Piccoli prezzi molto costosi

Contratti al 50 per cento quando in realtà gli impiegati lavorano al 100 per cento o anche di più; orari di lavoro modificati giorno per giorno; pressioni sul rendimento: tante ragioni che hanno spinto il sindacato Unia ad organizzare, le scorso 25 settembre, un'operazione di volantinaggio davanti all'ingresso principale di Aldi a Bussigny. E Aldi Bussigny non è purtroppo il solo caso sotto accusa: il 7 ottobre, Unia ha infatti svolto altre azioni di volantinaggio in altre sedi Aldi Svizzera per evitare che il sistema dei falsi contratti al 50 per cento possa svilupparsi ulteriormente.

25 settembre, ore 7.45: alcuni rappresentanti del sindacato Unia Vaud, avvicinano i venditori e i clienti di Aldi a Bussigny. Volantini alla mano, i sindacalisti denunciano la politica del personale praticata dall'hard discount tedesco.  In cima alla lista delle denuncie, i "falsi veri" contratti di lavoro a tempo parziale cui sono sottoposti decine di collaboratori dell'insegna.  «Tranne il gerente, tutti gli altri impiegati hanno un contratto – sulla carta – al 50 per cento ma in realtà il loro tasso di occupazione reale è di almeno il 100 per cento», denuncia Jean-Paul Rossier, responsabile del settore terziario per Unia Vaud. «Il rischio dell'azienda è così messo sulle spalle dei lavoratori che devono essere flessibili e disponibili».
1400 articoli all'ora

Al limite della legalità questa situazione ha delle pesanti conseguenze sulla vita sociale, famigliare e professionale. «Esercitare un'altra attività in queste condizioni è impossibile». Il motivo è anche legato alla pianificazione delle ore: teoricamente è settimanale ma in realtà è costantemente oggetto di cambiamenti. «I piani di lavoro sono modificati in continuazione e gli impiegati devono adattarsi di conseguenza». Capita addirittura che le modifiche vengano fatte di ora in ora. «Succede anche che il lavoro inizia alle 5.30 e che alle 8.30 alcuni impiegati si vedano spostare la pausa pranzo. Una pausa già prevista e fissata in anticipo».
Forte pressione

La pressione esercitata sul personale è un altro problema rilevato da Jean-Paul Rossier. «Il rendimento dei collaboratori è calcolato in funzione del numero di articoli passati allo scanner in un'ora. L'obiettivo è fissato à 1'400 articoli all'ora. Chi non raggiunge il numero rischia il licenziamento». Unia rileva anche la presenza di finti clienti incaricati di sorvegliare il personale; inoltre s'interroga sulle cosiddette "giornate scoperta" organizzate dall'azienda. Giornate destinate alle persone che intendono postulare presso Aldi; l'azienda le sottopone a un test pratico: durante un giorno intero i candidati sono invitati a lavorare nel supermercato. Gratuitamente. Come non rimanere perplessi di fronte a questi stage se si pensa che possono anche riunire fino a dieci persone – non remunerate – ogni giorno?

"Ho vissuto otto mesi in un tunnel"

«Era terribile. Questo lavoro mi ha distrutto». Beneficiando di un diploma per il settore del commercio al dettaglio, Jean*, da gennaio fino a giugno scorso ha lavorato presso Aldi, formandosi inizialmente in diverse succursali dell'insegna. Lo scorso giugno è stato nominato gerente presso la filiale di Bussigny. Un'esperienza professionale che oggi gli ispira unicamente amarezza e ribellione. E che non sarà senza conseguenze sulla sua vita sociale e sulla sua salute.
E a giusta ragione. L'impiego di Bussigny era stressante: il compito si era subito rivelato gigantesco e il personale a disposizione insufficiente. Secondo contratto, il gerente avrebbe dovuto effettuare 46 ore a settimana: in realtà raggiunge il più delle volte le 60 o 80 ore. «Spesso cominciavo il mio lavoro verso le 5.30 o le 6.30 e terminavo la mia giornata verso le 22 o anche più tardi». Siccome la situazione era illegale – la legge prevede un minimo di ore di riposo fisse (11 ore) – a Jean non è stato permesso inserire le sue ore supplementari nel computer. «Questo era uno degli ordini impartiti da Aldi», afferma l'uomo di 34 anni che ha comunque segnato nella sua agenda le ore supplementari eseguite. «Ho dunque chiesto al mio capo un conteggio del mio lavoro effettivo. E gli ho ricordato che queste ore, superiori al 50 per cento, dovevano essere maggiorate del 25 per cento». L'impiegato ha anche chiesto alla direzione di assumere del personale: il negozio funzionava infatti a pieno regime e la manodopera lavorava già al massimo delle sue potenzialità. «Capitava che alcune impiegate si mettessero a piangere. Purtroppo per svolgere tutti i compiti previsti – stare alla cassa, riempire gli scaffali, fare ordine, pulire...– dovevo chiedere al personale di lavorare ancora di più. Era terribile, ingiusto ma non avevo altra scelta», confessa Jean.
Il datore di lavoro si è rifiutato di cambiare il metodo e ha risposto alle rivendicazioni di Jean licenziandolo.  Lo scorso agosto Jean ha infatti lasciato Aldi. Nel frattempo ha perso la sua compagna – «è normale, quando si è assenti da casa 18 ore al giorno…» –, 12 chili e parecchi amici. «Non avevo più alcuna vita sociale. Ho trascorso 8 mesi in un tunnel», afferma infranto, il disoccupato che oggi tenta di recuperare la cifra che gli spetta per le ore supplementari compiute. «Sono 273 le ore: Aldi mi deve tra i 7 e i 9 mila franchi. Ma non so se le ore annotate nella mia agenda saranno prove sufficienti. In ogni caso, ho perso ben più che i soldi in questa faccenda», sospira Jean che, disgustato dal settore vendita, oggi esita se cercare ancora lavoro in questo settore.                                         

*nome di fantasia

Pubblicato il

17.10.2008 01:00
Sonya Mermoud