Il Ticino ha quasi sempre potuto fregiarsi del merito di offrire, nell’ambito della formazione in azienda, un posto di tirocinio praticamente a tutti coloro che lo desideravano. A volte era necessario, per alcune professioni molto “gettonate”, lo spostamento su percorsi formativi vicini e/o complementari o un anno nel pre-tirocinio ma, alla fine, un posto di apprendistato lo si trovava per tutti. Da qualche anno però sembra che le cose siano diventate più complesse. Un motivo credo possa ascriversi alle varie riforme della formazione professionale succedutesi negli ultimi anni, in particolare con l’introduzione generalizzata delle Ordinanze per le diverse professioni. Riforme che richiedono quasi sempre maggiori competenze professionali dentro le aziende, da parte dei maestri di tirocinio, e affidano contemporaneamente maggiori responsabilità nella formazione alle aziende stesse. Cambiamenti che comportano un rafforzamento della responsabilità sociale delle aziende nella formazione. Responsabilità assolutamente dovuta (dato che saranno poi le aziende stesse a beneficiare degli sforzi e dell’impegno profusi nella formazione) e più che mai necessaria per garantire una formazione professionale e quindi un personale al passo con le evoluzioni tecniche, produttive, dei materiali. Una responsabilità sociale che sembra però andare in una direzione se non opposta, certamente diversa rispetto all’evoluzione attuale del mercato e dell’impresa. Un’evoluzione basata, semplificando banalmente, sulla precarizzazione e quindi sull’indebolimento della responsabilità sociale dell’impresa stessa: un’evoluzione dunque inaccettabile da moltissimi punti di vista, ma con cui è necessario fare i conti visto che è in atto per garantire anche in futuro una formazione professionale forte e vincente (oltre che un partenariato sociale ancora degno di questo nome per i lavoratori in generale, anche se questo è tutt’altro discorso!!!). Per evitare allora che avvenga uno scollamento importante e crescente nella formazione professionale (con le conseguenze nefaste che da esso possono derivare per il mantenimento dell’efficacia del sistema di formazione duale in Svizzera), credo sia necessaria una seria riflessione sulle attuali strutture di supporto e accompagnamento offerte dallo Stato alle imprese e ai giovani. Lo Stato infatti, attraverso i suoi dipartimenti di competenza, dovrebbe essere pronto a offrire maggiori risorse umane e finanziarie per compiti di sostegno e sorveglianza alle ditte formatrici, compiti come quelli oggi garantiti dall’ispettorato di tirocinio e/o quelli riferiti all’accompagnamento nel collocamento dei giovani formati nelle aziende, che andrebbero dunque rivisti e potenziati. Stato che invece, per motivi finanziari certamente fondati ma anche altrettanto suicidali sul medio periodo, sembra invece intenzionato a congelare o addirittura a ridurre piuttosto che a potenziare in modo significativo le risorse disponibili in questi attività. Ora, se tutto quanto fin qui ricordato riguarda l’intero territorio produttivo elvetico, in Ticino (e in alcuni altri cantoni di confine) le cose sono ben più complesse e delicate. È infatti evidente che la necessità di impegnarsi, come imprese, per garantirsi comunque la formazione di personale qualificato e preparato per affrontare le sfide del mercato, tende a venir ulteriormente meno quando si ha a disposizione un bacino di manodopera qualificata o altamente qualificata di alcuni milioni di persone. Manodopera oltretutto decisamente più disponibile a una flessibilità a 360° e anche, in alcuni settori dove mancano contratti collettivi degni di questo nome, a ricevere salari inferiori al dovuto. In altre parole tutto questo si traduce in Ticino in un ulteriore rafforzamento della sensibilità e della responsabilità sociale richiesta alle aziende formatrici rispetto a quanto avviene nel resto del Paese. Un problema potenzialmente e numericamente molto importante dunque; un problema certamente più importante di quello posto dalle assunzioni degli apprendisti frontalieri adulti e in realtà già qualificati che, pur meritando tutta la nostra attenzione, riguarda in realtà un piccolissimo numero di persone e di aziende! Che cosa fare allora? Credo sia necessario agire in fretta e in modo efficace per capire il fenomeno nella sua interezza, dotarsi rapidamente degli strumenti necessari per garantire anche in futuro la qualità della nostra offerta formativa e, contemporaneamente, del tessuto produttivo nel nostro territorio. E sarebbe davvero un gran peccato, umano e di società, aspettare di contare un numero sempre crescente di giovani senza un contratto di tirocinio per decidere che sia il caso di intervenire con misure concrete!
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