Come distinguere un “vero sindacalista” da un “falso sindacalista” ? La questione può far sorridere. A Ginevra è, invece, un interrogativo serio. Con la candidatura di Charles Beer, 41 anni, segretario generale di “Actions-Unia”, al consiglio di Stato ginevrino, il mondo sindacale è stato colto da un’insolita febbre. Si tratta di eleggere,
il 2 marzo, il successore di Micheline Calmy-Rey al posto di ministro delle Finanze del cantone.
Il sostegno dei sindacalisti al “collega” Beer dovrebbe essere dato per certo. E invece no. Disapprovazione è stata espressa, nelle scorse settimane, da alcuni esponenti di rilievo delle organizzazioni di difesa dei lavoratori, che giudicano il candidato come troppo “consensuale”. In precedenza l’ala dura della sinistra ginevrina aveva bollato Charles Beer come
un “centrista compromesso con il padronato e la destra”. Insomma la candidatura del sindacalista (deputato socialista al legislativo cantonale dal 1997) ha dato vita a un curioso psicodramma tra i ranghi delle forze progressiste del cantone. Gli altri due candidati – il radicale François Longchamp, 39 anni, e l’Udc André Reymond,
63 anni – non possono che dire grazie.
Dal canto suo rispondendo alle domande di “area” Charles Beer giudica prive di fondamento le critiche che gli vengono mosse.
Charles Beer, lei è un sindacalista che punta alla poltrona di ministro del cantone di Ginevra. Quando l’esercizio del potere si sostituirà al lavoro sindacale, si tratterà, però, di stare da una parte o dall’altra, poiché il sindacato è per definizione un contropotere. Qual’è la sua posizione?
Premetto che, politicamente, secondo me, l’elezione di un sindacalista non è una garanzia in sé. Dovrebbe dapprima mostrare di esser capace di rispettare gli impegni presi. Se sarò eletto, svolgerò naturalmente la mia funzione di consigliere di Stato, e beninteso dirò ai sindacati, in primo luogo al mio sindacato, di continuare a esercitare la loro funzione di contropotere.
I sindacati devono mantenersi critici
Le organizzazioni sindacali dovrebbero dunque diffidare di lei?
Dico che non dovranno smettere di mantenere una posizione critica e contestataria nei confronti del potere. Il pericolo è che i sindacati sospendano la loro azione a un improbabile alleanza con il potere, come è avvenuto in Francia negli anni 80, quando François Mitterand era presidente. Ecco i sindacati non devono cadere in questa trappola, non devono deviare dalla loro azione.
Come si fa, concretamente, a indicare quando e come un sindacato devia dalla sua azione?
La lotta sindacale si svolge essenzialmente “negoziando” e deve essere svolta nei luoghi destinati appunto ai negoziati. Mai fuori da questi. Nelle assemblee generali del personale, ad esempio, e non attorno a un tavolo, con la direzione dell’azienda, senza aver precedentemente consultato i lavoratori. Inoltre i negoziati devono essere svolti nella più totale trasparenza. Quando uno di questi criteri viene meno, la lotta sindacale rischia di essere presa nella rete del potere.
I rimproveri
di “SolidaritéS”
La sua candidatura non avrà l’appoggio del partito “solidaritéS”. L’ala dura della sinistra ginevrina le rimprovera di essere un “centrista”, compromesso con il padronato e la destra.
Queste critiche sono infondate e diffamatorie. È stato detto ad esempio che ho militato per la liberalizzazione del mercato dell’elettricità. Niente di più falso. Ho fatto campagna contro la legge, addirittura contro la posizione del consigliere federale eletto tra i ranghi del mio partito, Moritz Leuenberger. Ho anche aderito al progetto di legge per la settimana di 36 ore. Sono stato critico nei confronti del testo di legge, è vero, ma ho sostenuto l’iniziativa. In ultimo ricordo che ho condotto, con i collaboratori del negozio di giocattoli “Toy’s R Us”, uno dei più duri scioperi degli ultimi anni a Ginevra.
Tornando al suo impegno come eventuale futuro consigliere di Stato, Lei è naturalmente cosciente del fatto che a Ginevra si assiste a un fenomeno di pauperizzazione crescente. Circa il 40 percento dei contribuenti ricevono sussidi per pagare i premi della cassa malati. Ciò significa che 4 contribuenti su 10 non percepiscono un salario sufficiente. Come far fronte a questa situazione?
Purtroppo, sul piano economico, la politica dispone di soli tre mezzi di intervento, a livello cantonale. Il resto è delegato alla Confederazione. Si può agire dunque sui premi delle casse malati, sugli affitti e sui salari. In quasi tre versanti bisogna esercitare una pressione costante per frenare la pauperizzazione delle famiglie e di quelle persone che percepiscono salari inadeguati e insufficienti per far fronte alle spese, che aumentano ogni anno.
Va bene esercitare una “pressione costante”, ma qual è la sua ricetta?
Per quanto concerne gli affitti, occorre aumentare l’offerta di alloggi a basso costo e soprattutto la loro assegnazione a chi ne ha realmente bisogno. Un altro intervento consiste nel lottare contro la speculazione edilizia acquistando terreni e applicando un controllo statale del prezzo del terreno.
Riguardo ai premi delle casse malati, mi impegno a favore di una cassa unica federale e per un calcolo dei premi in funzione del reddito. Infine sul versante dei salari, l’intervento del potere politico deve essere svolto di pari passo con un’azione sull’occupazione. Ricordo che la definizione del salario minimo è di competenza federale. A livello cantonale, si può e si deve agire sull’inserzione o sulla reinserzione dei lavoratori, sul miglioramento delle condizioni di lavoro, e soprattutto sull’imposizione, al padronato, di minima salariali.
Andare oltre
la logica contabile
D’accordo, ma tutto questo non è nuovo. Gli interventi che Lei descrive fanno parte di una “gestione corrente”, intendo nel quadro di una politica di sinistra, beninteso. Se lei è eletto, occuperà con ogni probabilità il posto di ministro delle Finanze. Avrà una funzione esecutiva. Molte attese saranno concentrate su di lei. Concretamente, come intende lottare contro il degrado delle condizioni dei lavoratori a Ginevra? Che ruolo può svolgere il responsabile delle tasse in questa lotta?
Grazie ad una buona gestione della fiscalità credo sia possibile ridurre la disoccupazione e dare un impulso all’economia, due effetti che sarebbero a loro volta seguiti da un miglioramento dei salari. Ma perché questo sia possibile la gestione delle finanze deve andare oltre la “logica contabile” che conduce oggi l’operato dei responsabili delle Finanze. Soltanto così si può frenare il processo di degrado delle condizioni di vita del 40 percento della popolazione.
Cioè?
La fiscalità deve permettere di non penalizzare finanziariamente chi è capace di uscire dalla disoccupazione e rintegrare il mercato del lavoro. Mi spiego. Oggi i salari di certe professioni, quelle che non richiedono qualifiche, sono troppo bassi e in tal senso poco incitativi. Con l’intervento dello Stato e dell’economia, coniugato con quello del fisco, si può fare in modo che il ritorno all’impiego non corrisponda, per i disoccupati, a un ingresso nel mondo della precarietà, dal quale sarà difficile uscire senza opportuni interventi.
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