Negli scorsi giorni si è tenuto al Tribunale penale federale di Bellinzona (Tpf ) il processo nei confronti della Falcon Private Bank e del suo ex Ceo, Eduardo Leemann. L’istituto è accusato di non avere impedito il riciclaggio dei fondi illeciti dell’uomo d’affari di Abu Dhabi Khadem al-Qubaisi. L’esito di questo processo è molto atteso: si saprà se la strategia promossa negli ultimi anni dal Ministero pubblico della Confederazione (Mpc) sulla responsabilità penale delle banche – e in generale delle persone giuridiche – può reggere di fronte a un tribunale Il pubblico non è certo quello delle occasioni speciali. Lunedì 27 settembre, assieme a due colleghi giornalisti assistiamo all’apertura di quella che è una prima nella storia giudiziaria svizzera: il processo penale nei confronti di una banca. La Falcon Private Bank – oggi in via di liquidazione – è sul banco degli imputati, rappresentata dal ticinese Roberto Grassi, presidente ad interim del Cda (estraneo ai fatti). Si è spesso letto che questa inchiesta è legata al coinvolgimento della banca nel caso del fondo 1Malaysia Development Berhad (1Mbd) per il quale Falcon è già stata bacchettata dall’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma). In realtà, anche se coinvolge gli stessi protagonisti ed è avvenuto nello stesso lasso temporale, il caso finito ora davanti ai giudici non riguarda direttamente lo scandalo malese. Operazione Unicredit
La vicenda che ha portato la Falcon in tribunale, ruota intorno a una transazione sulle azioni della banca italiana Unicredit, il secondo più importante gruppo bancario della Penisola. Lo schema ha due protagonisti principali: Khadem al-Qubaisi, un ricchissimo uomo d’affari di Abu Dhabi, e Aabar Luxembourg, la filiale lussemburghese del fondo sovrano dell’Emirato, Aabar Investments. Attenzione, perché i ruoli si sovrappongono: al-Qubaisi era all’epoca l’amministratore delegato di questo fondo pubblico e della sua filiale in Lussemburgo la quale, a sua volta, controllava anche la banca Falcon in Svizzera. Una banca il cui Cda è stato presieduto dallo stesso al-Qubaisi dal 2009 al 2011. Tutto inizia nel giugno del 2010, quando l’uomo d’affari acquista privatamente, attraverso l’intermediazione di Falcon, circa 15 milioni di azioni di Unicredit per un valore stimato a quel momento a 261 milioni di euro. Proprio nello stesso periodo, ecco che Aabar acquisisce una partecipazione del 4,9% nella banca italiana. Una coincidenza dubbia che è valsa ad al-Qubai- si un’incriminazione per insider trading da parte della Procura di Milano. Per i pm milanesi, grazie al fatto che sapeva che Aabar stesse per entrare nel capitale di Unicredit, il manager emiratino ha potuto prevedere gli andamenti di prezzo del titolo della banca italiana realizzando per sé un guadagno di circa 21,6 milioni di euro. Col tempo, però, le azioni Unicredit hanno perso buona parte del loro valore. Un calo che è proseguito anche dopo che, nel 2012, Aabar ha aumentato la sua partecipazione al 6,5%, di- ventando il maggiore azionista. Proprio in parallelo, all’aumento di capitale da parte del fondo de- gli Emirati Arabi, al-Qubaisi ha deciso di vendere le proprie azioni Unicredit alla stessa Aabar. Lo avrebbe fatto senza mostrarsi direttamente e gonfiandone il prezzo, compensando così la perdita di valore delle sue azioni. Il meccanismo, come spesso in questi casi, è complesso e basato sull’ausilio di società offshore: le azioni sono state trasferite prima a una società offshore di al-Qubaisi, la Volbeat Invest & Finance Inc, che poi le ha rivendute ad Aabar Luxembourg al prezzo di 210 milioni di euro. Peccato che, il giorno della transazione, quelle azioni valevano soltanto 62 milioni. Al-Qubaisi avrebbe così fatto una cresta di circa 150 milioni di franchi a danno del- la società lussemburghese di cui era massimo dirigente: sarebbe questa gestione sleale a essere il presunto reato a monte per il riciclaggio contestato oggi al Ceo di Falcon e alla banca stessa. Lupi di Wall Street e Zurigo
Dalla vendita dei 210 milioni di euro di azioni Unicredit, 15 milioni di euro sono stati pagati come commissione a una società finanziaria delle Bermuda. Un ultimo milione di commissione è stato pagato anche a Falcon. Con l’aiuto della banca e del Ceo Eduardo Leemann, il denaro restante è stato poi utilizzato da al-Qubaisi – che è considerato correo e oggetto di un procedimento penale separato – per condurre la sua vita da nababbo. Dei 210 milioni, circa 61 sono finiti sul conto cifrato dell’uomo d’affari a Zurigo. Questi soldi, sarebbero poi stati investiti in beni immobiliari all’estero e in auto di lusso: una lista annessa all’atto d’accusa mostra gli oltre quaranta modelli di auto tra Ferrari, Bugatti, Lamborghini, Mc Laren eccetera. Altri 133 milioni sono stati trasferiti tramite un fondo ver- so la Telina Holding Ltd, una società offshore controllata da al-Qubaisi e diretta da Eduardo Leemann. Telina ha poi investi- to il denaro in una serie di transazioni ad alto rischio e in alcuni prestiti. Tra questi ne vanno segnalati due: uno da 50 milioni finito sul conto Bsi e destinato alla produzione del noto film con Leonardo Di Caprio “Il lupo di Wall Street”; un altro da 25 milioni è andato alla fondazione di famiglia di René Benko, il “re austriaco dell’immobiliare” che ha recentemente acquistato i negozi Globus da Migros. Secondo la Procura federale, tutti questi milioni controllati da Khadem al-Qubaisi sono stati riciclati da Eduardo Leemann, che ha agito come una sorta di banchiere privato dell’uomo d’affari degli Emirati. Quest’ultimo aveva questo doppio ruolo, al contempo cliente e padrone di Leemann il cui compito era quello di rendere difficile il rintracciamento del denaro originato dalla vendita delle azioni Unicredit. L’accusa ha chiesto 21 mesi di detenzione e una pena pecuniaria di 90 aliquote (pene entrambe sospese con la condizionale) per il banchiere. Il ruolo della banca
Da parte sua, la banca è accusata di non aver stabilito un sistema di controllo interno efficace. Secondo l’accusa, la banca non aveva un’adeguata divisione delle funzioni, non è riuscita ad evitare conflitti di interesse e non ha monitorato efficacemente le transazioni ad alto rischio. Secondo l’Mpc, a causa della sua carente organizzazione interna, Falcon ha quindi violato l’arti- colo 102 del codice penale: per questo ha chiesto una multa di 2 milioni di franchi e formulato una richiesta di risarcimento di 7 milioni. Introdotto nel 2003, l’articolo 102 permette di condannare un’impresa che non abbia saputo impedire reati quali appunto il riciclaggio o la corruzione. Questo articolo è già stato applicato in passato. Ad essere sanzionate sono state delle aziende multinazionali come la Alstom, Odebrecht o Gunvor, ma mai, finora, una banca. Inoltre, tutte le precedenti condanne sono state pronunciate tramite un decreto d’accusa, una sorta di accordo tra la Procura federale e l’impresa, con quest’ultima che ammette i fatti e accetta l’eventuale multa, confisca o richiesta di risarcimento, evitando, al contempo, i rischi di un processo e un’eccessiva esposizione mediatica. «Il fatto che, per la prima volta, un caso di questa im- portanza che concerne un’impresa sia oggetto di un processo pubblico e non si regoli tramite un decreto d’accusa è un elemento positivo per la trasparenza della giustizia» ci spiega Katia Villard, ricercatrice al Centro di diritto banca- rio e finanziario dell’Università di Ginevra. L’esperta seguirà con molto interesse l’esito del processo: «Sarà molto interessante vedere come l’articolo 102 del codice penale, che è la norma per l’attribuzione ad una società dei reati commessi dai suoi dipendenti, sarà interpretato dall’accusa, dalla difesa e, infine, dal Tribunale, in un contesto in cui i fatti sono contestati». La sentenza, comunicata il 15 dicembre, è attesa con trepidazione, non solo dagli esperti di diritto penale, ma anche dalle altre banche oggi sotto inchiesta in Svizzera tra le quali le ticinesi Pkb, Cramer e Bsi. La prima a essere sul chi vive è però Credit Suisse, il cui processo per il suo ruolo nel caso del re della cocaina bulgaro Evelin Banev dovrebbe iniziare a febbraio. |