Nel 2014, l’americana General Electric (Ge) acquista la divisione energia del gruppo francese Alstom e crea un colosso mondiale del settore energetico. Un’operazione da 14 miliardi di dollari che si è però rivelata catastrofica. A pagarne le conseguenze sono i lavoratori, tra i quali le migliaia di persone impiegate nelle sedi del Canton Argovia.
«La prevista alleanza industriale tra il gruppo francese Alstom e l’americana General Electric (...) non preoccupa troppo Johann Schneider-Ammann. Il Consigliere federale non vede alcun pericolo per i circa 6.500 posti di lavoro di Alstom in Svizzera». La previsione ottimista dell’allora responsabile del Dipartimento federale dell’economia, ripresa dall’Ats nel giugno 2014, è stata smentita dai fatti: più della metà degli impieghi dell’ex divisione energia di Alstom è stata soppressa da quando, nel 2016, i nuovi proprietari americani di Ge hanno lanciato la prima ondata di licenziamenti. Da allora i tagli si sono succeduti a ritmo incessante. L’ultima grande ristrutturazione è stata comunicata lo scorso mese di settembre quando il gruppo ha reso noto la sua intenzione di cessare le attività nello stabilimento di Oberentfelden. A rischio 562 impieghi specializzati nella progettazione di reti elettriche, attività che dovrebbe essere trasferita in Francia. L’annuncio ha suscitato l’indignazione delle maestranze e dei sindacati: «La procedura è ancora più vergognosa se si considera che, ancora lo scorso luglio, i dipendenti sono stati informati del loro imminente trasferimento a Birr, sempre nel Canton Argovia. Questi piani vengono ora modificati e all’improvviso i posti di lavoro devono essere trasferiti all’estero» ci spiega Manuel Wyss, responsabile del settore industria di Unia. L’indignazione, sfociata in una manifestazione a metà ottobre, non ha però fermato l’emorragia: la scorsa settimana è infatti stato annunciato il taglio di altri 84 impieghi presso la divisione Gas Power di Baden. A detta del gruppo si tratta di una scelta obbligata: «Queste proposte sono necessarie per migliorare ulteriormente la nostra competitività in una dinamica industriale sempre più esigente, garantendoci di poter rispondere al meglio alle mutevoli esigenze dei nostri clienti» ci spiega per email una portavoce del gruppo. Per i sindacati si tratta di un’ennesima operazione dettata da imperativi puramente finanziari: «Sono manovre che servono solo ai piani finanziari del management e non hanno alcun valore industriale. I collaboratori sono stanchi di questa indegna e continua distruzione delle capacità produttive di Ge in Svizzera» afferma Manuel Wyss. Il settore dell’elettricità fa parte dei cromosomi industriali del Canton Argovia. Alstom Svizzera era la nipote del polo sviluppatosi nel 1891 su impulso di Charles Brown e Walter Boveri. La produzione di componenti per centrali elettriche è stata a lungo un’attività della famosa Brown Boveri & Cie. Poi, a seguito della fusione con la svedese Asea per formare Abb, questo settore è stato venduto ad Alstom. Già allora, come ricorda al nostro giornale il Consigliere di Stato argoviese Urs Hofmann, la situazione era incerta: «La crisi della Brown Boveri e la fusione per formare Abb aveva già portato a massicci tagli di posti di lavoro. L’acquisizione di questa divisione da parte di Alstom ha portato ad una grande incertezza». Socialista, responsabile dell’economia argoviese sin dal 2009, Urs Hofmann, ha vissuto da vicino il passaggio da Alstom a Ge. Un’operazione che era considerata da più parti la soluzione migliore: «All’epoca era in discussione una vendita a Ge o alla tedesca Siemens. Anche il personale e i sindacati hanno ritenuto che una vendita al gruppo americano fosse più vantaggiosa, poiché con Siemens il rischio di duplicazione del personale, e quindi di licenziamenti, sarebbe stato maggiore. In ogni caso, la situazione era difficile per la Svizzera, poiché Alstom era in parte di proprietà dello Stato francese, che ha accettato la vendita solo con alcune garanzie da parte di Ge». Garanzie, quelle promesse alla Francia, che sono però state ignorate dal gigante americano: il gruppo dovrà pagare a Parigi una penalità di 50 milioni di euro per non avere rispettato i suoi impegni concernenti l’impiego. In Svizzera, di impegni ufficiali non ne erano stati presi, ma gli americani avevano affermato di voler puntare sull’eccellenza prodotta ad Argovia: «Ge non ha promesso di mantenere i posti di lavoro, ma ha comunicato chiaramente che disponeva di risorse finanziarie sufficienti ed era molto interessata alle capacità dei dipendenti svizzeri e a sviluppare ulteriormente Alstom Svizzera» spiega ad area Thomas Bauer, attuale presidente della commissione del personale, oggi in prima linea contro lo smantellamento. L’uomo, da 31 anni nel settore, ammette che, all’epoca, «avevamo il sentimento che quello con Ge fosse il miglior accordo». Qualcosa, però, è andato storto. Per Thomas Bauer, la società ha portato avanti una gestione finanziaria sciagurata: «Ge ha giudicato male il mercato prima di acquistare Alstom, ha sopravvalutato l’affare e ha pagato troppo per Alstom. Inoltre, per anni, hanno pagato dividendi troppo elevati agli azionisti e hanno dovuto correggere a suon di miliardi alcuni errori. Di conseguenza, le riserve finanziarie sono venute meno più velocemente di quanto la Ge potesse pensare». Nicola Mazzucchi è uno studioso francese, esperto di analisi su questioni energetiche. Per lui l’operazione Ge/Alstom è nata storta: «Sin dall’inizio c’erano molti rischi e la strategia non era chiara. Quando due imprese di taglia simile si fondono, come è stato il caso, il rischio d’insuccesso è del 50%. In questo caso vi erano anche dei problemi tanto a livello di concorrenza tra i due gruppi negli stessi segmenti produttivi quanto a riguardo di una strategia industriale che, nell’ambito energetico, era diversa». Per l’esperto, a questa difficile situazione interna si è aggiunto un fattore esterno: «La crisi della domanda dei prodotti più tradizionali come le turbine a gas, che erano un po’ il salvadanaio sia di Ge che di Alstom, ha sicuramente contribuito alla crisi. Questa è stata inoltre accentuata dalla forte concorrenza dell’industria asiatica. Concorrenza che è ancora più forte nell’ambito delle energie rinnovabili dove il gruppo fatica a decollare. Questo problema è probabilmente stato il colpo di grazia e oggi si cerca di correre ai ripari tagliando sul personale in tutta Europa». I tagli annunciati questo mese di autunno potrebbero non essere gli ultimi. Ne è convinto Thomas Bauer: «Se si guarda allo sviluppo di Ge in Svizzera ma anche a livello globale, è ovvio che Ge sta pianificando ulteriori licenziamenti». Una situazione che preoccupa anche Urs Hofmann: «Argovia è stata duramente colpita dai tagli operati da Ge. Grazie alla buona situazione economica degli ultimi anni, la maggior parte dei dipendenti ha ritrovato un lavoro. Tuttavia, i posti di lavoro che sono stati tagliati non saranno disponibili a lungo termine e sarà difficile creare nuovi impieghi su scala simile in questo settore. Data la situazione economica difficile, ulteriori tagli sarebbero un altro duro colpo» conclude il Consigliere di Stato.
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