«Un Piano finanziario squilibrato: sembra che la destra si sia alzata dal tavolo delle trattative». Quando brindava al varo del preventivo 2005 – avvenuto martedì sera in Gran consiglio grazie all’accordo Plrt-Ppd-Ps che lo aveva blindato già in sede di esame commissionale – Patrizia Pesenti aveva già dato il suo contributo a ciò che potrebbe anche essere il preludio al canto del cigno della concertazione post-16 maggio. La direttrice del Dipartimento sanità e socialità non ha firmato l’aggiornamento del Piano finanziario di legislatura. Qui sotto spiega le ragioni del suo “no”. Un “no” che è un segnale forte, come lo è del resto quello lanciato nelle scorse settimane (cfr. area, n. 49, 3 dicembre 2004) e ribadito martedì in parlamento dal presidente del governo Gabriele Gendotti: la scuola ha già dato, ora basta tagli. E mentre l’Udc annuncia il lancio di un referendum e un’iniziativa fiscali, all’orizzonte si profila la revisione dei compiti dello Stato. Il governo ci metterà mano a gennaio. Patrizia Pesenti, ritiene che la situazione delle casse dello Stato non sia così grave come dice la maggioranza di governo, o vi sono altre ragioni? La situazione finanziaria deve essere risanata e occorre farlo nei prossimi anni. Nella preparazione del preventivo 2005 abbiamo giustamente lavorato sui due fronti: contenendo la crescita della spesa e riequilibrando anche le entrate. In effetti è evidente che le casse del cantone non si sono svuotate solo per effetto della spesa che è cresciuta, ma anche a causa di una mitragliata di sgravi fiscali, soprattutto a favore dei ricchi. I tagli fiscali sono passati anche perché il Governo ne ha assicurato la sopportabilità finanziaria. Si è lasciato intendere che vi erano troppi soldi, da “restituire” ai cittadini. In realtà oggi sappiamo che non è così, i soldi non c’erano. Per dirla in altre parole, i regali fiscali ai più ricchi sono stati pagati con la carta di credito dei cittadini normali a cui ora vengono tagliati servizi e prestazioni. Molti a sinistra nel preventivo 2005 intravedono una “svolta”. Alla luce del Piano finanziario (Pf) è ancora possibile considerarlo come tale? Il preventivo 2005 ha il pregio di riconoscere che il problema del dissesto finanziario, in cui è stato manovrato il cantone Ticino, può essere risolto solo in modo equilibrato, frenando la crescita della spesa, dove si può, ma anche facendo marcia indietro almeno per una parte dei regali fiscali. Questa è la manovra a cui ho aderito, facendo la mia parte nei settori di competenza del Dss. Ma il Pf ripropone esattamente l’ottica dell’autunno 2003: ingenti tagli alla spesa pubblica senza uno sforzo serio sulle entrate. Si chiedono sacrifici solo ai cittadini che usufruiscono dei servizi e delle prestazioni dello Stato, come nello scorso autunno. Non sono d’accordo. È credibile l’intenzione di rivedere i compiti dello Stato, impresa che presume una rimessa in discussione di numerosi feudi di partito all’interno dei vari dipartimenti? Prima di tutto non bisogna parlare dei compiti dello Stato, astrattamente, ma dei compiti del Cantone. In uno Stato federale come il nostro i cantoni non sono così autonomi nel determinare i loro compiti. Gran parte della spesa cantonale deriva da leggi federali (in materia di previdenza sociale, assicurazione vecchiaia, invalidità e disoccupazione) che garantiscono a tutti i cittadini svizzeri certe prestazioni e certi servizi. Nella sanità il Cantone è tenuto ad aiutare i meno abbienti a pagare l’assicurazione malattia e anche garantire un buon livello di cure ospedaliere a tutti. L’istruzione è un diritto fondamentale per ogni bambino, e quindi la spesa del cantone dipende più dal numero di allievi che da scelte autonome del Cantone. Lo stesso vale in altri settori, come la giustizia e l’ordine pubblico, l’ambiente o la mobilità. Un Cantone però può svolgere più o meno bene i suoi compiti. Certo. Può utilizzare al meglio le risorse a disposizione, ma non può decidere la “revisione”, nel senso di eliminazione, di servizi e prestazioni assicurati a tutti gli Svizzeri. Per fortuna. Tra l’altro il Ticino non è certo tra i cantoni che sperperano le proprie risorse. Volendo riassumere una tendenza in atto negli ultimi anni si vede come, in un confronto con gli altri cantoni, chiediamo meno risorse ai contribuenti e spendiamo però anche meno a favore dei cittadini. Questo “meno Stato”, perché di fatto di questo si tratta, non ha certo migliorato la nostra situazione. Il vero problema è che non c’è abbastanza ripresa economica. Tutti gli sgravi fiscali fatti per “rilanciare l’economia” hanno riportato la povertà: il reddito cantonale per abitante in Ticino è tra i più bassi in Svizzera. Mentre la quota di chi, pur lavorando non arriva al minimo vitale, è la più alta. Le casse del cantone sono state svuotate e i ticinesi non sono certo più ricchi. Quali sono a suo avviso i compiti a cui lo Stato può rinunciare nell’ottica di un contenimento della spesa? Con il preventivo 2005 abbiamo analizzato le uscite nel dettaglio, francamente non credo vi siano molti altri spazi di razionalizzazione della spesa. Certo il Governo può decidere di tagliare prestazioni e servizi, ma non sarà nell’interesse della popolazione. Soprattutto in un momento economicamente difficile, lo Stato non può abbandonare i suoi cittadini. Da un confronto intercantonale risulta che le casse dello Stato sono state svuotate soprattutto per gli sgravi fiscali concessi alle persone fisiche. È possibile un correttivo in questo ambito? Molti degli sgravi fiscali degli ultimi anni sono stati dei regali ai più ricchi. In questo senso vi è un margine di manovra per riequilibrare l’equità del sistema fiscale. Per esempio la selva di deduzioni introdotte non sono mirate ad aiutare il ceto medio, ma avvantaggiano chiaramente i più ricchi. Detto in altre parole, le deduzioni fiscali sono socialmente cieche ed è quindi importante che non sostituiscano gli aiuti sociali mirati. Un sistema fiscale più equo è possibile. Dopo un anno di concordanza in governo se ne prospetta uno di conflittualità paragonabile al 2003? Vedremo. Certo che con il Piano finanziario proposto, di nuovo così squilibrato, sembra che la destra si sia alzata dal tavolo delle trattative.

Pubblicato il 

17.12.04

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