Eurovisioni

Non c’è da festeggiare per l’affossamento dell’Accordo quadro istituzionale con l’Unione europea da parte della Svizzera. È stata una tragedia che così si è conclusa. Sul finire, gli animi si sono nuovamente riscaldati e abbiamo sentito parlare in tedesco e in modo chiaro. La Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), il giornale conservatore del capitalismo tedesco, ha per esempio definito le misure accompagnatorie contro il dumping una sorta di «baluardo» per «danneggiare in maniera protezionistica le aziende artigianali estere» che vogliono operare in Svizzera. Così si violerebbe il principio della libera circolazione dei servizi dell’Ue, ma attualmente non si può intraprendere nulla contro Berna, sostiene la Faz. Con l’Accordo quadro invece le cose cambierebbero: l’ultima parola spetterebbe alla Corte di giustizia europea.


L’asserito protezionismo elvetico è una menzogna: i padroni del sud della Germania, solo nel settore delle costruzioni, in Svizzera eseguono mandati per oltre 1 miliardo di euro all’anno. È trenta volte di più di quanto fanno le imprese elvetiche in Germania. Allo stesso modo, le aziende italiane che distaccano lavoratori in Svizzera realizzano centinaia di ordini nel nostro paese, mentre le aziende svizzere in Italia non toccano palla. Eppure l’Ue ha tenuto questa bugia al centro dei negoziati con Berna per sette anni. Proprio di recente, l’ambasciatore tedesco in Svizzera, Gerhard Brügger, ha nuovamente definito le nostre misure di accompagnamento «discriminatorie e contrarie al trattato». Vuole forse farci anche causa?


Deluso dall’interruzione dei negoziati è anche l’europarlamentare tedesco Andreas Schwab, che i media della Svizzera germanofona trattano come se fosse il ministro degli esteri dell’Ue: ogni giorno rilascia un’intervista.

Ma in realtà lui è il lobbista dei padroni del sud della Germania, che vorrebbero lavorare in Svizzera ma essere meno controllati e meno multati.

 

Non c’è da stupirsi che Schwab definisca oltraggioso il ritiro della Svizzera dai negoziati: sarebbero stati sprecati sette anni. Lui deve saperlo bene, visto che da sette anni promette alla sua clientela di imprenditori che presto avrebbero finito di arrabbiarsi con la Svizzera.


Negli ultimi giorni, tuttavia, si sono sentite anche buone notizie dall’Unione sindacale tedesca (Dgb). Jürgen Höfflin, responsabile della Dgb per la regione Südbaden, vede le cose in modo diametralmente opposto: «Saremmo felici qui in Germania se avessimo una protezione salariale così efficace. Invece di mettere in discussione le misure elvetiche, l’Ue farebbe bene a elevare le nostre misure al livello di quelle della Svizzera». Un’opinione che condividiamo.

Pubblicato il 

08.06.21

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