Bilancio economico e bilancio sindacale. Lo scorso mercoledì mattina, in compagnia di Angelo Zanetti del sindacato della Comunicazione, abbiamo atteso e commentato la conferenza stampa di presentazione del bilancio 2009 de La Posta. Per la cronaca, l'utile netto ammonta a728 milioni di franchi.

Zanetti conosce bene l'evoluzione (o involuzione secondo alcuni), del gigante giallo. Da quasi una decina d'anni è segretario regionale del sindacato della Comunicazione in Ticino. L'annuncio dell'ennesimo utile de La Posta, 728 milioni di franchi nel 2009, non lo sorprende.
Dal 1998 (anno in cui la Posta diventa azienda autonoma dopo lo scorporo di Swisscom), La Posta ha conseguito complessivamente 6 miliardi e 117 milioni di franchi di utile netto.
Sul fronte occupazionale, complessivamente sono spariti 12 mila posti di lavoro nell'organico della casa madre Posta, mentre ve ne sono mille in più nel gruppo Posta. Una tendenza confermata anche nel 2009, con oltre 2mila posti di lavoro in meno alla casa madre e 625 in più nel gruppo. «La spiegazione di questa tendenza è semplice – dice Zanetti – Nel gruppo Posta sono incluse tutte quelle vecchie e nuove società anonime che non sottostanno al Contratto collettivo di lavoro in vigore alla casa madre. Lo stesso datore di lavoro, La Posta, crea impieghi dove ci sono le condizioni contrattuali peggiori, mentre ne sopprime in proporzione maggiore dove vige il contratto collettivo di lavoro migliore». E la proporzione non è proprio incoraggiante. In undici anni, per 12 posti di lavoro soppressi alla casa madre, ne è stato creato uno a condizioni peggiori nel gruppo. «Così facendo la Posta parcellizza il lavoro, lo precarizza e ne sminuisce la soddisfazione nel svolgerlo. Se ieri si richiedeva ai postini conoscenze professionali importanti, oggi gli si chiede di fare un lavoro di manovalanza, privo di soddisfazione».

La meccanizzazione

E ora arriva "Distrinova", il nuovo progetto di meccanizzazione della distribuzione lettere che permetterebbe di risparmiare un 20 per cento di tempo del postino perché la macchina gli preparerebbe già le lettere in base al giro di consegna.
Una meccanizzazione che potrebbe portare ad una soppressione di 3400 posti di lavoro tra gli attuali 20mila postini. «La meccanizzazione in sé non è un male. Il miglioramento della tecnologia non si può arrestare. La domanda però è cosa fare con questo tempo di lavoro risparmiato. Davvero l'unica soluzione è il taglio dei posti di lavoro? Si potrebbe ridurre il tempo di lavoro mantenendo la stessa paga. Così facendo si migliorerebbero le condizioni di vita e di lavoro del personale. Avere il coraggio di entrare in materia su questo tema sarebbe il compito di un datore di lavoro socialmente responsabile, come la Posta ama definirsi. Tagliare posti con l'unico scopo di conseguire profitti come fatto finora non lo è certamente».
Zanetti fa anche autocritica sul comportamento tenuto dal sindacato quando si sono poste le problematiche dell'innovazione tecnologica: «Col progetto Rema (riduzione da 18 centri di distribuzione lettere a 3 grazie all'introduzione di macchine tecnologiche, ndr), la risposta sindacale è stata di non riflettere sui reali bisogni della tecnologia, concentrando la lotta sul reparto direttamente colpito non per salvare posti ma per ottenere un piano sociale dignitoso per i licenziati. Un errore. "Rema" è stata una vera rivoluzione dell'intero processo di lavoro alla Posta. La sua introduzione ha trasformato non solo i centri lettere, ma tutta la filiera da quando la lettera viene imbucata alla sua consegna. Avremmo quindi dovuto coinvolgere tutti i settori. Altro errore - prosegue Zanetti - se di fronte ad ogni miglioramento tecnologico, l'azienda taglia posti e la risposta sindacale si limita ai piani sociali, allora non avremo alternative che farne fino all'infinito. Dobbiamo invece elaborare delle proposte che mirino a salvare e migliorare i posti di lavoro, non accompagnare la soppressione con piani sociali. Per questo è nato all'interno del sindacato della Comunicazione un gruppo di lavoro incaricato di elaborare delle proposte proprio in risposta a "Distrinova". Oltre alla possibile riduzione dell'orario di lavoro a paga uguale, si potrebbe pensare d'investire nella formazione tecnica del personale per  ampliare i servizi offerti all'utenza».

Uffici postali

Il sindacato ha un altro fronte aperto: la chiusura degli uffici postali.
«La Posta va ripetendo che accetta le decisioni della popolazione locale. Se fosse veramente così, in nessun paese si sarebbe chiuso un ufficio postale. Non ci sono mai state mobilitazioni di cittadini per chiedere la soppressione dell'ufficio postale o la diminuzione dei servizi offerti. Anzi, è piuttosto vero il contrario. Eppure La Posta procede con il suo piano di chiusure. Quando afferma di non chiudere ma di migliorare l'attività prolungando gli orari di apertura con l'attività postale nel negozio di paese, dimentica di dire che molti servizi non saranno più possibili, quali i pagamenti in contanti. Aggiungo che in un periodo dove si vanta la difesa del segreto bancario, gli affari postali si sbrigano al bancone dei salumi, con buona pace del rispetto della privacy».
Anche oggi alla conferenza stampa, il nuovo presidente del Cda de La Posta, Peter Hasler ha confermato che l'azienda andrà avanti con il piano di chiusure degli uffici postali, trasformati in qualcosa d'altro.
Anche qui esistono delle alternative alle chiusure. La Posta le giustifica con il calo del volume delle lettere e di altri servizi tradizionali. Ma è proprio questo il punto. La Posta dovrebbe modernizzarsi, offrendo dei servizi che vanno incontro ai bisogni delle persone. Penso ad un servizio di posta mail per persone che non sanno usare internet, all'aiuto nella compilazione della dichiarazione d'imposta, ai servizi di Postfinance, ecc. Ci sono molte possibilità per incrementare i servizi offerti. Naturalmente occorre investire nella formazione del personale e nel potenziamento tecnologico (vedi fibbra ottica). Possibile che a Breno tutta la popolazione sia collegata ad internet mentre l'ufficio postale no?

Iniziativa e Postfinance

La risposta sindacale sembra ora concentrarsi sull'iniziativa popolare « Per una Posta forte »
L'iniziativa postale vuole essere una risposta complessiva ma semplice ai vari problemi de La Posta di oggi. Essa chiede il mantenimento della rete di uffici postali e impedire la banalizzazione del lavoro con l'attività svolta nei negozi di paese. Il finanziamento dei costi del servizio universale sarebbero coperti dalla normale attività postale e da Postfinance.
Postfinance è diventata un'attività molto redditizia per La Posta. Da tempo chiede ai politici la licenza bancaria per poter agire come un'altra banca. Le altre banche rispondono che non può farlo finché rimane parte del gruppo Posta.
Ovviamente alle banche non piacerebbe l'arrivo di un nuovo concorrente a pieno titolo. Quando la Posta ha chiuso l'ufficio di Medeglia, la locale Raiffeisen ha scritto agli abitanti per informarli che erano volentieri a disposizione per i loro pagamenti. Ma c'è un altro pericolo nella richiesta. Se Postfinance dovesse essere separata dal gruppo, il rischio è di diventare un boccone interessante da privatizzare. Già con lo scorporo delle telecomunicazioni (Swisscom) si è privatizzato il settore più redditizio delle vecchie Ptt. Ora c'è chi vorrebbe fare lo stesso con Postfinance, mettendo in difficoltà la Posta nel sostenere i costi del servizio universale. È proprio ciò che l'iniziativa postale vuole scongiurare.

Pubblicato il 

02.04.10

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