«Stiamo cercando ancora vittime e testimoni che risultano introvabili e potrebbero fornire deposizioni decisive. E soprattutto cerchiamo immagini video, perché nessuna testimonianza è più forte delle immagini». Il Genova Legal Forum, il pool di avvocati che da due anni lavora sulle inchieste legate al G8 di Genova, lancia un appello internazionale per trovare video, testimonianze e fotografie sugli episodi di violenza di quei giorni. La magistratura sta per concludere il suo lavoro di ricerca e di sicuro molti agenti saranno accusati per il loro operato: quelli che si sono inguaiati da soli come l’agente Nucera, che ha simulato un accoltellamento ed è stato smentito dalla perizia dei carabinieri; o quelli sbugiardati da un video, come gli alti dirigenti che hanno portato due bottiglie molotov nella scuola Diaz per attribuirle ai ragazzi che ci dormivano. E con loro molti altri, riconosciuti da vittime e testimoni oculari come responsabili di abusi. Eppure per molti casi la magistratura pende per l’archiviazione perché non ci sono sufficienti elementi di prova; mentre rischiano condanne pesanti quei manifestanti che sono stati arrestati a margine di un pestaggio e in seguito accusati di resistenza, danneggiamenti, associazione a delinquere. La verità sull’evento più fotografato e ripreso degli ultimi anni, rischia di rimanere nascosta perché non si trovano testimonianze. D’altronde la Rai, Mediaset, le emittenti televisive locali, così come molti giornalisti, fotografi e operatori non hanno messo a disposizione tutti i materiali che hanno raccolto in quei giorni. E tante persone, manifestanti come semplici passanti, non hanno depositato la loro testimonianza. Così sono ancora molti i punti oscuri, soprattutto su alcuni episodi gravi: come il blitz nelle scuole Diaz e Pascoli (nella prima, le forze dell’ordine hanno mandato all’ospedale 93 persone; nella seconda, sono stati danneggiati e sottratti - senza alcun verbale - i computer con le prime denunce dei manifestanti). Più in generale, mancano testimonianze e immagini su pestaggi isolati o di gruppo che abbiamo visto sui telegiornali di tutto il mondo, due anni fa. Se n’è accorto anche il pm Silvio Franz che, nella richiesta di archiviazione sulla morte di Carlo Giuliani, ha scritto di aver notato nei video disponibili diverse persone munite di macchine fotografiche e videocamere, «persone che hanno visto e filmato – ricordano gli avvocati nell’appello – ma che non hanno voluto o potuto contribuire a dimostrare la verità». Secondo una volontaria di Indymedia Italia: «Ci siamo resi conto che su Genova è in atto una grande rimozione collettiva: è difficile trovare persone che fattivamente collaborino ad un lavoro di contro-inchiesta, che pensiamo sia assolutamente necessario. Non è importante essere un professionista, ma ci vuole serietà, rigore, impegno». Con questo spirito è nato il gruppo Inchiesta-g8, libera associazione di persone che non si vogliono rassegnare: ne fanno parte il network Indymedia Italia, ricercatori indipendenti, giornalisti. Inchiesta-g8 raccoglie testimonianze e segnalazioni per mettere insieme pezzi di verità che possano aiutare il team legale nel suo lavoro. Collabora al progetto anche il gruppo Pillola rossa, autore di un dossier esplosivo sul caso Carlo Giuliani (www.piazzacarlogiuliani.org/pillolarossa). Si tratta di un lavoro di ricerca metodico sui fatti di Piazza Alimonda, dove il 20 luglio 2001 da una camionetta dei carabinieri sono stati esplosi colpi di pistola che hanno ucciso un ragazzo di 23 anni. Il gruppo Pillola rossa ha bucato le pagine dei giornali italiani con l’anteprima dell’inchiesta ed in particolare ha fatto scalpore la ricostruzione di quali e quanti agenti fossero presenti sulla scena del delitto: una catena di comando che vede in prima fila personaggi di assoluta esperienza, collegati fra loro con auricolari. Un dato che stride con la ricostruzione ufficiale, secondo la quale tre carabinieri di leva si sono trovati isolati e assaliti da un gruppo di manifestanti. Piuttosto, un inquietante filo rosso lega quegli ufficiali: si chiama battaglione Tuscania e si è distinto per azioni in Somalia, in Bosnia, in Kosovo. Il tenente colonnello Truglio, citato nelle inchieste sulle violenze dei militari italiani in Somalia ed anche in quelle sull’omicidio di Ilaria Alpi, era il militare più alto in grado nelle strade di Genova. Anche lui era a piazza Alimonda il pomeriggio del 20 luglio 2001.

Pubblicato il 

04.04.03

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