L'editoriale

Sui cantieri si lavora sempre di più, sempre più in fretta e con sempre meno personale. E i lavoratori, nonostante l’ottima congiuntura e gli sforzi straordinari profusi durante la pandemia, non percepiscono aumenti salariali generali da due anni. I padroni, dal canto loro, nell’ambito dei negoziati per il rinnovo del Contratto nazionale mantello (Cnm) che a fine anno giunge a scadenza, pretendono ancora più flessibilità e giornate lavorative fino a 10 ore durante i mesi estivi, quelli di maggiore calura. Vorrebbero poter disporre della vita degli operai in funzione del proprio bisogno di profitto. È questo il contesto in cui si sta sviluppando la mobilitazione degli edili di tutta la Svizzera che sabato scorso a Zurigo hanno dato vita a una grande manifestazione da 15.000 persone, una sorta di “antipasto” di un autunno caldo, se gli impresari costruttori non dovessero tornare alla ragione.


I mestieri edili sono duri e faticosi, ma anche rischiosi: l’esplosione dei ritmi di lavoro cui assistiamo da anni (complici gli irrealistici termini di consegna imposti dai committenti e dalle direzioni lavori), le condizioni climatiche estreme e la precarietà imperante sono una minaccia per la salute e l’integrità dei lavoratori. In Svizzera nel settore della costruzione ogni giorno lavorativo si verificano due incidenti gravi all’ora e ogni mese muoiono due lavoratori. Di qui alcune delle richieste centrali dei lavoratori edili scesi in piazza a Zurigo: una maggiore protezione della salute, giornate e orari di lavoro equi e regole chiare per il lavoro con intemperie. Richieste cui la Società svizzera degli impresari costruttori (Ssic) risponde (al tavolo dei “negoziati”) proponendo un’ulteriore deregolamentazione degli orari di lavoro che renderebbe possibile giornate lavorative da 10 ore e settimane da 50, anche in un periodo come quello attuale con situazioni di canicola. Follia pura. E una provocazione.


Sulle rivendicazioni degli edili (che riguardino la salute o i salari), frutto di un’ampia e approfondita consultazione organizzata dal sindacato Unia tra i lavoratori, gli impresari costruttori non sono finora nemmeno entrati nel merito. Loro vorrebbero barattare degli aumenti salariali con la deregolamentazione degli orari di lavoro. Ma la salute degli operai, come quella di tutte e tutti noi, è una sola e non è in vendita, hanno ribadito i 15.000 che sabato sono sfilati per le vie della “città dei padroni”, dove sorge anche la sede centrale degli impresari costruttori.

 

Una presenza che ha certamente infastidito il presidente centrale della Ssic Gian-Luca Lardi. E ben prima dell’arrivo dei manifestanti alla stazione centrale di Zurigo. Lardi ha infatti anticipato il suo pensiero sulla mobilitazione attraverso un’intervista al Blick in cui tenta goffamente di negare i problemi e di delegittimare la protesta con la menzogna: «Nel settore si respira un clima sereno. I lavoratori edili che partecipano alle manifestazioni sono di solito solo una piccola percentuale. Molti dimostranti sono funzionari sindacali o altre persone pagate per partecipare. Invitano inoltre a portare alla manifestazione, familiari, amici e colleghi», ha dichiarato Lardi.


È vero, a sfilare con migliaia di edili c’erano anche loro familiari, sindacalisti e cittadini comuni, non perché «pagati», ma perché consapevoli, caro signor Lardi, che questa lotta riguarda anche le mogli e i figli degli operai. E, più in generale, tutte le salariate e i salariati di questo paese, perché il Cnm dell’edilizia è un punto di riferimento da cui dipendono indirettamente le condizioni di lavoro e di vita anche in tutti gli altri settori.

Pubblicato il 

30.06.22
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