Ennesimo tormentone rifiuti in Ticino. La Thermoselect, la ditta di Günther Kiss, è tornata alla carica. Dopo aver inanellato una serie di sconfitte giudiziarie nella controversia che la opponeva al Consiglio di Stato ticinese e visto il periodo di saldi, fa una proposta che non “non si può rifiutare”. L’unica che abbocca all’amo della sirena ammaliatrice del business del pattume è la consigliera di Stato e direttrice del Dipartimento finanze e economia Marina Masoni, che pubblicamente e candidamente ha ammesso che «la decisione del Governo di dichiarare decaduto l’atto di concessione con il consorzio Thermoselct-Energie Badenwerk è stato un errore». «Un errore – continua la consigliera – che costa al Ticino e ai suoi contribuenti almeno 10 milioni di franchi l’anno». Per la einaudiana “ministra” delle finanze a nulla vale l’assenza di garanzie di funzionamento della tecnologia Thermoselect. Valgono, solo i soldi “eventualmente” risparmiati. Infatti continua affermando che «uno Stato responsabile dovrebbe scegliere la soluzione più sicura e meno cara». Ora, Marina Masoni dimentica o fa finta di dimenticare che il sistema di smaltimento dei rifiuti proposto da Günther Kiss non ha ottenuto la concessione proprio per l’assenza di sicurezza. Inoltre c’è da rimanere allibiti per l’incaponimento e l’irrazionalità economica con cui tale ditta cerca di costruire l’impianto in Ticino. Ma vediamo “l’offerta che non si può rifiutare” del consorzio svizzero-germanico. In pratica se si dovesse trovare un accordo con le autorità ticinesi, Thermoselect si accollerebbe i costi supplementari derivanti dal trasporto dei rifiuti in Svizzera interna. Ma a che pro una ditta che dovrebbe essere condotta con criteri economici e non filantropici si assume un costo che non gli compete? Il giornale di Flavio Maspoli, finanziato da Kiss, ha fatto i classici conti della serva (in questo caso del servo) e ha sbandierato un fantomatico risparmio di 680 milioni di franchi per le casse dello Stato. Si potrebbe fare della facile ironia sulla capacità di far di conto del consigliere nazionale leghista, ma non infieriamo. Nel frattempo ecco spuntare un’altra novità che stronca sul nascere l’ipotesi Thermo. Le ditte svizzerotedesche che già smaltiscono i rifiuti ticinesi hanno fatto un’altra proposta che non si può “rifiutare”: 170 franchi a tonnellata per altri 6 anni (fino al 2009). Paradossalmente costerebbe meno dell’offerta della Thermoselect. Nel frattempo il Ticino avrà tutto il tempo di costruire un impianto – se ce ne fosse ancora bisogno – che funzioni e dia le necessarie garanzie. Ma l’affaire rifiuti sarà ancora la telenovela infinita anche per la prossima legislatura? L’abbiamo chiesto ad Anna Biscossa, presidente del Ps e candidata socialista al consiglio di Stato. «Spero che non se ne parli più, sia dei problemi formali, sia di quelli sostanziali. Dal punto di vista formale non capisco la ragione del perché Thermoselect debba entrare ancora in linea di conto, visto che non ha partecipato al nuovo concorso pubblico», ci dichiara Biscossa. «Non si è sottoposta – continua l’esponente socialista – a nessun vaglio tecnico e organizzativo come hanno invece fatto le altre ditte. Non vedo nessun modo per recuperare Thermoselect nella gara d’appalto». L’offerta delle ditte della Svizzera interna mette quindi fine alle polemiche? «Quest’offerta – ci risponde la presidente del Ps – ci mette nelle condizioni di riflettere di più sui bisogni del Ticino e se c’è veramente bisogno di un impianto di smaltimento». La tendenza e le abitudini dei cittadini vanno sempre di più nella direzione di produrre meno rifiuti e di riciclare il più possibile. Con un impianto che funzionerà a pieno regime solo con un determinato quantitativo di scarti, diventerebbe obbligatorio produrre almeno quella quantità. Insomma sarebbe un cappio al collo di tutte le politiche per ridurre la montagna di rifiuti che la nostra società industriale produce. Martedì 11 marzo il consiglio di Stato, forse, metterà fine per sempre all’eterna querelle.

Pubblicato il 

07.03.03

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