Bellinzona- “Salari giusti e servizio pubblico. Nessuna frontiera per i diritti”. È lo slogan stampato a lettere cubitali sullo striscione che apriva il corteo sindacale che oggi è sfilato per le vie di Bellinzona, dove oltre 2000 persone si sono riunite per celebrare la Festa dei lavoratori del Primo maggio. Lavoratrici e lavoratori di ogni età, studenti, apprendisti, pensionati, militanti politici e sindacali, che hanno portato in piazza le loro preoccupazioni e le loro rivendicazioni. Preoccupazioni e rivendicazioni che accomunano tutte le persone che oggi hanno sentito il bisogno e il dovere di esserci, tutte confrontate con gli stessi problemi di “sfruttamento, precarietà, salari insufficienti”, ha sottolineato nel suo intervento dal palco di Piazza Governo Sabrina Sozzi, lavoratrice frontaliera e militante di Unia, lanciando un appello all’unità delle lavoratrici e dei lavoratori. Anche in risposta a una politica che, in Italia come in Svizzera, “non fa nulla per migliorarci la vita” e che sa solo “puntare il dito contro ‘l’altro’ e alzare muri perché ‘l’altro’ non ci invada”, ha denunciato. Lo ha fatto dal suo osservatorio di “migrante fortunata”, che si sposta “in treno e non con dei barconi” per venire in Svizzera a lavorare e che in Italia riesce a “vivere decentemente”, ma questo “solo perché a casa mia ci sono 2,2 milioni di persone che vivono in povertà assoluta”, ha ricordato. Sabrina Sozzi ha quindi lanciato un appello ai presenti: “Quando penserete di essere soli a combattere contro questo mondo del lavoro, ricordatevi che insieme siamo più forti e che insieme i muri non solo si scavalcano, si abbattono!”. Polonia, Ungheria e Ticino Un’unità più che mai necessaria in un contesto come quello del mercato del lavoro ticinese, dove i salari sono mediamente del 20 per cento inferiori a quelli del resto della Svizzera: “Fino a qualche anno fa le aziende delocalizzavano nei paesi dell’Est Europa come la Polonia o l’Ungheria. Oggi si delocalizza in Ticino perché il costo del lavoro è 20% più basso che il resto della Svizzera”, ha ricordato il segretario regionale di Unia Ticino e Moesa Giangiorgio Gargantini, evocando il caso del trasferimento di Zalando dal cantone Soletta al Ticino. “E il costo del lavoro -ha proseguito- significa il vostro salario, il vostro potere d'acquisto. Quando per un ingegnere, per un architetto, per personale sanitario formato i salari sono di 4.000-4.200 franchi al mese, non dobbiamo stupirci delle fughe dal Ticino”. Di qui la centralità della tematica salariale, “oggi come ogni giorno, nelle lotte sindacali e sui luoghi di lavoro”. “Servono salari giusti, salari dignitosi per tutte e tutti”, ha insistito Gargantini, intervenuto durante la rumorosa e colorata manifestazione partita da Piazzale Stazione. Servizio pubblico sotto attacco Un luogo simbolo ideale per l’intervento che ha tenuto Thomas Giedemann, segretario sindacale SEV, che ha affrontato la questione che tocca pesantemente una delle filiali di FFS, cioè FFS Cargo. “FFS cargo che ha deciso di mettere in piedi l'ennesima riorganizzazione dal nome altisonante Genesis, un’ennesima operazione di smantellamento del servizio pubblico con cui si vuole tagliare entro il 2030 almeno un quinto del personale di tutti i settori, sia nel settore operativo (quindi macchinisti, manovratori, verificatori), ma anche personale attivo nella manutenzione di locomotive e carri merci e in quello amministrativo in tutte le regioni della Svizzera. Il che equivale ad almeno 440 posti di lavoro”, ha denunciato Giedemann, ribadendo la richiesta del SEV di “cestinare questo progetto”, frutto di “una politica aziendale miope e un imperdonabile e irrecuperabile errore strategico che metterebbe in rischio la futura esistenza dell'azienda FFS Cargo”, ha messo in guardia il sindacalista. Per il sindacato dei servizi pubblici VPOD è invece intervenuta la presidente Michela Pedersini, chiedendo in particolare “rispetto e investimenti adeguati” nel campo delle cure sociosanitarie e delle prestazioni socioeducative, una questione che sarà al centro della votazione cantonale del 15 giugno prossimo sull’iniziativa popolare lanciata dalla stessa VPOD, che mira a stabilire condizioni lavorative minime valide per tutto il settore in modo da garantire più attrattività e una maggiore durata delle carriere professionali, così come a codificare i diritti dei pazienti. È un’opportunità per riconoscere “non solo il valore del lavoro di cura ed educativo” ma “anche per migliorare la qualità dei servizi offerti a tutta la popolazione”, ha sottolineato la sindacalista. “Un settore sociosanitario e socioeducativo solido e ben funzionante è essenziale per garantire la coesione sociale e per rispondere alle esigenze di una popolazione che invecchia e che richiede servizi sempre più complessi. È un pilastro indispensabile per garantire il benessere e la dignità di tutti”, le ha fatto eco Flavia Koral, curante e militante sindacale VPOD, stigmatizzando “l’attacco” in atto contro il servizio pubblico, “pilastro di una società equa e solidale”. RSI e diritto all’informazione a rischio “Il servizio pubblico non è un lusso, è un diritto”, ha affermato dal canto suo Sabrina Ehrismann, presidente del Sindacato svizzero dei media (SSM) della Svizzera italiana, intervenendo contro “l’ingannevole” iniziativa popolare ‘200 franchi bastano’, che chiede di ridurre il canone radiotelevisivo dagli attuali 335 franchi a 200 franchi ed esentare completamente le imprese dal pagamento: “Un attacco diretto al servizio pubblico radiotelevisivo, che ha un obiettivo preciso: indebolire la SSR e, con essa, la nostra democrazia”, ha sintetizzato la sindacalista. “Per la Svizzera italiana, le conseguenze sarebbero drammatiche. Se l’iniziativa dovesse passare, la RSI come la conosciamo oggi non esisterà più. La produzione nella Svizzera italiana verrebbe spazzata via, rimarrebbe al massimo un piccolo ufficio regionale. Verrebbero cancellati centinaia di posti di lavoro qualificati, decine di professioni culturali e tecniche. Un intero ecosistema locale verrebbe impoverito. Ma il problema va oltre la Svizzera italiana. Il pluralismo dell’informazione in tutto il Paese è sotto attacco”, ha affermato Sabrina Ehrismann invitando a bocciare l’iniziativa. Di diritto all’informazione ha parlato anche il presidente nazionale di syndicom Matteo Antonini, in particolare per sottolineare quanto sia “essenziale” garantire “protezione e sostegno ai media indipendenti e a quelli del servizio pubblico e quindi “garantire che le informazioni diffuse siano accurate e verificate, contribuendo a contrastare la disinformazione e a promuovere una società informata e critica”. Infine, ma non da ultimo, in piazza è arrivata anche la voce preoccupata dei giovani, che sono ancora alla porta o all’inizio della vita professionale ma che già vedono e vivono i problemi di quel mondo lì. È toccato a Ismael Camozzi, studente e coordinatore del Sindacato indipendente studenti e apprendisti (SISA), avanzare “due richieste chiare: basta precarietà economica per gli studenti e stop al precariato formativo per apprendiste e apprendisti, che vengono utilizzati come manodopera tappabuchi, a basso costo, facilmente sfruttabile per coprire la carenza di personale formato”. |