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Presunzione di dipendenza per i fattorini

di

Andreas Rieger

Solo pochi anni fa il capitalismo ci prometteva un mondo nuovo e migliore: niente po’ po’ di meno che la liberazione dalla schiavitù salariale! Il futuro sarebbe appartenuto ai lavoratori autonomi mentre il lavoro salariato sarebbe divenuto un modello obsoleto. Obsoleto come i sindacati. I nuovi indipendenti avrebbero finalmente potuto lavorare in proprio a seconda dei bisogni individuali. Milioni di persone sono entrate in questo nuovo mondo del lavoro o vi sono state spinte. Ma ben presto ci si è resi conto dell’assenza di ogni forma di protezione, per esempio in caso di malattia o di mancanza di lavoro. I neoliberisti hanno trovato rapidamente una soluzione: creare una forma giuridica intermedia tra il lavoro autonomo e quello salariato. I politici di tutta Europa, Svizzera compresa, si sono mossi in questa direzione.


I sindacati si sono opposti fin dall’inizio. La maggior parte dei lavoratori autonomi sono di fatto dei salariati, perché lavorano su mandato di un datore di lavoro che semplicemente si libera dei suoi doveri. In diversi posti sono state intraprese azioni legali contro Uber, Deliveroo eccetera.

 

Gli interessati hanno dal canto loro iniziato a combattere i nuovi sistemi di sfruttamento: i fattorini in Italia e Spagna, i tassisti nel Regno Unito e in Svizzera. Con successo: nel marzo 2021, i sindacati italiani hanno firmato un accordo con la società di ordinazione e consegna pasti Just Eat, che prevede l’assunzione dei rider, considerati dunque dei veri e propri dipendenti, alle condizioni previste dal contratto nazionale della logistica. Nel Regno Unito, in Francia, nei Paesi Bassi e anche in Svizzera, a Ginevra, i tribunali hanno più volte sentenziato che autisti e fattorini di queste società sono dei lavoratori dipendenti a tutti gli effetti. Un principio che in Spagna dall’estate scorsa è inscritto (caso unico in Europa) in una legge: essa introduce la “presunzione di dipendenza” e dunque tutti i fattorini sono considerati lavoratori dipendenti a meno che non si dimostri il contrario.


Ora tocca all’Ue. In settembre, il suo parlamento ha approvato a larga maggioranza un rapporto che riprende l’impostazione della legge spagnola e attualmente la Commissione sta discutendo una direttiva. Ma BusinessEurope, l’associazione padronale europea fa muro contro una migliore protezione dei lavoratori. Ludovic Voet, responsabile del dossier per la Confederazione europea dei sindacati avverte: «In materia di lavoro con piattaforme digitali abbiamo vinto il primo round contro l’ideologia neoliberista, ma ora le multinazionali della logistica stanno facendo pressioni su Bruxelles nel tentativo di ammazzare la direttiva o di svuotarla di contenuti». Anche con il riconoscimento dello statuto di dipendenti, la battaglia sul terreno continua, perché Uber, Dpd e simili ricorrono all’assunzione degli autisti da parte di società subappaltatrici per continuare a lavarsene le mani. 

Pubblicato

Giovedì 18 Novembre 2021

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