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Primo sì al “piano misto” per finanziare la 13esima rendita AVS

Al Consiglio degli Stati si impone il modello della maggioranza di centro-sinistra: su l’IVA e aumento dei contributi salariali. Bocciato su tutta la linea il Consiglio federale. L’USS: soluzione equilibrata

Aumento dell’IVA e dei contributi salariali. Ha sortito questa soluzione “mista” il primo round parlamentare dedicato alla definizione dei mezzi di finanziamento della 13esima rendita AVS (che sarà versata per la prima volta nel 2026), al centro questa mattina di un lungo dibattito al Consiglio degli Stati, che ha quindi bocciato su tutta la linea il piano del governo. Un piano che prevedeva esclusivamente un immediato aumento dell’IVA di 0,7 punti percentuali, così come una riduzione del contributo fisso della Confederazione all’AVS, che pure è stata silurata dalla maggioranza dei senatori.  

 

Una maggioranza di centro-sinistra impostasi già a livello di commissione con questo “piano di finanziamento globale”, che si compone di due misure principali. Innanzitutto un innalzamento a partire dal 2028 dei contributi salariali per l’AVS di 0,4 punti percentuali (per metà a carico dei datori di lavoro e per metà a carico dei dipendenti), accompagnato però dalla contemporanea riduzione dei prelievi salariali per l’Assicurazione contro la disoccupazione (che con i suoi 8 miliardi di franchi di riserve gode di buona salute finanziaria) dello 0,2%. Ne risulta così un aumento effettivo netto dei contributi AVS di 0,2 punti percentuali: 0,1 a carico del salariato e 0,1 del datore di lavoro. Parallelamente è previsto un aumento dell’IVA di 0,5 punti che porterebbe l’aliquota normale all’8,6%. Così nelle casse dell’AVS confluirebbero circa 3,7 miliardi all’anno, non sufficienti per coprire i costi annuali della 13esima rendita (circa 4,2 miliardi e che nel prossimo decennio andranno ad aumentare a 5,5) di cui ci si occuperebbe però nel quadro della prossima grande riforma.

 

Ma il Consiglio degli Stati ha anche deciso di attribuire al Consiglio federale la competenza di aumentare l’IVA di un ulteriore mezzo punto percentuale nel caso (ritenuto piuttosto probabile) di un’approvazione popolare dell’iniziativa del Centro che prevede la soppressione del cosiddetto “plafonamento” delle rendite per coniugi, che attualmente non possono superare il 150% della rendita massima AVS. Una situazione ritenuta discriminatoria rispetto alle coppie non sposate e a cui l’iniziativa porrebbe rimedio, ma generando costi supplementari per 4 miliardi all’anno. Questo “finanziamento preventivo” di un’iniziativa che deve ancora essere esaminata dal Parlamento e sottoposta a votazione popolare ha suscitato le critiche di diversi senatori del PLR e dell’UDC, ma anche da quale esponente del Centro. “Una prima istituzionale assai discutibile”, è stato affermato. Ma anche in questo caso le voci critiche sono rimaste in minoranza e il plenum ha seguito le proposte della propria Commissione della sicurezza sociale e della sanità (CSS). Compresa quella di prevedere nella legge che il fondo di compensazione (la “riserva” dell’AVS per consentire di versare le prestazioni anche in caso di fluttuazione delle entrate) non debba in linea di principio scendere al di sotto dell’80 per cento delle uscite annue (contro il 100% attuale) e che, se esso si dovesse avvicinare a questa soglia critica, il Consiglio federale dovrebbe immediatamente presentare al Parlamento misure di stabilizzazione, mentre se scendesse al di sotto andrebbe attuato un ulteriore aumento dei contributi salariali (fino a un massimo di 0,4 punti).

 

Maillard: non perfetta ma equilibrata

La destra ha tentato invano la carta della non entrata in materia sull’intero pacchetto con cui si andrebbe «senza scrupolo a mettere le mani nelle tasche dei lavoratori e dei contribuenti», ha detto Hannes Germann (UDC), ferocemente contrario soprattutto all’aumento dei contributi salariali. Si tratta di una soluzione «flessibile ed equilibrata», ha ribattuto il socialista e presidente dell’Unione sindacale svizzera (USS) Pierre-Yves Maillard, pur definendola «non perfetta» e ammettendo che essa «negli ambienti sindacali e di sinistra non suscita grande entusiasmo» in particolare a causa dell’aumento di una tassa anti-sociale come è l’IVA.

 

L’USS in un comunicato stampa parla di “un’importante vittoria di tappa per un finanziamento solido della 13esima rendita AVS” e ribadisce come la strada da seguire non sia quella voluta dalla destra di “indebolire l’AVS a poco a poco per arrivare ad aumentare l’età di pensionamento che il popolo ha chiaramente respinto”. Positiva è poi la chiara decisione di bocciare la riduzione (dal 20,2 al 18,7%) del contributo fisso della Confederazione all’AVS proposto dal Consiglio federale: “È un chiaro segnale contro i piani di risparmio sull’AVS nel quadro del pacchetto di tagli al bilancio. La Confederazione non può sottrarsi alle sue responsabilità”, scrive l’USS, sottolineando come sia “anche una questione di ripartizione della ricchezza” visto che “attraverso il contributo federale anche i beneficiari di dividendi e il settore finanziario partecipano al finanziamento dell’AVS”. Di qui l’auspicio che il Consiglio nazionale confermi le odierne decisioni prese dalla Camera dei Cantoni, che ha accolto il pacchetto con 24 voti contro 17.

 

Di tutt’altro avviso invece Economiesuisse, l’Unione svizzera degli imprenditori e l’Unione svizzera arti e mestieri (USAM), che le definiscono “irresponsabili”. “Un rafforzamento delle prestazioni AVS sulle spalle dei giovani e dei lavoratori è inaccettabile”, sostengono rilanciando la ricetta dell’aumento dell’età pensionabile.

Ora il dibattito si sposta al Consiglio nazionale.

 

FOTO: © Marlon Trottmann / Alamy Foto Stock

Pubblicato il

12.06.2025 18:24
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