Processalo che poi tacerà

Un repeat player, stando alla sociologia del diritto, è quella figura della prassi giudiziaria che in misura assai superiore alla media ricorre ai tribunali. Può farlo in quanto i costi che gli derivano da una procedura (monetari, ma anche in termini di qualità di vita) sono nettamente inferiori a quelli della controparte. Spesso il repeat player, anche se non ha necessariamente ragione, con il continuo ricorso alla giustizia cerca di indurre un certo comportamento nel suo avversario, trascinandolo o minacciando di farlo in procedure giudiziarie infinite e costose. In questo senso l’avvocato Franco Masoni, padre della consigliera di Stato Marina Masoni, potrebbe corrispondere alla definizione del repeat player. Almeno a giudicare dalla vicenda che vede coinvolto Beat Allenbach, nostro collaboratore e già corrispondente dal Ticino per il Tages Anzeiger. Che per due articoli vecchi ormai di più di dieci anni si ritrova oggi di fronte al Tribunale federale. Dopo aver ottenuto ragione su tutta la linea dalle prime due istanze. Tutto cominciò il 3 febbraio 1995. Quel giorno il Tages Anzeiger stampò, a firma di Beat Allenbach, un articolo sul ricchissimo marchese Ferdinando Pica Alfieri, morto nell’estate del 1994. Franco Masoni era amico, legale e curatore di Pica Alfieri. L’articolo parlava di una girandola di testamenti del nobiluomo a favore di Masoni stesso poi revocati poco prima della morte, di una fondazione da costituirsi con il suo patrimonio e con il consiglio di fondazione interamente composto dalla famiglia Masoni, e di una parcella d’avvocato emessa agli eredi per 1,6 milioni di franchi. Il secondo articolo incriminato Allenbach lo scrisse sul Tages Anzeiger del 4 gennaio 1996. Esso riferiva della ricca vedova Gabrielle Bentinck, nata Thyssen-Bornemisza, di cui Masoni era avvocato e di cui si fece nominare curatore. Tra l’altro, secondo l’articolista, Bentinck per sottrarsi alle fin troppo pressanti cure di Masoni si sarebbe trasferita nel ’91 nei Grigioni assieme al figlio e a sua moglie, facendo perdere al Ticino tre facoltosi contribuenti. A rettifica del primo articolo Masoni chiese di pubblicare una risposta, che il Tages Anzeiger rifiutò a più riprese sostenendo che essa non rispettava i requisiti previsti dal Codice civile. Masoni si rivolse quindi all’allora pretore Werner Walser il quale, in una procedura per lo meno strana, ordinò la pubblicazione di una risposta… scritta dal pretore stesso. Il Tages Anzeiger dovette obbedire, ricorrendo però al Tribunale d’Appello che, a posteriori, diede ragione al giornale. Masoni, benché avesse ottenuto la pubblicazione di un testo corrispondente ai suoi desideri, ricorse a sua volta al Tribunale federale: che gli diede torto. Per i due articoli in questione Masoni fece poi causa, il 3 marzo 1997, ad Allenbach e all’allora direttore del Tages Anzeiger, Roger De Weck, chiedendo al pretore di accertare che quegli articoli ne pregiudicavano la personalità, colpendolo illecitamente e colpevolmente nell’onore. Masoni chiese pure 7 mila 999 franchi per torto morale. Egli sosteneva che ancora a un anno di distanza dalla pubblicazione la sua posizione era stata messa in discussione all’interno del consiglio d’amministrazione di una nota azienda proprio per quegli articoli. Il 14 aprile 2003 il pretore Francesco Trezzini respinse l’istanza di Masoni, condannandolo a pagare 5 mila franchi alla controparte per le spese di patrocinio. Masoni ricorse allora al Tribunale d’appello, che, lo scorso 21 dicembre, gli ha dato nuovamente torto, accollandogli altri 2 mila franchi da versare alla controparte. Il Tribunale d’appello ha accertato che alcune affermazioni contenute negli articoli di Allenbach ledono la personalità di Masoni (ad esempio giudizi prossimi alla circonvenzione d’incapace, frasi che insinuano una certa avidità di Masoni o che ne mettono in dubbio la correttezza professionale). Ma ha pure stabilito che Allenbach non ha riportato fatti falsi («avevo scritto solo fatti provati e documentati», dice Allenbach) e che le omissioni e le approssimazioni concernono soltanto aspetti non decisivi. Quanto all’interesse pubblico preponderante, che giustifica la pubblicazione di fatti lesivi della personalità se non sono falsi, nella sentenza d’appello si conferma che prevale l’interesse pubblico all’informazione in quanto «sono in esame fatti legati alla vita professionale di una persona appartenente alla storia contemporanea, estranei per altro alla sua vita intima». Essendo lecita la lesione della personalità di Masoni è quindi stata respinta la richiesta di riparazione del torto morale. Franco Masoni contro la sentenza del Tribunale d’appello del 21 dicembre ha nel frattempo inoltrato ricorso al Tribunale federale. “Prolisso e a tratti oscuro” Un memoriale «prolisso» e «a tratti oscuro». Così il Tribunale d’appello definisce nella sua sentenza l’atto d’appello di 29 fittissime pagine (firmato da Paola Masoni) con cui Franco Masoni si oppone alla sentenza del pretore nella vertenza che lo oppone a Beat Allenbach e al Tages Anzeiger. Pretore che a sua volta aveva già imposto a Masoni di sostituire la prima istanza con un testo più succinto (che si fermò poi a 16 pagine). Non solo. Impressionante è la documentazione versata agli atti da Masoni a sostegno delle sue tesi, fra cui discorsi e articoli sullo stesso Masoni risalenti addirittura al 1979 e un plico di 178 articoli a firma Beat Allenbach pubblicati sul Tages Anzeiger fra il 1992 e l’inizio del ’96. Insomma, tanto lavoro per lo studio Masoni sì, ma anche per Allenbach e il Tages Anzeiger. Un lavoro che Masoni continua di fronte al Tribunale federale e che la controparte, anche qualora dovesse ritornare vincitrice pure da Losanna, dovrà pagarsi in gran parte di tasca propria, come accaduto finora. Il tutto per dimostrare che Franco Masoni sarebbe stato vittima di una campagna di stampa ordita da un giornale «scandalistico» allo scopo di screditarlo. Masoni parla di metodo o sistema «arrembacchiano», ironizzando, dice, «tra Allembach e arrembaggio». Un metodo che si spingerebbe fin nella ricerca delle fotografie in cui è ritratto Masoni, caratterizzate da «aspetto minaccioso, formato, durezza dei toni e dei contrasti», che si baserebbe sulla «artificiosa creazione di sospetti» usando «brandelli di verità per far credere alla veridicità» e che farebbe capo «a voluta commistione di fatti e commento, di piccole verità per legittimare grandi menzogne e soprattutto per accreditare una rappresentazione d’insieme volutamente contraria alla realtà». Rischi per i giornalisti seri «Sulla sentenza in sé del Tribunale d’appello non mi pronuncio», dice ad area Beat Allenbach, l’autore degli articoli pubblicati dieci anni fa dal Tages Anzeiger e finora vanamente contestati da Franco Masoni. «Dico solo che il ricorso al Tribunale federale non mi stupisce. È notorio che l’avvocato Masoni non esita ad andare fino al Tribunale federale». Questa vicenda però, osserva Allenbach, è istruttiva sui rischi cui può andare incontro un giornalista che voglia fare a fondo il suo mestiere: «Masoni ha mosso moltissima carta, facendo lavorare tantissimo il nostro avvocato. In queste condizioni se non sei sostenuto da un giornale che si assume tutte le tue spese non puoi permetterti una procedura giudiziaria. Anche se hai ragione e se hai lavorato correttamente. E allora probabilmente certi temi non li affronti. A noi finora due istanze hanno dato ragione. Ma i 7 mila franchi riconosciutici non coprono neppure lontanamente i costi che la procedura avviata da Masoni ci ha causato. Senza contare il lavoro supplementare anche per me».

Pubblicato il

10.03.2006 02:30
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