Giustizia

Prima condanna in Svizzera per crimini contro l’umanità

Un uomo è stato condannato in appello a vent’anni di prigione per le atrocità durante la guerra civile liberiana

È una sentenza storica quella pronunciata oggi pomeriggio – primo giugno 2023 – dal giudice Olivier Thormann della Corte d’appello del Tribunale penale federale (TPF). Alieu Kosiah, ex capo comandante delle milizie liberiane dell’ULIMO (United Liberation Movement of Liberia for Democracy), è stato condannato a 20 anni di prigione per crimini contro l’umanità. L’uomo è ritenuto colpevole di avere ucciso e fatto giustiziare dei civili oltre che di aver violato le leggi di guerra durante il sanguinosissimo conflitto civile in Liberia fra il 1993 e il 1995. 

 

Dopo aver guidato le milizie dell’ULIMO, fazione ribelle che si è macchiata di crimini abominevoli, Alieu Kosiah si è trasferito in Svizzera. Dalle parti di Losanna ha vissuto per oltre quindici anni: si è sposato, ha divorziato, senza che nessuno potesse sospettare del suo passato. Tutto tranquillo fino a quando, nel 2014, è stato arrestato. Da allora non è più uscito di prigione. Sette vittime liberiane sostenute dall’ONG Civitas Maxima lo hanno accusato di aver partecipato direttamente a crimini di guerra e contro l’umanità. Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha istruito il caso e inoltrato un atto d’accusa nel marzo 2019.

 

Più che “semplici” crimini di guerra

 

A fine 2020 si è aperto il primo processo che ha portato ad una prima condanna per crimini di guerra. Da sempre dichiaratosi innocente e vittima di un complotto, Alieu Kosiah si era opposto alla decisione. Così, a gennaio 2023, l’uomo è ritornato a Bellinzona. Il processo di appello si è aperto con una novità sostanziale: un capo d’accusa ancora più grave, quello di crimini contro l’umanità.

 

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In precedenza, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) era rifiutato di estendere l’azione penale in base al principio di non retroattività. In sostanza si riteneva che la disposizione sui crimini contro l’umanità, entrata in vigore nel 2011, non potesse essere applicata a questo caso. Nel frattempo, però, una decisione giudiziaria nell’ambito di un’altra vicenda – l’assassinio di un oppositore iraniano avvenuto nel 1990 nel Canton Vaud – ha cambiato le cose. L’atto d’accusa è stato quindi modificato, su richiesta delle parti civili, mettendo in risalto il fatto che le presunte atrocità commesse da Alieu Kosiah fossero parte di attacchi sistematici lanciati contro la popolazione civile e quindi non potevano essere più considerate “solo” come crimini isolati. Un cambio d’approccio importante per le vittime, alcune delle quali presenti a Bellinzona lo scorso inverno per rivivere in prima persona le atrocità subite e guardare negli occhi l’ex comandante militare.

 

"Sentenza importante per le vittime"


La Corte d’Appello ha di fatto validato questa scelta e condannato il cittadino liberiano a vent’anni di prigione per crimini contro l’umanità. I giudici hanno giudicato credibili le testimonianze raccolte e dettagliato le atrocità di cui Alieu Kosiah è stato protagonista: ha ucciso e fatto giustiziare dei civili, ha violentato una civile, è stato responsabile di atti crudeli, ha ordinato saccheggi, ha utilizzato bambini soldato e ordinato o diretto trasporti forzati. “Gli omicidi contestati all’imputato – ha spiegato il giudice Thormann – fanno parte di un attacco generalizzato contro i civili e devono essere qualificati di crimini conto l’umanità”.

 

La sentenza è da considerarsi storica, come hanno ricordato tutti gli avvocati a margine del processo. È infatti la prima volta che un imputato viene processato e condannato in Svizzera per crimini contro l’umanità da quando, nel 2011, sono entrate in vigore in Svizzera le nuove disposizioni dello Statuto di Roma che danno competenza alla Procura federale di perseguire una persona che ha commesso atti contro l’umanità e crimini di guerra anche al di fuori del territorio elvetico. “Per le vittime che rappresentiamo si tratta di un traguardo importante. Giustizia è stata fatta e ciò fa ben sperare per il futuro” ci ha detto Raphael Jakob, avvocato di una delle vittime.

 

Soddisfazione anche da parte della Procura federale: “Questa decisione conferma che la Svizzera è in grado di perseguire e processare casi di diritto penale internazionale” ha dichiarato l’MPC secondo cui “si tratta di una decisione importante anche per le vittime, che hanno compiuto notevoli sforzi per venire in Svizzera a testimoniare”. La Procura federale esprime soddisfazione anche per il fatto che la controversa questione controversa dei crimini contro l'umanità sia stata decisa nel merito: “Si tratta di una questione importante anche per altri casi condotti dall'MPC, che potranno contare su questa decisione in futuro”.

 

Tocca ora ad un ex ministro del Gambia


Oggi, si contano complessivamente 28 accertamenti preliminari e inchieste penali pendenti nell’ambito del diritto penale internazionale. Si tratta di vicende che riguardano accuse di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi tra il 1982 e il 2022 in 14 Paesi. Appena nominato, il nuovo procuratore generale Stefan Blättler ha dichiarato pubblicamente che la lotta all’impunità per i crimini internazionali sarà uno dei quattro pilastri del suo lavoro. Le ONG attive in questo ambito come Civitas Maxima o Trial International hanno apprezzato un cambiamento di atteggiamento rispetto all’era Lauber.  Anche perché sembra esserci, almeno a parole, la volontà di esaminare il ruolo degli attori svizzeri nel saccheggio delle materie prime in contesti bellici. Tra le inchieste aperte vi sono, ad esempio, quella che riguarda un’impresa di Zugo che avrebbe venduto del petrolio ad un gruppo armato in Libia e quella che concerne un uomo d’affari attivo nel settore minerario in Congo.

 

La prossima persona a finire in tribunale sarà però Ousman Sonko, ex ministro dell'Interno della Repubblica del Gambia. Dopo un'indagine penale durata più di sei anni, l’MPC ha depositato di recente un atto d’accusa. L’uomo è accusato di aver sostenuto e partecipato alle politiche repressive messe in atto dal presidente Yahya Jammeh. Le accuse contro di lui, spiega l'MPC, "si estendono a un periodo che va dal 2000 al 2016 e costituirebbero in particolare crimini contro l'umanità". Staremo a vedere se, come nel caso Alieu Kosiah, queste indagini si concretizzeranno in una condanna.

 

 

Pubblicato il

01.06.2023 16:09
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