Poveri zurighesi

Zurigo riesce sempre a stupire per il suo modo di affrontare la povertà. Tempo fa ci è riuscita benissimo la verde Stocker, responsabile degli affari sociali della città, che ha proposto di stimolare l’assunzione di persone al beneficio dell’assistenza sociale creando posti di lavoro da mille franchi al mese. Ora ci si mette pure il Gran Consiglio che lunedì scorso ha approvato una modifica alla Legge sull’aiuto sociale. In breve, sarà possibile infliggere delle multe ai cosiddetti casi di abuso. Saranno considerati abuso la dichiarazione di informazioni false o l’aver taciuto eventuali cambiamenti della propria situazione. Si aggiunge così un ulteriore tassello alla insistente caccia agli abusi, le nuove streghe della nostra epoca. Invero non è poi così stupefacente che si arrivi a tanto. Da sempre, a livello popolare viene fatta una distinzione tra il vero e il falso povero, tra chi merita l’aiuto e chi ne approfitta. Del resto, un periodo di crisi come questo, che dura da anni, finisce col fomentare un clima di sospetto e una sensazione di ingiustizia: ma come, io mi faccio un mazzo così per guadagnarmi la pagnotta e quelli ricevono i soldi senza muovere una paglia? Quella di Zurigo non sarà quindi l’ultima proposta del genere ad ottenere l’avallo di un parlamento. I rapporti di forza nel nostro paese sono quello che sono e, del resto, quello degli abusi è un tema sul quale concordano elettori di destra e di sinistra. Nonché vittime e carnefici: ricordo che anni fa, tanto per fare un esempio, durante un corso per disoccupati, dopo attenta riflessione e discussione i quindici partecipanti conclusero che secondo loro almeno il 70 per cento dei disoccupati abusava dell’assicurazione; cambiarono idea solo quando gli feci osservare che se le cose stavano così fra loro c’erano almeno dieci approfittatori… È triste constatare che i pregiudizi orientano a tal punto la politica, che dimostra così disprezzo per i diritti sociali. Già, perché con il pretesto di colpire gli abusi, in realtà si colpisce la popolazione tutta. Chiedere l’aiuto sociale non è un passo facile per nessuno. Con una minaccia di sanzione lo diventa ancora meno: alla vergogna di essere considerati degli inetti, si aggiunge la paura di essere presi per delinquenti. Tecnicamente si chiama effetto di soglia: modifico le condizioni di accesso ad una prestazione e ottengo una riduzione dell’erogazione della prestazione stessa, perché meno individui vi fanno o possono farvi ricorso. Secondariamente, la definizione di un abuso non è un fatto semplice né puramente tecnico. Cosa vuol dire dichiarare il falso e/o non comunicare eventuali cambiamenti della propria situazione? Chi accerta e come l’esistenza di un abuso? Quali possibilità di difendersi (e non mi riferisco ai mezzi legali ma a quelli reali) hanno delle persone di per sé già fragili? In terzo luogo, v’è da chiedersi, lo ha tempestivamente fatto Ueli Tecklenburg (segretario generale della Conferenza Svizzera delle istituzioni dell’azione sociale) come faranno gli assistiti a pagare le multe loro inflitte. Si arriverà come Tecklenburg stesso teme a convertire le multe degli assistiti in giorni di detenzione? Tutto questo ha un sapore molto amaro. Non vorrei essere un cattivo profeta, ma sembra proprio che la parabola discendente dello stato sociale si stia avviando verso il suo capolinea. Anzi, che stia tornando al suo punto di partenza: a quando le case di rieducazione al lavoro (le famigerate workhouses inglesi di inizio 1800, in cui i poveri erano costretti a lavorare in condizioni disumane)?

Pubblicato il

10.02.2006 13:30
Mauro Marconi