Processo Pelloni: gli occhi bendati delle istituzioni

«Non vi sono i presupposti per procedere a una sospensione cautelare dell’autorizzazione all’esercizio della professione nei confronti del dr. Sandro Pelloni». È di qualche settimana fa la presa di posizione del Dipartimento della sanità e della socialità (Dss) - firmata dal direttore sostituto Marco Borradori - riguardo al gastroenterologo luganese, accusato e condannato di aver abusato sessualmente di una propria paziente e di coazione sessuale (con proscioglimento per questa accusa in Cassazione). Una presa di posizione che ha inferto un ulteriore duro colpo all’accusatrice principale e ha amareggiato profondamente il Comitato di sostegno alle donne vittime di violenza sessuale. Il quale ribadisce come, seppure sia venuto meno il rispetto del codice deontologico (lo stesso dottor Pelloni ammise comunque di avere avuto un rapporto sessuale con la paziente nello studio medico), non si sia proceduto ad un serio provvedimento (la sospensione) come ci si aspetterebbe in casi gravi come questo. «La decisione – ci spiega Nadia Canonica del Comitato di sostegno alle donne vittime di violenza sessuale – ci ha avvilite innanzitutto perché umilia il coraggio delle due donne che continuano a soffrire per una ferita riaperta dalla recente ingiustizia. Due donne che non vedono riconosciuto il torto subito. E, ancora, ci indigna perché riscontriamo nella risposta del Dss una forma, se non di legittimazione, di sottrazione al proprio ruolo di garante di fronte a dei comportamenti assolutamente inaccettabili. Stiamo parlando di deontologia violata e della forte necessità di ribadire l’indipendenza della decisione di sospensione dall’esito del procedimento penale». Ora il Comitato continuerà la propria battaglia anche se sarà più difficile convincere le donne vittime di violenza a sporgere denuncia, a venire allo scoperto o per lo meno a chiedere aiuto. Ci vorrà una campagna di sensibilizzazione che possa ridare loro fiducia. Per questo il Comitato – che oggi accoglie 213 iscritte – si sta muovendo per rendere maggiormente incisiva la propria azione di sostegno: l’8 maggio, infatti alla Casa del Popolo di Bellinzona si terrà l’Assemblea costitutiva dell’«Sos donna – Associazione Soccorso donne vittime di violenza sessuale». «Non vogliamo sostituirci – aggiunge ancora Canonica – ai servizi già esistenti, piuttosto ci preme fornire un primo punto di riferimento a quelle donne che, vittime di violenza, non sanno a chi chiedere aiuto. Questo è uno degli obiettivi adottati dalla nostra struttura associativa che accoglierà, inoltre, anche un gruppo di auto-aiuto coordinato da psicologa. Nel caso delle due signore che hanno denunciato Pelloni cercheremo di tenere viva l’attenzione, informando puntualmente l’opinione pubblica sull’evoluzione della vicenda. Il nostro, comunque, più che altro è un sostegno politico e umano perché al momento non abbiamo alcun mezzo finanziario per poter intervenire in questo senso». Si affievoliscono intanto le speranze che, alla fine, almeno il Dss prenda provvedimenti nei confronti del medico Pelloni. «No, non ci aspettiamo molto dal Dipartimento – dice Canonica – che ci sembra nicchi quando scrive che "si riserva tuttavia di procedere a dipendenza delle risultanze del nuovo processo, rispettivamente del preavviso della Commissione di vigilanza sanitaria (…)». L’impressione è che non ci si voglia assumere responsabilità e si rimandi continuamente la decisione. Noi però saremo presenti anche al secondo processo a dare solidarietà alla donna confrontata con una situazione dolorosa e logorante». Una situazione condivisa anche dalla seconda donna che ha visto cadere in Cassazione l’accusa di tentata coazione sessuale e che attende la sentenza del Tribunale federale. Ora la principale accusatrice del medico che, nonostante lo smacco subito, aveva affermato di volersi ripresentare in aula «per portare avanti la verità», si ritrova a veder svilito e mal riposto quel suo atto di profonda fiducia nella giustizia. Di fronte a quest’esperienza, diventa ancora più arduo il lavoro della futura associazione «Sos donna». «Effettivamente – concorda la nostra interlocutrice – bisognerà fare uno sforzo in più per convincere le donne che hanno subito violenza a non rinchiudersi nella propria solitudine e a vincere la paura. Eppure non bisogna demordere perché sappiamo che tanto più le donne avranno il coraggio di uscire allo scoperto quanto più ci sarà la possibilità di abbattere l’impunità che spesso caratterizza vicende drammatiche e dolorose come quella che ha vissuto e sta vivendo la vittima del processo Pelloni».

Pubblicato il

19.04.2002 04:00
Maria Pirisi