L'uccisione di un giovane ticinese, morto in seguito ad un brutale pestaggio da parte di tre ragazzi, ha suscitato in Ticino tristezza, smarrimento, rabbia.
Lavoro forzato in Siberia per i delinquenti stranieri, ha tuonato Giuliano Bignasca. Proprio lui, il pluricondannato capo della lega, che deride la giustizia, che si sente al di sopra delle leggi, fa la voce grossa. Ma persone come lui sono, in effetti, parte del problema; mi spiego. La sua violenza verbale, il suo disprezzo per le istituzioni come per le persone invitano a disattendere le regole, fanno germogliare la violenza nelle sue diverse forme. Le forze politiche più costruttive sono rimaste a lungo mute, proprio quando il Ticino aveva bisogno di sentire delle voci responsabili. Nel frattempo il Consiglio di Stato ha istituito un Gruppo di coordinamento sulla violenza giovanile per meglio affrontare l'argomento e per poter prendere delle misure con lo scopo di arginare questo fenomeno devastante.
I tre giovani saranno puniti. Il ministro di giustizia ha chiesto una pena esemplare. Non mi piace questo termine che sa un po' di giustizia speciale, capirei meglio in queste circostanze che ci si aspetta dalla giustizia un chiaro segnale e, soprattutto, una sentenza giusta e coerente. Contro la violenza dei giovani l'applicazione delle leggi è importante, ma non è sufficiente; non ci si può neanche accontentare del Gruppo di coordinamento sulla violenza giovanile.
Ci vuole di più, non tanto contro potenziali delinquenti, ma in favore dei giovani e della popolazione intera; tutti devono poter uscire, giorno e notte, nei paesi e nelle città, senza il timore di un'aggressione. Le statistiche sono chiare, i giovani violenti sono una piccola minoranza, anche se è accertato che tra i giovani dai balcani la percentuale di autori di violenza è maggiore. Aggiungiamo che pure in questo gruppo i violenti rappresentano una minoranza. Non dimentichiamo che in alcuni paesi, dai quali provengono dei giovani che vivono tra di noi, non molti anni fa si faceva la guerra; le loro famiglie, talvolta, sono strutture autoritarie che sanzionano con mano pesante chi sgarra. Trasferite da noi, le famiglie difficilmente possono imporre le regole con la forza, i giovani, allora disorientati, pensano che tutto sia lecito. Tra questi ragazzi sbandati troviamo anche parecchi svizzeri, non si tratta quindi di un problema degli stranieri, come qualcuno vuol farci credere. Ma come proteggere le potenziali vittime? In famiglia e a scuola, dal primo anno, si deve far capire ai ragazzi che i conflitti non si risolvono con un pugno o un calcio. In questo ambito dai genitori, dagli insegnanti e dalle direzioni delle scuole è richiesto coerenza: chi infrange le regole, picchia o aggredisce degli indifesi, deve pagare. Si deve far capire che attaccare i più deboli e andare in tre contro uno non è tollerato. L'educazione alla non violenza e la coerenza nel sanzionare le trasgressioni farà diminuire, lo spero, la violenza. Non la elimineremo, poiché degli inspiegabili atti di violenza accadranno sempre, ma non devono essere sopportati con rassegnazione.

Pubblicato il 

22.02.08

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