli edili scesi in piazza per migliori condizioni di lavoro mostra che la voglia di resistere allo strapotere dei padroni è palpabile. Resistere all’avanzata della destra, agli attacchi alla sicurezza sociale, allo smantellamento dei diritti, alle politiche migratorie ed economiche che fabbricano clandestini, è un progetto di società prima ancora che un dovere. Ma per rendere possibile questo altro mondo che tutti sogniamo, occorre non disperdere le forze. Occorre trovare strategie di lotta comuni che consentano di raggiungere l’obiettivo più importante: quello di una società ugualitaria dove i diritti sono di tutti.

Pubblicato il 

03.05.02

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