Profeti e regnanti

Dopo un’estate torrida (sul piano atmosferico) ci aspetta un autunno rovente (perlomeno dal lato del dibattito politico). Si avvicinano infatti due importanti appuntamenti elettorali: quello federale in ottobre e quello comunale nell’aprile dell’anno prossimo. Il clima si fa dunque sempre più acceso ed è caratterizzato dallo scontro frontale, piuttosto che dal dialogo o dalla ricerca del consenso. Le contrapposizioni ideologiche diventano vieppiù violente: non a caso, gli esperti costatano anche in Svizzera una radicalizzazione delle posizioni politiche, che sta spazzando i partiti di centro e i movimenti partitici moderati. Inoltre, fedeli ai nuovi ritrovati dell’alchimia pubblicitaria, anche gli esponenti politici hanno imparato che tutte le occasioni sono buone per marcare presenza: dal punto di vista politico, come da altri, esiste solo chi si vede! Al di là dei programmi di partiti e candidati, per quanto ancora abbiano un valore nella nostra società, mi sembra utile evocare due figure che storicamente si sono sovente contrapposte: il profeta e il regnante. Gli episodi biblici che li presentano in contrasto sono innumerevoli. Basti perciò ricordare il profeta Natan che pone il re Davide in maniera inequivocabile di fronte alle sue responsabilità, quando questi ha orchestrato un omicidio per la solita “ragion di Stato”. In sostanza, dopo avere messo incinta Betsabea, la moglie dell’ufficiale del suo esercito Uria, Davide fa in modo di riparare il danno cercando dapprima di mandarlo a letto con la consorte Uria e, fallito questo piano, obbligandolo a combattere in prima linea, così da essere ucciso dal nemico. A Natan è affidato allora il compito di dire al Re: «Quanto hai fatto è male agli occhi del Signore!». Nella Bibbia il profeta è (o dovrebbe essere, poiché ci sono anche dei falsi profeti) colui che parla in nome di Dio, mentre il regnante è (o dovrebbe essere) colui che governa al posto di Dio. In prospettiva sociale e politica, la persona del profeta costituisce una sorta di controfigura o di alter ego del regnante; ne è la coscienza vigile e critica. Il profeta ricorda al re gli obblighi propri alla sua funzione: promuovere la giustizia, il benessere e la pace. Gli rammenta pure che la sua azione politica ha dei limiti invalicabili, perché non può decidere in modo arbitrario cosa sia buono e cosa cattivo. Se cerchiamo di trasporre l’immagine del profeta e del regnante nella situazione attuale, dobbiamo ammettere che il secondo si presenta volentieri come salvatore o come essere provvidenziale, rivendicando persino lo spirito di profezia (per promettere ciò che non potrà mantenere!). Senza voler fare d’ogni erba un fascio, al discorso politico e sociale forse non guasterebbero alcuni profeti in più e qualche pretendente al trono in meno?

Pubblicato il

12.09.2003 13:30
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