Politica dei visti, regole segrete

"L'istanza non può essere considerata sufficientemente assicurata tenuto conto della situazione socioeconomica che prevale [nel Paese del richiedente che ha chiesto il visto d'entrata per la Svizzera, ndr]. In effetti, viste le disparità economiche tra [il suo Paese, ndr] e la Svizzera, non si può escludere che, una volta giunta nel nostro Paese, [il richiedente, ndr] non tenti di rimanervi durevolmente, con la speranza di trovarvi una sistemazione migliore di quella che conosce nel suo Paese d'origine. Il fatto che [il richiedente, ndr] sia già venuto in Svizzera in passato non è decisivo in quanto ora ha portato a termine gli studi e si trova disoccupato in Patria. Siffatte considerazioni potrebbero costituire un ulteriore motivo di voler prolungare il soggiorno in Svizzera".
Questa la risposta a una richiesta di visto turistico data dall'Ufficio federale della migrazione (Ufm) di Christoph Blocher a un giovane straniero intenzionato a trascorrere un breve periodo presso dei parenti residenti in Svizzera, che fungevano da garanti. Un giovane privato di visto perché "colpevole", secondo l'Ufm, di essere neolaureato, di non essere ancora inserito nel mondo del lavoro e, soprattutto, di provenire da un paese socioeconomicamente "inferiore" alla Svizzera.
Questo è solo un esempio, ma purtroppo non è il solo. Anzi. "Spesso, i servizi consolari elvetici situati in Paesi non occidentali si fondano su criteri poco chiari per decidere se concedere o meno il visto di soggiorno turistico o di visita. Spesso vengono applicate "istruzioni" dell'Ufm solo in parte accessibili al pubblico (sul sito dell'Ufm le direttive sono protette da una parola chiave) invece di applicare la legge sulla dimora e il domicilio degli stranieri (Ldds) e la relativa Ordinanza sull'entrata e la notificazione degli stranieri (Oens)", afferma la consigliera nazionale Marina Carobbio in un'interrogazione inoltrata la scorsa settimana – cofirmata da ben 25 colleghi, non solo socialisti – per fare luce sulla politica del rilascio dei visti turistici nel nostro paese. Corrisponde al vero che nelle istruzioni interne dell'Ufm si raccomanda ai servizi consolari di rifiutare il visto d'entrata alle persone senza attività lucrativa che provengono da paesi "fuori Ue" dove lo standard socioeconomico è inferiore a quello svizzero? Il Consiglio federale intende fare chiarezza sulle procedure in questo ambito? Queste procedure sono proporzionali alle disposizioni legali in vigore? Chiede Marina Carobbio.
Ma oltre al danno, la beffa: infatti, oltre a vedersi rifiutare d'ufficio il visto, i richiedenti pagano una cifra che mai verrà loro restituita. "Siccome i richiedenti non sono informati delle "istruzioni" interne dell'Ufm, essi presentano la domanda per un visto, pagando una tassa importante (50 franchi circa) che non verrà rimborsata in caso di decisione negativa. E questo ignorando che la domanda verrà rifiutata d'ufficio (secondo le "segretissime istruzioni") dai servizi consolari" afferma Marina Carobbio.
A quanto ammonta l'importo incassato dalla Confederazione respingendo le domande di visto? Chiede dunque Marina Carobbio nella sua interrogazione preoccupata anche del danno all'immagine che il nostro Paese subisce all'estero a seguito di queste procedure "poco trasparenti".

Pubblicato il

12.10.2007 01:00
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