I reati economici aumentano, le inchieste specialistiche diminuiscono per carenza di personale. «Siamo in stato d’urgenza» dichiara il Procuratore generale ticinese John Noseda. Reati economici molte volte connessi al mondo del lavoro, con sfruttamento della manodopera, mancati pagamenti di oneri sociali e fallimenti pilotati. Un agire criminale che infetta l’intero tessuto sociale e la cui lotta dovrebbe essere una priorità in Ticino.
Nel Cantone, lo scorso anno i reati di truffa sono cresciuti del 158% rispetto alla media 2009-2015. Del 209% la falsità in documenti e del 216% l’appropriazione indebita. Lo dice la statistica di polizia. Solo per i reati economici e finanziari, il Ministero pubblico ha aperto 600 incarti in più dell’anno precedente, passando da 1.176 a 1.771. Eppure nel medesimo anno, la speciale sezione della polizia Reati economici e finanziari (Ref), ha aperto l’11% d’inchieste in meno rispetto all’anno prima (173). Una diminuzione dovuta alla penuria di personale. Una carenza che ha prodotto due anni di ritardo d’incarti. Un accumulo che impedisce all’unità di polizia di riceverne dei nuovi, o almeno, in maniera incontrollata. Si fa dunque una selezione, affidando alcune inchieste a poliziotti non specializzati mentre quelle più complesse vanno ancora alla Ref. Altre invece andranno a infoltire la pila dei ritardi. «Di fronte ai crimini economici, il Ticino vive una situazione d’urgenza» ha dichiarato il Procuratore generale John Noseda al quotidiano Le Temps. «La coperta è troppo corta – ha denunciato il Procuratore generale alla Rsi –. Non abbiamo il personale sufficiente per affrontare con la dovuta tempestività tutti i procedimenti penali finanziari». La giustizia ne esce così perdente. «Siamo costretti a effettuare delle scelte di priorità su quali crimini indagare che non corrisponde a una normale esigenza di giustizia» ha concluso Noseda. Sulla stessa linea Fiorenza Bergomi, la procuratrice pubblica con la migliore esperienza nei reati finanziari con i suoi 16 anni di servizio alle spalle. «È un dato oggettivo che siamo in costante pressione» afferma ad area la Procuratrice Bergomi «Non che prima andasse meglio, ma ora la situazione è particolarmente precaria». Secondo la Procuratrice al fronte nell’azione di contrasto ai crimini finanziari, lo stato d’emergenza non si risolve solamente con un potenziamento del Ministero pubblico. «Gli agenti in grado di occuparsi di inchieste particolarmente complesse come quelle finanziarie sono pochi. Al Ministero pubblico sarebbe certamente utile avere un paio di analisti in più, ma la vera necessità passa dal potenziamento della Ref». Sebbene la Ref sia stata recentemente potenziata con due analisti supplementari, la penuria la si evince dal confronto con il Canton Zurigo. La corrispettiva sezione della polizia cantonale zurighese della nostrana Ref, ha una media annuale di 150 inchieste sulle quali indagano una quarantina di poliziotti. La Ref ticinese per indagare su 180 incarti può contare su 21 poliziotti. Non stupiscono dunque i due anni d’incarti di ritardo in Ticino. In queste condizioni, immaginare di chiarire situazioni sospette è impensabile. «Dei mille fallimenti dello scorso anno, la metà potrebbe avere connotazioni penali» dice il commissario capo della Ref Fabio Tasso nell’intervista qui sotto. Mille fallimenti che sono costati alla collettività 200 milioni di franchi. Quattro volte il disavanzo cantonale del 2016. Sbaglia chi pensa che i reati economici riguardino solo le truffe d’alta finanza. «In primo luogo – scrive il Ministero pubblico nel suo rendiconto 2016 – sono emersi numerosi nuovi casi di sfruttamento della manodopera (nel campo dell’edilizia, della ristorazione e del lavoro interinale) accompagnato da evasione e frode fiscale e degli oneri sociali, nonché da abusi societari e attività fallimentari». Mondo del lavoro dunque. Attività criminali che colpiscono i lavoratori, i piccoli artigiani rimasti con le fatture non saldate e tutte quelle aziende oneste penalizzate da una concorrenza sleale fondata su prezzi bassi ottenuti illegalmente. Su questo fronte è operativa anche la Teseu, l’unità della polizia cantonale che si occupa di tratta umana. Seppur la sua attività sia ancora molto incentrata sulla prostituzione, «dall’anno in corso si è deciso di agire in modo coordinato anche contro il fenomeno dello sfruttamento della forza lavoro, per casi detti in gergo di “caporalato”» si legge nel suo rendiconto annuale. Ciò equivale a un’intensa collaborazione con il Ministero Pubblico, i sindacati, le varie commissioni paritetiche e autorità cantonali. Sull’ampiezza del fenomeno non vi sono dubbi. Da anni Unia Ticino dichiara pubblicamente che i suoi funzionari sono costretti a recarsi con una certa frequenza in Procura per segnalare dei casi sospetti di malaedilizia (e non solo). Il risultato tangibile sono state una quindicina di inchieste di polizia giudiziaria per reati quali l’usura, l’estorsione, la truffa, la falsità in documenti, l’infrazione alla Legge disoccupazione e alla Legge sugli stranieri. Il bilancio annuale della Teseu indica 14 autori denunciati a piede libero, e cinque persone arrestate. Da rimarcare – scrive la polizia – che il numero delle vittime di sfruttamento della forza lavoro è quantificabile in diverse decine di persone per ogni inchiesta.
|